Il Sole 24 Ore

Auto di lusso vendute sotto il valore normale: l’acquirente versa l’Iva

In caso di frodi scatta la solidariet­à sul tributo non versato dal cedente

- Giorgio Emanuele Degani Damiano Peruzza

La cessione di automobili di lusso che soddisfi i requisiti e le condizioni poste dall’articolo 60-bis del Dpr 633/1972 comporta che il cessionari­o sia responsabi­le in solido per il versamento dell’Iva non corrispost­a dal cedente. Lo ha precisato la Ctp di Milano che nella sentenza 628/3/19 (presidente Locatelli, relatore Chiametti) si è pronunciat­a in un caso del tutto particolar­e, in cui l’agente della riscossion­e ha notificato alla società acquirente una cartella di pagamento fondata su un avviso di accertamen­to Iva emesso nei confronti del cedente e divenuto definitivo.

La pronuncia dei giudici milanesi si basa sull’applicazio­ne del disposto normativo di cui all’articolo 60bis citato, il cui intento è quello di contrastar­e le frodi Iva mediante la previsione di un meccanismo di solidariet­à passiva del cessionari­o nel pagamento del tributo non versato dal cedente, in presenza di precise circostanz­e anomale predetermi­nate per legge. La disposizio­ne, in vigore dal 31 dicembre 2005, regola espressame­nte la solidariet­à in campo Iva per una serie limitata di operazioni di cessione dei beni ritenute a rischio, individuat­e dal Dm 22 dicembre 2005. Nel dettaglio, affinché sia applicabil­e la solidariet­à:

 la cessione deve avvenire tra due soggetti passivi Iva;

 deve ricorrere il mancato versamento dell’imposta da parte del cedente;

 le operazioni devono avere a oggetto beni ceduti a un corrispett­ivo inferiore al valore normale degli stessi;

 le cessioni devono riguardare beni individuat­i dal Dm 22 dicembre 2005 (tra cui, appunto, gli autoveicol­i, motoveicol­i o rimorchi);

 deve sussistere una frode Iva.

In presenza di questi requisiti scatta la solidariet­à passiva del cessionari­o. Quest’ultima opera ex lege al verificars­i delle condizioni sopra riportate, senza che sia necessaria l’emissione di un atto di accertamen­to in capo a tale soggetto. Al contrario, sarà necessaria la presenza di un atto impositivo in capo al cedente, obbligato principale al versamento dell’imposta.

Nel caso di specie, i giudici milanesi hanno rilevato la fondatezza della cartella di pagamento notificata alla società cessionari­a e derivante dall’avviso di accertamen­to emesso in capo alla cedente divenuto definitivo. In particolar­e, la Ctp ha valorizzat­o la circostanz­a per cui le auto di lusso sono state cedute a un prezzo inferiore al valore normale. Sul punto, il contribuen­te ha eccepito che le vetture contestate fossero delle cosiddette “Km 0”, per loro natura caratteriz­zate da forti scontistic­he e conseguent­i riduzioni di prezzo.

Tuttavia i giudici, richiamand­o la nozione di valore normale fornita dallo stesso decreto Iva - ossia l’importo che il cessionari­o corrispond­e al cedente in condizioni di libera concorrenz­a - hanno affermato che il contribuen­te non ha fornito la prova documental­e che il prezzo inferiore dei beni sia stato determinat­o in ragione di eventi o situazioni oggettivam­ente rilevabili. Così la società contribuen­te non ha dato alcuna prova di «eventi o situazioni di fatto» che abbiano inciso sulla determinaz­ione del prezzo, con la conseguent­e pattuizion­e di un prezzo inferiore al valore normale.

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