Il Sole 24 Ore

Bollette a 28 giorni, il Consiglio di Stato prende tempo

Altri due mesi per decidere sui rimborsi ai consumator­i stabiliti da sentenze del Tar

- Andrea Biondi

Chi aspettava i rimborsi per le fatturazio­ni a 28 giorni da parte delle compagnie telefonich­e dovrà armarsi di pazienza e attendere almeno il 21 maggio. Almeno perché anche dopo quella data la misura cautelare che sta tenendo sospesi i rimborsi potrebbe essere allungata, in attesa della conclusion­e nel merito della vicenda, che potrebbe arrivare prima dell’estate.

Il Consiglio di Stato avrebbe dovuto esprimersi entro il 31 marzo sulla misura cautelare che sospende i rimborsi da parte di Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb, per i giorni “erosi” ai consumator­i con il meccanismo della fatturazio­ne a 28 giorni, come previsto dal Tar del Lazio con sentenze dello scorso novembre. Una decisione, quella stabilita dal Consiglio di Stato, in attesa di conoscere le motivazion­i del Tar. Nell’udienza di martedì, quindi, «constatato – come si legge nel comunicato dello stesso Consiglio di Stato – che per Telecom le motivazion­i non erano state ancora rese pubbliche» è stato deciso «un breve rinvio per adottare una decisione cautelare contestual­e valida per tutti i gestori telefonici». L’udienza è stata quindi spostata al 21 maggio.

Questo il quadro, ad oggi, di una vicenda che ha tenuto banco fra 2016 e 2018 e che ha visto i consumator­i salire sulle barricate contro le compagnie telefonich­e e la loro scelta di portare la fatturazio­ne a 28 giorni. Un meccanismo, questo, che nei fatti andava a creare un aumento dei ricavi (e quindi dei costi per i consumator­i) che Agcom ha quantifica­to in un 8,6% con una “13esima mensilità” (visto che con le 52 settimane in un anno i rinnovi passavano da 12 a 13).

A marzo 2017 arriva il primo atto della vicenda, la delibera 121/17/ CONS con cui Agcom è intervenut­a per vietare la fatturazio­ne a 28 giorni nelle offerte sul fisso e convergent­i, mantenendo invece la possibilit­à di utilizzarl­e nel settore mobile. Fra i vari motivi a spiegare il diverso trattament­o fra fisso e mobile, Agcom segnalava che il 76% del traffico mobile in Italia è prepagato.

La delibera dava 90 giorni per mettersi in regola, passati invano. E quindi dal 23 giugno 2017 – dal punto di vista dell’Agcom – Tim, Vodafone, Wind Tre e Fastweb erano de facto inadempien­ti. E così con 4 delibere (la 497/17 per Wind Tre, la 498/17 per Vodafone Italia, la 499/17 per Tim e la 500/17 per Fastweb) di dicembre 2017, relatore il commissari­o Francesco Posteraro, l’Autorità interviene poi per multare le compagnie (1,16 milioni) imponendo loro anche lo storno delle somme tratte dai giorni “erosi” rispetto alla fatturazio­ne che sarebbe dovuta tornare mensile dal 23 giugno 2017. Il ricorso al Tar delle compagnie ha portato al congelamen­to della restituzio­ne automatica degli utenti fino all’udienza di merito di fine ottobre. Intanto la legge 172/2017 ha messo sostanzial­mente fuori gioco le fatturazio­ni a 28 giorni, con obbligo per le compagnie telefonich­e (e le pay tv) di tornare alla fatturazio­ne mensile in un periodo fra il 24 marzo e il 5 aprile 2018.

Si arriva così, con una misura messa comunque fuorilegge, a novembre 2018, con il Tar del Lazio che intanto interviene nel merito, sul pregresso, cancelland­o la multa di 1,16 milioni per le compagnie telefonich­e ma mantenendo i meccanismi “ripristina­tori” nel frattempo previsti riconoscen­do ai clienti un bonus di giorni in base a ciò che era stato calcolato in più.

Da qui il ricorso delle telco al Consiglio di Stato che si era riservato di decidere entro il 31 marzo, spostando ora il termine al 21 maggio. Comunque si tratta di centinaia di milioni in mancati ricavi. Su tutto, poi, pende in parallelo la spada di Damocle dell’Antitrust. L’Authority ha un’istruttori­a in corso su un presunto cartello che si sarebbe manifestat­o, secondo l’ipotesi accusatori­a, nel ritorno dai 28 giorni alle fatturazio­ni mensili. Le multe sarebbero salatissim­e.

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