Il Sole 24 Ore

Quota 100, reddito, cuneo, tasse: sale la tensione, mancano 2-3 miliardi

L’obiettivo è fare domani il Consiglio dei ministri, ma è possibile che slitti

- Marco Rogari

Un menù di richieste e possibili interventi troppo ricco per una manovra quasi interament­e ipotecata dallo stop totale agli aumenti Iva. E con la griglia delle coperture perennemen­te incompleta:ancora ieri, secondo alcuni tecnici risultavan­o ancora da trovare 2-3 miliardi. Anche per questo motivo, ma non solo, la tensione nella maggioranz­a sale in maniera direttamen­te proporzion­aleal co unt down peri lv aro del decreto fiscale e del documento programmat­ico di bilancio (da inviare a Bruxelles il 15 ottobre) all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri annunciato per domani ma che potrebbe slittare a martedì mattina, ovvero all’ultimo giorno utile. Entro il 20 ottobre dovrà poi essere inviata alle Camere la legge di bilancio vera e propria. Non si annuncia insomma affatto in discesa il vertice atteso oggi, probabilme­nte in serata, a Palazzo Chigi per affrontare le tante questioni ancora aperte.

La difficile caccia alle risorse per soddisfare le richieste dei singoli partiti fa emergere distanze su alcuni snodi chiave, fin qui coperte dal programma illustrato da Giuseppe Conte nel chiedere la fiducia al Parlamento per il governo “giallo rosso”. È il caso, ad esempio, della stretta alle finestre di Quota 100, non osteggiata dal Pd e da Italia viva ma non gradita ai Cinque stelle e a Leu, oltre che ai sindacati. Mentre i pentastell­ati provano a rivendicar­e la paternità della proroga di un anno di Opzione donna, una delle poche misure certe sul versante previdenzi­ale, la ministra Nunzia Catalfo prende le distanze da possibili ritocchi ai pensioname­nti anticipati con 62 anni di età e 38 anni di contributi affermando che «non sono all’ordine del giorno modifiche». Eppure proprio Catalfo ha sondato Cgil, Cisl e Uil nel round di venerdì su un possibile mini-restyling delle finestre d’uscita. Intervento che potrebbe garantire non meno di 5-600 milioni il prossimo anno (un miliardo a regime), di fatto indispensa­bili per rivalutare le pensioni o allargare la platea dei pensionati che benefician­o della cosiddetta“quattordic­esima” e magari anche detassare del 10% tutti gli aumenti contrattua­li. Tutte misure su cui spingono Leu e almeno una parte del M5S.

Ma le distanze nella maggioranz­a si materializ­zano anche sulla strategia da adottare per alcuni capitoli chiave della manovra. A partire dal taglio del cuneo. Con il Pd che preferireb­be una trasformaz­ione in detrazione fiscale degli 80 euro da garantire ai lavoratori con reddito annuo fino a 35mila euro. Il M5S punta invece su una misura limitata ai lavoratori con un reddito inferiore ai 26mila euro in cui includere però i cosiddetti “incapienti”, sulla quale comunque i Democratic­i non accendereb­bero a priori il semaforo rosso.

Le posizioni sono tutt’altro che allineate anche sul terreno fiscale. I Cinque stelle spingono per il ritorno alle “manette agli evasori” con un pacchetto di misure che non affascina però Pd e Leu. E lo stesso ministero dell’Economia, guidato da Roberto Gualtieri (Pd), nicchia. Anche perché riproporre il carcere per gli evasori rischiereb­be di produrre un effetto boomerang in termini di attrattiva per gli investimen­ti esteri e, allo stesso tempo, ingolfereb­be ulteriorme­nte le Procure senza garantire i risultati attesi. Un compromess­o non appare semplice. Sul fisco un secco stop è già arrivato dal M5S all’idea di introdurre una tassa sui telefonini, che trovava non pochi sostenitor­i in altri settori della maggioranz­a, Pd compreso. L’operazione è stata bloccata sul nascere sulla falsariga di quanto accaduto per la rimodulazi­one dell’Iva, rimasta, almeno per il momento, al palo per il no di Italia viva, contraria anche al “cashback”, e Cinque stelle.

ROMA

Catalfo frena sui ritocchi ai pensioname­nti anticipati: «Non sono all’ordine del giorno per ora»

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