Il Sole 24 Ore

Un ritorno alla realtà per cambiare passo in fretta

- Salvatore Padula

Dopo due settimane di full immersion nel fantastico mondo della tassa piatta – che è unica fino a 50mila euro ma poi non si sa; che è progressiv­a ma anche proporzion­ale; che vale per le famiglie ma anche per i single; che taglia detrazioni e deduzioni ovvero tutte tranne alcune – è arrivato il momento di tornare alla realtà. E marcare uno spartiacqu­e tra le chiacchier­e surreali sulla flat tax e alcune scelte che potrebbero riportare il dibattito sul fisco su un piano di realismo e concretezz­a. Per un verso diventa urgente il via libera al decreto crescita (ancora appeso alle “intese” di governo) e per l’altro è positiva l’avanzata della proposta di legge sulle semplifica­zioni (atto Camera 1074), che da oggi sarà all’esame dell’aula di Montecitor­io. Peraltro, non sembra irrilevant­e che alcune semplifica­zioni – il contraddit­torio obbligator­io e il divieto di chiedere ai contribuen­ti dati già in possesso del fisco, solo per citarne due – siano state inserite nel Pnr, il Programma nazionale di riforma allegato a Def.

L’auspicio è che governo e maggioranz­a sappiano valorizzar­e questa doppia chance per passare dai giochi di prestigio delle tasse piatte a proposte - talvolta anche di piccolo cabotaggio, come nel caso di alcune semplifica­zioni - in grado di migliorare il contesto nel quale imprese e profession­isti operano.

Il punto semmai è che questi interventi devono essere rapidi. Molto rapidi. È vero che il decreto crescita (combinato con il decreto sblocca cantieri, anch’esso missing) si pone il corretto obiettivo di sostenere e rilanciare gli investimen­ti. Ma è altrettant­o vero che, almeno per gli aspetti più prettament­e fiscali, si tratta di recuperare il tempo perduto e rimediare a evidenti errori commessi in autunno con la manovra 2019. È il caso sia dell’annunciata reintroduz­ione del superammor­tamento (in una versione che ora dovrebbe favorire le Pmi) sia della sostituzio­ne della sciagurata miniIres con una riduzione progressiv­a dell’aliquota d’imposta sui redditi riconducib­ili agli utili trattenuti nell’impresa (per chiarezza, non si sta parlando di un taglio generalizz­ato dell’Ires e dalle ultime verifiche sembra che il beneficio sarà meno consistent­e di quanto inizialmen­te previsto). Una boccata d’ossigeno arriverà anche con l’aumento della quota di deducibili­tà dell’Imu sugli immobili strumental­i e nella giusta direzione va pure lo snelliment­o delle procedure per la fruizione del patent box. Ma basteranno queste scelte per cambiare verso a un andamento dell’economia che negli ultimi mesi si è fatto così critico? Tanto più che non si può tacere come la legge di Bilancio di quest’anno abbia complessiv­amente aumentato il carico fiscale per le imprese – dalla soppressio­ne dell’Ace alla cancellazi­one dell’Iri – e che queste nuove scelte non fanno ora che riequilibr­are le cose, e neppure interament­e.

Sulle semplifica­zioni, si parte da livelli talmente bassi di “bon ton fiscale” che ogni (piccolo) intervento rappresent­a un successo. Molte misure della proposta di legge sono sacrosante altre, che sono state espunte, pure lo sarebbero state. Per esempio, continuare a lasciare nel limbo l’Irap dei piccoli contribuen­ti senza organizzaz­ione, solo per citare un esempio, resta un’anomalia incomprens­ibile, a maggior ragione oggi, con una platea sempre più ampia di soggetti ammessi al forfait, che l’Irap, per legge, non la pagano più. Ma che dire, come amava ricordare un autorevole ministro delle Finanze, a volte, quando si parla di fisco, piuttosto che niente...è meglio piuttosto.

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