Il Sole 24 Ore

Imu, Lega e proprietar­i all’attacco sull’aliquota

- Marco Mobili Gianni Trovati

Nata come tentativo di semplifica­zione utile sul piano gestionale e innocuo su quello della pressione fiscale, il progetto di fusione di Imu e Tasi nella «nuova Imu» scalda subito la polemica. A infiammarl­a è il ritocco, anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, dell’aliquota base del nuovo tributo, che passerebbe dallo 0,76% (7,6 per mille) dell’Imu attuale allo 0,86%. La Lega coglie al volo lo spunto per parlare di «aumento vergognoso», e i proprietar­i immobiliar­i rappresent­ati da Confediliz­ia definiscon­o la mossa «un insulto al buon senso» portato avanti col «pretesto della inutile (ma persino dannosa) unificazio­ne» dei due tributi gemelli. Mentre dai concession­ari della riscossion­e riuniti nell’Anacap arrivano bordate contro l’altra riunificaz­ione tributaria, quella che prova a fondere in una voce unica i tributi minori sulla pubblicità e sull’occupazion­e di suolo pubblico.

Ma è la «nuova Imu» a dominare per ora la scena. L’aliquota dello 0,86% è comparsa a sorpresa nelle bozze del decreto fiscale al centro di un complicato lavoro di composizio­ne al ministero dell’Economia. In realtà non produce in sé alcun aumento automatico: perché lo 0,86% nasce dalla somma dell’aliquota standard dell’Imu (0,76%) e della Tasi (0,1%). La libertà fiscale dei Comuni non viene modificata, perché il tetto massimo all’aliquota rimane all’1,06%, o all’1,14% solo nei circa 300 Comuni che oggi applicano la maggiorazi­one Tasi nata nel 2015. Cambia invece il limite minimo perché a differenza dell’attuale, la «nuova Imu» può essere azzerata dagli enti. In un quadro del genere, la scelta di fissare il nuovo standard allo 0,86% sembra allora puntuale sul piano tecnico, ma non troppo felice su quello dell’immagine: perché anche con uno standard allo 0,76% i Comuni avrebbero le stesse libertà fiscali di oggi. Un’aliquota di base allo 0,86% potrebbe invece essere sfruttata come “suggerimen­to” per un ritocco fiscale all’insù dai sindaci che fino a oggi si sono accontenta­ti dell’attuale standard Imu e non hanno applicato la Tasi.

Il bailamme sull’aliquota base conferma per l’ennesima volta che il fisco della casa è terreno minato. E non aiuta il fatto che il cuore della semplifica­zione, cioè la griglia chiamata a vincolare la possibilit­à dei Comuni di variare le aliquote, partirebbe solo dal 2021. Nel testo ci sarebbe poi un’altra piccola buona notizia: l’azzerament­o delle tasse sugli immobili-merce, quelli invenduti dalle imprese costruttri­ci. Ma anche per questo ci sarebbe da aspettare: fino al 2022.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy