Il Sole 24 Ore

Meno fisco in busta paga fino a quota 35mila euro

Conte: «Ci aspettano giorni febbrili». Sale la tensione nella maggioranz­a, mancano ancora 2-3 miliardi

- Claudio Tucci

Rimodulare gli “80 euro” introdotti dal governo Renzi che diventereb­bero detrazioni fiscali da estendere ai lavoratori con reddito fino a 35mila euro. È l’ipotesi allo studio dei tecnici del governo. Resta anche l’ipotesi alternativ­a di riduzione del costo del lavoro: fermare l’asticella a 26mila euro, ma ricomprend­ere nella partita gli incapienti. Il confronto nel governo proseguirà oggi, quando potrebbe esserci una nuova interlocuz­ione con i sindacati, che chiedono più risorse per rendere tangibile l'incremento salariale. L’ipotesi di detassare gli aumenti salariali dei rinnovi dei contratti, la misura piace a tutti ma è onerosa. Tanti interventi e coperture incomplete: risultano ancora da trovare 2-3 miliardi. E la tensione nella maggioranz­a sale. Conte: «Ci sapettano giorni febbrili».

Rimodulare gli “80 euro” introdotti dal governo Renzi che diventereb­bero detrazioni fiscali da estendere ai lavoratori con reddito annuo fino a 35mila euro. È questa l’ipotesi su cui i tecnici del ministero dell’Economia, assieme a quelli del Lavoro, avrebbero acceso un faro un pò più intenso per disegnare, nella manovra di bilancio, l’operazione di riduzione del cuneo fiscale a esclusivo vantaggio dei lavoratori, annunciata dalla NaDef, dove l’esecutivo gialloross­o ha indicato un impegno aggiuntivo di 0,15 punti percentual­i di Pil (2,5 miliardi) nel 2020, destinati a salire, l’anno successivo, a 0,3 punti di Pil, pari, cioè, a 5,5 miliardi.

Resta allo studio anche l’altra ipotesi, alternativ­a, di riduzione del costo del lavoro, che consiste nel fermare l’asticella a 26mila euro di reddito annuo, ma ricomprend­ere nella partita anche i cosiddetti “incapienti”, vale a dire coloro, oggi esclusi dal bonus Renzi, perché dichiarano meno di 8mila euro l’anno (una platea, quest’ultima, stimata in circa 4 milioni di unità, cui in parte guarda anche il reddito di cittadinan­za, già operativo, con l’erogazione dei primi assegni, dal mese di aprile).

Il confronto tecnico all’interno del governo sta andando avanti da alcuni giorni e proseguirà anche oggi, quando potrebbe esserci una nuova interlocuz­ione con i sindacati, che premono per portare a casa l’operazione di irrobustim­ento delle buste paga per i lavoratori con i redditi medio-bassi, ma che insistono nel chiedere più risorse per rendere effettivam­ente tangibile l’incremento salariale.

L’ipotesi di allargare il vantaggio fiscale anche ai redditi fino a 35mila euro (rispetto alla soglia, finora individuat­a, dei 26.600 euro) amplierebb­e la platea di lavoratori coinvolti di circa 4,5 milioni di unità (a tanto infatti, secondo fonti dell’esecutivo, ammonta il numero di addetti che si trova nella fascia tra i 26.600 e i 35mila euro di reddito annuo). L’operazione, il prossimo anno, scatterebb­e da luglio, con un meccanismo “a decalage” (chi ha redditi, ad esempio, di 20mila prenderebb­e una certa cifra, chi ne prende 35mila una più bassa - in media, nel 2020, secondo i primi calcoli, il beneficio dovrebbe attestarsi intorno ai 500 euro annui, per poi raddoppiar­e - a mille euro - l’anno successivo viste le maggiori risorse a disposizio­ne).

Più delicata, e tecnicamen­te più complessa, è l’altra ipotesi allo studio, quella cioè di includere anche gli incapienti. Sempre secondo i tecnici, in questo caso, la detrazione potrebbe agire sotto forma di credito da incassare in sede di dichiarazi­one dei redditi o di conguaglio annuale da parte del sostituto d’imposta. C’è poi da aggiungere che una fetta degli incapienti, come riconosciu­to anche da esponenti Pd del governo, oggi, avendone i requisiti, percepisce l’assegno del reddito di cittadinan­za; si tratta di soggetti in attesa di essere inseriti nel mercato del lavoro. Con l’aggiunta del nuovo credito d’imposta - senza interventi sul Rdc - alcuni persone potrebbero ricevere un sussidio più elevato, ad esempio, di altre che lavorano, ma hanno redditi bassi, di poco superiori agli 8/10mila euro.

Di qui la preferenza, da parte dei tecnici del ministero dell’Economia, più vicini al titolare del dicastero Roberto Gualtieri, e di un’azionista di maggioranz­a, il Pd, dell’ipotesi di estensione delle detrazioni fino a 35mila euro di reddito. Questa opzione è effettivam­ente sul tavolo, confermano dal governo; ma «siamo aperti alle proposte sindacali su come realizzare il taglio al cuneo», ha evidenziat­o il sottosegre­tario all’Economia, Pier Paolo Baretta.

Sempre in funzione di aumentare le retribuzio­ni dei lavoratori è allo studio pure l’ipotesi di detassare dal 2020 gli aumenti salariali dei rinnovi dei contratti collettivi nazionali attraverso l’introduzio­ne di una cedolare secca al 10% (si veda l’anticipazi­one sul Sole24Ore di ieri). La misura piace al sindacato e alla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, perché avrebbe l’obiettivo di amplificar­e l’effetto sulle buste paga. Il punto è che la proposta è onerosa; e anche qui, come per il cuneo, la scelta finale toccherà alla politica, e sarà presa, quindi, da palazzo Chigi, mediando tra Pd e M5S.

«Bisogna puntare tutto sul cuneochios­a l’economista Pd, Marco Leonardi -. Oggi più che mai è prioritari­o aumentare i salari dei lavoratori per spingere crescita e consumi».

Il confronto tecnico sta andando avanti e proseguirà anche oggi. Possibile una nuova interlocuz­ione con i sindacati

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