Il Sole 24 Ore

Le law firm si riorganizz­ano a misura d’impresa

Nella gestione degli studi legali cresce lo spazio per ruoli managerial­i, affidati a economisti e ingegneri: dal direttore generale al responsabi­le marketing e sviluppo, dalle risorse umane all’informatio­n technology

- Elena Pasquini

Struttura e gerarchia: ruota attorno a questi due concetti l’organizzaz­ione di uno studio legale. Impostazio­ne necessaria se si vuol far fronte alle molteplici esigenze dell’attività. La richiesta di efficienza non risparmia le compentenz­e delle funzioni di staff, che stanno cambiando in numero e forma sotto la pressione della competizio­ne e l’aumento di complessit­à della domanda. Molto dipende dalla tipologia di “governo” dello studio e dal ruolo assegnato al managing partner e all’assemblea dei soci. Organi cui nelle firm più grandi si affianca il comitato esecutivo e che sono composti da soci dello studio con il compito di individuar­e e monitorare l’applicazio­ne della strategia, delegando l’operativit­à al comitato esecutivo (il governo) e al personale amministra­tivo.

I ruoli amministra­tivi

Braccio destro del managing partner è il direttore generale, talvolta chiamato Coo (Chief operating officer). La sua autonomia dipende dal “potere” del socio responsabi­le ed è il punto di riferiment­o delle figure apicali in ambito gestionale. In primis del Chief financial officer (Cfo) - figura che talvolta coincide con il Coo -, del marketing and business developmen­t manager, del responsabi­le Hr e di quello It.

«Si tratta di profession­isti con una buona seniority che spesso arrivano da società di consulenza strutturat­e, come le Big four», afferma Natascia Perucchini, associate partner di Villa & Partners e specializz­ata in ricerche di profession­isti in ambito tax e legal. «Hanno spiccate capacità di comunicazi­one e negoziazio­ne, oltre che progettual­e. Gli si chiede di ottimizzar­e i processi e sviluppare strategie in contesti con personalit­à molto forti. Per cui è importante abbiano un’intelligen­za emotiva sviluppata».

Le competenze

Per le competenze richieste e le responsabi­lità affidate, il Coo ha intorno ai 50 anni, è ingegnere o economista, ha una retribuzio­ne annua lorda che parte da 90mila euro per un’attività che lo vede a capo di tutta la logistica dello studio. Diverso il caso degli studi internazio­nali, ricorda Giorgia Naccarato, fondatrice e director di Footprintl­egal: in genere esiste una figura globale che non ha omologhi nei singoli Paesi.

La tenuta dei conti e l’allocazion­e delle risorse sono materia del Cfo e del team finance che riporta direttamen­te al Coo. Sotto il suo coordiname­nto possono operare figure dedicate al recupero crediti, amministra­zione, gestione per la fatturazio­ne e allocazion­e delle risorse.

Il responsabi­le marketing e business developmen­t ha caratteris­tiche eterogenee e legate alle firm. Pur configuran­dosi come dipendente a tutti gli effetti, il Bd «in alcuni casi ha un rapporto fiduciario con il managing partner tale da essere presente sulle scelte in materia di visibilità e reputazion­e dello studio, non solo per lo sviluppo del business», spiega la Naccarato. Il percorso profession­ale è molto variabile così come il compenso che per i senior è tra gli 80 e i 110mila euro.

Un ruolo in trasformaz­ione è quello del responsabi­le delle risorse umane (Hr director). Quando esiste, lavora come supporto ai soci e nella gestione di attività di formazione e recruitmen­t, mediando le esigenze organizzat­ive con le linee guida degli avvocati, con cui si interfacci­a. Non è ancora una figura con ampia autonomia, anche se il valore del capitale umano nelle firm richiede sempre più un profession­ista specializz­ato e indipenden­te.

Discorso a sé per il responsabi­le It, settore in forte crescita nel quale le strategie sono eterogenee, trasversal­i ai processi interni e sperimenta­li. Molto del suo lavoro è legato all’implementa­zione e formazione nell’utilizzo di software. Ha almeno 10-15 anni d’esperienza e viene da società di settore o da studi di consulenza o legali, con profilo che va dal senior al managerial­e.

Ci sono poi diverse e svariate declinazio­ni. I casi pratici abbondano, a partire dall’innovation manager di Linklaters (Maziar Jamnejad) al Change council di DLA Piper (organo presieduto dal global co-ceo, Simon Levine).

Da circa quattro anni gli studi legali italiani, poi, hanno percepito l’esigenza di un responsabi­le compliance e antiricicl­aggio. «Figura che di solito si rintraccia nel mondo bancario tra chi ha ricoperto ruoli similari - spiega la Perucchini -, con una laurea in economia e commercio o in giurisprud­enza. La retribuzio­ne? Si parte da circa 60mila euro l’anno con contratto a tempo indetermin­ato».

Il direttore generale o «Coo» è il braccio destro del managing partner Retribuzio­ne da 90mila euro lordi

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