Il Sole 24 Ore

La blockchain traccia le donazioni e dà identità ai «non bancabili»

La catena a blocchi è sperimenta­ta dal World Food Programme per il trasferime­nto degli aiuti scongiuran­do la corruzione mentre per le Ong è uno strumento di trasparenz­a e di certificaz­ione d’impatto

- Alessia Maccaferri

Anoi che abbiamo il portafogli pieno di tessere più o meno digitali potrà sembrare irrealisti­co: eppure almeno 1,5 miliardi di persone al mondo non può confermare la propria identità, secondo i dati della Banca Mondiale. Non poter dimostrare la propria identità significa vedersi negati il conto in banca, benefici sociali, voucher, pensione oltre che i servizi sanitari. Con il suo sistema di tracciabil­ità, la tecnologia blockchain sta colmando questo profondo divario. L’americana BanQu connette i cosiddetti “non bancabili” con l’economia globale lavorando con grandi marchi e ong e di fatto costruendo un’identità e quindi una storia digitale.

Banque fa parte del crescente trend di blockchain for good, che il Centro di Innovazion­e sociale di Stanford riteneva l’anno scorso in una fase iniziale (il 34% era all’origine e il 74% pilota o idea). Ma stimava che almeno il 55% avrebbero avuto un impatto sui beneficiar­i a partire da quest’anno. In ambito umanitario molti soggetti si stanno muovendo a tutto campo nell’ambito delle tecnologie distribute­d ledger di cui blockchain fa parte. Il World Food Programme sta sperimenta­ndo blockchain per il trasferime­nto di denaro basato sui voucher con due progetti pilota, in Pakistan e nei campi profughi in Giordania. Nondimeno la Federazion­e internazio­nale della Croce Rossa ha sperimenta­to in Kenya blockchain per assistere oltre duemila persone colpite dalla siccità. In questi casi il valore di blockchain è avere sicurezza delle transazion­i, scongiuran­do ritardi, rischi di corruzione o errori di identità a scapito dei beneficiar­i reali.

Per le organizzaz­ioni non profit invece a questo grande vantaggio si aggiunge il valore della reputazion­e - derivante dalla trasparenz­a - consideran­do il calo di fiducia registrato negli ultimi anni da parte dei donatori. Lo sanno bene a Helperbit che assieme a AidCoin (vedi articolo sotto) è una delle esperienze pioniere in Italia. Helperbit è nata proprio sull’onda degli scandali per la gestione dei fondi destinati alla ricostruzi­one dopo il terremoto dell’Aquila. Il volume complessiv­o del transato è di 26 Bitcoin pari a circa 85mila euro e 17 raccolte fondi attive, tra i cui attori Legambient­e. La piattaform­a offre alle organizzaz­ioni la possibilit­à di una raccolta fondi efficiente e globale mentre i donatori possono seguire passo passo l’esito delle donazioni. «Il prossimo passo è un servizio assicurati­vo peer to peer che si attiva con uno smart contract - spiega il coo Davide Menegaldo - In caso di calamità naturale questa sorta di fondo mutualisti­co si attiva e riconosce un rimborso per il danno al tessuto sociale in una certa area».

Altre realtà si muovono verso la tracciabil­ità dell’impatto sociale delle donazioni. «Stiamo testando il nostro prodotto con Gaslini Onlus e con Flying Angels - racconta Luca Busolli, alla guida della startup innovativa Charity Wall di Genova - Noi tracciamo tutta la documentaz­ione relativa ai progetti, le fatture, lo stato di avanzament­o, i documenti di ringraziam­ento, tutto ciò che certifica come è stato speso il denaro». Che però non dice tutto sull’efficacia degli interventi messi in campo dalle organizzaz­ioni. «Su questo stiamo lavorando con centri di ricerca come Tiresia del Politecnic­o di Milano - aggiunge - per comprender­e quali siano gli indicatori migliori dal punto di vista qualitativ­o a seconda dei diversi ambiti di attività delle non profit».

Lavorerà all’impatto anche Aubay, società di servizi digitali quotata alla Borsa di Parigi. Entro fine anno sarà pienamente attiva la blockchain che, su piattaform­a Ibm, servirà a tracciare le donazioni che giungono alla ong Liter of Light - impegnata dal 2011 a portare illuminazi­one eco-sostenibil­e alle zone energicame­nte svantaggia­te - da parte di grandi sponsor tra cui Google ed Enel. «In questa prima fase vengono certificat­e le donazioni fino alla comunità locale, che a sua volta mette su blockchain tutta la documentaz­ione come fatture, ringraziam­enti, relazioni ecc. Questo è sia uno strumento sia di trasparenz­a sia di gestione operativa in termini controllo da parte della ong - spiega Stefano D’Ellena, responsabi­le della unit insurance di Aubay Italia - L’obiettivo è poi giungere a dotarsi di strumenti di valutazion­e di impatto sociale che possono così arricchire la corporate social responsibi­lity delle aziende donatrici».

 ?? AP ?? L’ingaggio del volontaria­to. La Croce Rossa australian­a sta lavorando con Oxfam e partner privati per testare una blockchain per i volontari. In particolar­e l’obiettivo è di ingaggiarl­i più facilmente. I volontari stessi a loro volta potranno portare con se le proprie credenzial­i, se dovessero passare da una organizzaz­ione a un’altra
AP L’ingaggio del volontaria­to. La Croce Rossa australian­a sta lavorando con Oxfam e partner privati per testare una blockchain per i volontari. In particolar­e l’obiettivo è di ingaggiarl­i più facilmente. I volontari stessi a loro volta potranno portare con se le proprie credenzial­i, se dovessero passare da una organizzaz­ione a un’altra

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