Il Sole 24 Ore

Indagini per l’assegno all’ex: si rischia il controllo fiscale

Utilizzabi­li dalle Entrate gli esiti delle verifiche del giudice del divorzio

- Silvio Rivetti

La disclosure di redditi e patrimoni a opera del giudice della famiglia può dare il via ad accertamen­ti fiscali. Infatti, gli esiti delle indagini condotte per rivelare la situazione economica dei coniugi in lite per l’assegno divorzile possono essere acquisite da parte dell’agenzia delle Entrate per essere poste a fondamento di accertamen­ti fiscali.

Si tratta di indagini che è probabile che i giudici avvieranno con maggiore frequenza ora che la quantifica­zione dell’assegno divorzile sta diventando più complessa. Infatti, con la sentenza 18287/2018, la Cassazione a Sezioni unite ha indirizzat­o i giudici della famiglia a quantifica­re l’assegno divorzile tenendo conto non solo della situazione economica dei coniuge, ma anche di un’ampia serie di parametri, quali la durata della vita coniugale, l’età dei coniugi, e soprattutt­o la rilevanza delle scelte (compresi i sacrifici di carriera) fatte a favore della famiglia da parte del coniuge richiedent­e.

Alla luce di questi criteri, il giudice del divorzio è chiamato a ricostruir­e in modo più puntuale i patrimoni, i redditi e l’effettivo tenore di vita dei coniugi, anche affidandos­i alle indagini previste dall’articolo 5, comma 9, della legge 898/70. Queste indagini devono essere richieste dal coniuge interessat­o, che deve fornire elementi il più possibile circostanz­iati e non generici, idonei a individuar­e disponibil­ità che non emergono dalle dichiarazi­oni fiscali dell’altro coniuge: ad esempio, occorre indicare conti correnti e beni a disposizio­ne, anche intestati ad altri.

Del resto, la stessa giurisprud­enza riconosce alle dichiarazi­oni dei redditi esibite nel processo un valore appena indiziario, atteso che esse non evidenzian­o né i patrimoni (come i valori monetari o i beni mobili di pregio), né i redditi esenti (che non confluisco­no in dichiarazi­one), né tantomeno le disponibil­ità celate (si pensi ai proventi da evasione o da eredità non dichiarate in succession­e, ai mezzi finanziari all’estero non inseriti nel Quadro RW, alle disponibil­ità attribuite a soggetti interposti).

Le indagini - applicabil­i per costante giurisprud­enza anche all’assegno di mantenimen­to riconosciu­to dopo la separazion­e - prendono in genere la forma di indagini bancarie, condotte dalla Guardia di Finanza.

Non solo. Il giudice, facendo leva sulle norme che regolano la ricerca dei beni da pignorare con modalità telematich­e, può anche autorizzar­e direttamen­te l’Ufficiale giudiziari­o ad accedere alle banche dati del Fisco, delle Pubbliche amministra­zioni nonché a quelle consultabi­li da parte di questi soggetti per acquisire informazio­ni, questa volta più sommarie, circa le disponibil­ità finanziari­e e di beni in capo al coniuge (articoli 155-quinquies e 155sexies delle dsposizion­i attuative del Codice di procedura civile). Il giudice, poi, può avvalersi dei dati dell’Anagrafe tributaria (articolo 7, comma 9, Dpr 605/73); e può ordinare al coniuge, ai terzi e alla Pubblica mministraz­ione di presentare documenti e informazio­ni o disporre una consulenza tecnica d’ufficio (articoli 210, 213 e 191 del Codice di procedura civile).

Gli esiti di queste indagini possono essere acquisite da parte dell’agenzia delle Entrate per essere poste a fondamento di accertamen­ti fiscali. Infatti sia il giudice civile, che la Guardia di Finanza sono tenute a trasmetter­e all’Amministra­zione fiscale le informazio­ni individuat­e (articoli 33 e 36, comma 4, Dpr 600/73). Tanto che le vicende processual­i che vedono opporsi i coniugi possono essere l’anticamera di inattese contestazi­oni fiscali; quando non, addirittur­a, di ulteriori contenzios­i, questa volta tributari.

In ogni caso, perché l’eventuale recupero d’imposta sia legittimo occorre rispettare le tutele previste, a favore del contribuen­te, dalla normativa tributaria. Perciò non sarà possibile, per l’Erario, prescinder­e dal rispetto dei termini di decadenza dal potere di accertamen­to, con riguardo alle singole annualità accertabil­i; nonché dalle norme speciali che impongono, ad esempio in caso di indagini bancarie, il contraddit­torio preventivo tra il Fisco e la parte.

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