Imu, Lega e proprietari all’attacco sull’aliquota
Nata come tentativo di semplificazione utile sul piano gestionale e innocuo su quello della pressione fiscale, il progetto di fusione di Imu e Tasi nella «nuova Imu» scalda subito la polemica. A infiammarla è il ritocco, anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, dell’aliquota base del nuovo tributo, che passerebbe dallo 0,76% (7,6 per mille) dell’Imu attuale allo 0,86%. La Lega coglie al volo lo spunto per parlare di «aumento vergognoso», e i proprietari immobiliari rappresentati da Confedilizia definiscono la mossa «un insulto al buon senso» portato avanti col «pretesto della inutile (ma persino dannosa) unificazione» dei due tributi gemelli. Mentre dai concessionari della riscossione riuniti nell’Anacap arrivano bordate contro l’altra riunificazione tributaria, quella che prova a fondere in una voce unica i tributi minori sulla pubblicità e sull’occupazione di suolo pubblico.
Ma è la «nuova Imu» a dominare per ora la scena. L’aliquota dello 0,86% è comparsa a sorpresa nelle bozze del decreto fiscale al centro di un complicato lavoro di composizione al ministero dell’Economia. In realtà non produce in sé alcun aumento automatico: perché lo 0,86% nasce dalla somma dell’aliquota standard dell’Imu (0,76%) e della Tasi (0,1%). La libertà fiscale dei Comuni non viene modificata, perché il tetto massimo all’aliquota rimane all’1,06%, o all’1,14% solo nei circa 300 Comuni che oggi applicano la maggiorazione Tasi nata nel 2015. Cambia invece il limite minimo perché a differenza dell’attuale, la «nuova Imu» può essere azzerata dagli enti. In un quadro del genere, la scelta di fissare il nuovo standard allo 0,86% sembra allora puntuale sul piano tecnico, ma non troppo felice su quello dell’immagine: perché anche con uno standard allo 0,76% i Comuni avrebbero le stesse libertà fiscali di oggi. Un’aliquota di base allo 0,86% potrebbe invece essere sfruttata come “suggerimento” per un ritocco fiscale all’insù dai sindaci che fino a oggi si sono accontentati dell’attuale standard Imu e non hanno applicato la Tasi.
Il bailamme sull’aliquota base conferma per l’ennesima volta che il fisco della casa è terreno minato. E non aiuta il fatto che il cuore della semplificazione, cioè la griglia chiamata a vincolare la possibilità dei Comuni di variare le aliquote, partirebbe solo dal 2021. Nel testo ci sarebbe poi un’altra piccola buona notizia: l’azzeramento delle tasse sugli immobili-merce, quelli invenduti dalle imprese costruttrici. Ma anche per questo ci sarebbe da aspettare: fino al 2022.