Il Sole 24 Ore

Dalle passerelle ai Giochi del 2020 La bellezza che nasce dagli scarti

L’esigenza di ridurre lo spreco di risorse naturali e creare meno rifiuti spinge al recupero delle materie prime utilizzate, ma solo il 9% viene riportato nel ciclo produttivo

- Chiara Beghelli

Da un involucro per cioccolati­ni a materiale per scarpe di lusso: era stato Salvatore Ferragamo a raccontare di quando, negli anni Quaranta, in cerca di materiali alternativ­i ai pellami più costosi, ebbe l’idea di usare la carta che sua madre aveva appena gettato per dar vita alle sue calzature. Se la necessità che aveva stimolato la creatività di Ferragamo era figlia delle durezze della seconda guerra mondiale, oggi invece una scarpa viene realizzata con materiali “alternativ­i” per la necessità di porre un freno al consumo di risorse naturali e al dilagare dei rifiuti.

Secondo il report «Circularit­y World Gap 2019» presentato due mesi fa al Forum di Davos, solo il 9% dei 92 miliardi di tonnellate di materie prime consumate nel mondo viene recuperato e reimmesso nel sistema, seguendo i principi dell’economia circolare. Il divario da recuperare è ancora enorme, grave l’urgenza di farlo. Tale necessità sta però alimentand­o una nuova creatività: quelle di aziende già ben avviate, oppure di start-up, che nel recupero di materiali di scarto vedono l’occasione per salvare il Pianeta e offrire insieme prodotti originali e innovativi.

Prendiamo la plastica: secondo i dati della Ellen MacArthur Foundation, ogni anno se ne riversano nell’ambiente 300 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui otto vanno negli Oceani. Dal materiale che finisce in mare l’azienda trentina Aquafil ha ricavato l’Econyl, una fibra di nylon rigenerato oggi usata per costumi da bagno, cinturini di orologi, tappeti (come quello che ha accolto le star a un party in occasione degli ultimi premi Oscar), abiti da passerella come quelli creati da Stella McCartney.

Ecoalf, in Spagna, recupera reti da pesca abbandonat­e nelle acque spagnole e thailandes­i e le trasforma in scarpe e abbigliame­nto, proprio come fa il marchio california­no Bureo (che ne ricava anche skateboard). Con la plastica raccolta in mare sono state prodotte anche carte di credito (American Express) e sneaker (Adidas). E di plastica riciclata sono fatte anche le giacche Patagonia e le borse Freitag, ricavate dai teloni in disuso dei tir. Anche il fast fashion, quello di marchi come H&M e Zara, negli ultimi anni ha proposto intere collezioni fatte di fibre plastiche da riciclo.

In nome dell’economia circolare, anche i rifiuti organici trovano nuova vita: già da quattro anni la cartiera Favini di Rossano Veneto (Vicenza) produce l’eco-box per lo Champagne Veuve Clicquot, trasforman­do in cartone i residui della lavorazion­e delle uve, mentre l’ingegnere Ludovica Cantarelli ricava dalle bucce scartate dal processo di vinificazi­one preziose etichette per bottiglie. Sempre da Favini si è riusciti a recuperare scarti di agrumi, kiwi, mais, nocciole, mandorle, olive, ciliegie, lavanda e caffè per farne Crush, una linea di carta ecososteni­bile.

La nuova sensibilit­à, sempre più diffusa, sul tema dei consumi consapevol­i sta modellando anche l’organizzaz­ione di eventi globali: le Olimpiadi di Tokyo del prossimo anno saranno in questo senso una sorta di laboratori­o, dove gli atleti vincitori saranno premiati con medaglie fatte di metalli ricavati da 47 tonnellate di rifiuti elettronic­i (tramite il programma The Medal Project, che sarà chiuso il prossimo 31 marzo); i team del Giappone, inoltre, indosseran­no divise fatte di fibre tessili ricavate da sportswear usato e raccolto da Asics, che conferisce al progetto, oltre a un valore ecologico, anche quello emotivo di far indossare agli atleti le esperienze sportive dei loro connaziona­li.

Quello della creatività applicata al riciclo è, insomma, un grande ate- lier, dove a prodotti e formule già entrati appieno nel sistema produttivo se ne affiancano altri la cui sperimenta­lità è quasi una provocazio­ne. È il caso di Red Mud Design, le stoviglie fatte di fanghi tossici provenient­i dall’estrazione dell’alluminio, create da un team di studenti del Royal College of Art di Londra, o della start up britannica Gumdrop, che è riuscita a ricavare nuova plastica dai chewing-gum. Ma, come notò lo stesso Salvatore Ferragamo, «non vi è limite alla bellezza né grado di saturazion­e per l’immaginazi­one creativa». Neppure per le cose belle fatte di rifiuti.

Pioniere negli anni Quaranta fu Ferragamo, che creava scarpe usando carta riciclata

Dettagli. Qui accanto: Ludovica Cantarelli è un’ingegnere che realizza packaging ed etichette da bucce d’uva. Più a destra: un tappeto in Econyl, realizzato da Aquafil per un party degli Oscar 2019 a Los Angeles

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 ??  ?? Sostenibil­i.Qui accanto, una creazione Stella McCartney PE 2019 in materiale Econyl. Più a sinistra, Freitag che realizza borse a partire da teloni di tir. L’azienda è stata apripista di riciclo creativo dal 1993
Sostenibil­i.Qui accanto, una creazione Stella McCartney PE 2019 in materiale Econyl. Più a sinistra, Freitag che realizza borse a partire da teloni di tir. L’azienda è stata apripista di riciclo creativo dal 1993
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