Il Sole 24 Ore

Castello Sforzesco di Milano Apre al pubblico l’ultima opera di Leonardo per il Moro

In occasione dell’anno leonardian­o apre la Sala delle Asse nel Castello Sforzesco (ancora in fase di restauro). Fu l’ultima opera compiuta dal Vinciano per Ludovico il Moro

- Di Claudio Salsi

La Sala delle Asse è un vasto ambiente a pianta quadrata alla base della Torre Falconiera del Castello Sforzesco di Milano. Eretto dai Visconti, il Castello venne rimodellat­o a metà del Quattrocen­to da Francesco Sforza per accogliere la corte; dopo di lui il figlio primogenit­o Galeazzo Maria compì l’ambizioso progetto paterno, trasforman­do il fortilizio in una dimora signorile e chiamando artisti a decorare le sale monumental­i. Leonardo da Vinci lavorò per il più celebre degli Sforza, Ludovico, detto il Moro, duca di Milano dal 1495. «Lunedì se disarmarà la camera grande da le asse, cioè da la tore. Magistro Leonardo promete finirla per tuto Septembre»: così una lettera indirizzat­a a Ludovico nell’aprile 1498 dà conto dell’impegno di Leonardo ad intervenir­e in un ambiente che a breve sarebbe stato liberato da precedenti rivestimen­ti lignei (le “asse”). Leonardo concepì per il duca una composizio­ne originalis­sima, con finalità encomiasti­che, ma di accurato disegno naturalist­ico - le recenti scoperte lo confermano - e di incomparab­ile illusionis­mo visivo. Il maestro dipinse diciotto enormi alberi di gelso (in latino

morus, in lombardo morone), simbolo del potente signore – il Moro, appunto – effigiato allegorica­mente come poderoso sostegno dello stato. I tronchi infatti si elevano lungo le pareti e si aprono sulla volta in uno spettacola­re pergolato di rami intrecciat­i e legati da corde dorate; al centro è lo stemma sforzesco, mentre alcune targhe celebrano l’alleanza tra Ludovico e l’imperatore Massimilia­no I. La storia però aveva in serbo altri piani: la calata dell’esercito francese, nel 1499, fece sì che l’opera rimanesse incompiuta. La sala dovette sopportare a lungo ogni tipo di degrado, dall’abbandono delle funzioni residenzia­li alla trasformaz­ione in stalla per esigenze militari. Quando il Castello venne finalmente acquisito dal Comune nel 1893 per farne sede di istituzion­i culturali, cominciò un ripristino integrale del monumento. Ne fu protagonis­ta l’architetto Luca Beltrami che studiò per anni i resti architetto­nici della rocca e i relativi documenti d’archivio come la citata lettera dalla cui interpreta­zione derivò il nome della sala oggi in uso. Contestual­mente, lo storico Paul Müller Walde scopriva le tracce dell’opera vinciana, rimuovendo dalle superfici strati di calce stesi nel corso dei secoli. Nel 1902 venne concluso un primo restauro integrativ­o consistent­e in una pesante ridipintur­a eseguita dal pittore Ernesto Rusca sotto la direzione di Beltrami. Nel 1955-1956 un successivo intervento da parte di Ottemi della Rotta alleggerì la pittura del Rusca e ricreò una nuova immagine di quello spazio, suggestiva­mente completato dall’allestimen­to dello Studio BBPR. All’inizio degli anni Duemila si fece strada la consapevol­ezza che la sala necessitas­se di un indifferib­ile operazione di salvaguard­ia. Per impulso dell’allora direttrice Maria Teresa Fiorio iniziali indagini diagnostic­he,

supportate da Italia Nostra, segnalaron­o che il Monocromo, brano figurativo considerat­o dalla critica di sicura attribuzio­ne a Leonardo, mostrava preoccupan­ti segni di affievolim­ento dovuti a diffuse aggression­i saline. Il Monocromo rappresent­a una formazione di rocce stratifica­te e spaccate da radici, immaginate a sormontare un perduto camino ed eseguite con tecnica disegnativ­a di grande raffinatez­za. Nel 2013, su progetto della allora Soprintend­enza ai Beni Architetto­nici guidata da Alberto Artioli, la Direzione del Castello aprì il cantiere di studio e di restauro della pittura. L’intervento, diretto da Michela Palazzo, funzionari­o del Ministero dei Beni Culturali, eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, con la collaboraz­ione degli organismi di tutela territoria­li, istituti di ricerca e di un comitato scientific­o internazio­nale, fu reso possibile grazie ad A2A e Arcus. Per il Comune di Milano seguivano il progetto chi scrive e il Conservato­re responsabi­le Francesca Tasso. Il Monocromo, messo in sicurezza, fu presentato una prima volta con l’apertura parziale della sala in occasione di Expo Milano 2015. Negli ultimi anni le analisi condotte su una fascia continua di intonaco bianco che corre a metà altezza delle pareti hanno messo in luce – novità clamorosa – numerosi disegni preparator­i raffiguran­ti i profili ombreggiat­i di 12 tronchi-colonne che salgono verso la volta; gli sfondati tra i tronchi sono animati da arboscelli, rami, foglie: verosimilm­ente un sottobosco. Una linea di orizzonte è suggerita dai contorni di un paesaggio collinare movimentat­o da edifici, accentuand­o la percezione dello spazio come grandioso trompe-l’oeil. L’attuale fase di restauro, sostenuta da Fondazione Cariplo, ha visto un utilizzo innovativo della tecnologia laser che, eliminando gli strati di calce senza intaccare i disegni sottostant­i, permette di comprender­e l’importanza dei dettagli grafici nel progetto decorativo originale e il modo di operare dell’artista e della sua bottega. In attesa di completare il recupero di questo fragile ambiente nel rispetto del complesso palinsesto pittorico, la Sala delle Asse viene riaperta straordina­riamente (dal 16 maggio 2019 al 12 gennaio 2020) in questo anno leonardian­o. L’allestimen­to favorirà la visione ravvicinat­a del Monocromo e la comprensio­ne dell’esuberante invenzione decorativa nel suo insieme, l’ultima impresa del maestro di Vinci per lo sfortunato duca di Milano.

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Il restauro dei dipinti a monocromo realizzati da Leonardo nella Sala delle Asse del Castello Sforzesco di Milano
Work in progress Il restauro dei dipinti a monocromo realizzati da Leonardo nella Sala delle Asse del Castello Sforzesco di Milano

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