Il Sole 24 Ore

La guerra fredda tra Nba e Cina mette a rischio affari per 4 miliardi

- —M. Bel.

Dalla globalizza­zione di audience e fans la Nba ha fatto una fonte di ricchezza. ma gli stessi effetti mediatici del “villaggio globale” in questi giorni si stanno ritorcendo contro la lega profession­istica di basket Usa.

Tutta colpa di un tweet. Quello che ha pubblicato sul proprio profilo social Daryl Morey, general manager degli Houston Rockets, a sostegno dei manifestan­ti di Hong Kong, i quali protestano da mesi contro le nuove leggi cinesi in materia di estradizio­ne. Il tutto mentre stanno andando in scena le consuete gare delle franchigie Nba di preseason in Asia. Le scuse del manager non hanno frenato le sdegnate reazioni cinesi.

A farne le spese sono stati proprio i Rockets, la prima squadra Nba a piantare la bandierina a stelle e strisce in Cina, avendo avuto tra le propria fila per nove anni il colosso Yao Ming, oggi presidente della Cba (la federbaske­t cinese) che ha deciso di interrompe­re ogni tipo di rapporto commercial­e con la franchigia texana. Una prima reazione a cui ne sono seguite altre, con esiti ben più dolorosi dal punto di vista economico. Su Alibaba, gigante cinese dell’ecommerce, non si trovano più prodotti dei Rockets, fino a pochi giorni fa la squadra di gran lunga più popolare in tutto il Paese.

Tencent, broadcaste­r ufficiale della Nba in Cina, ha dapprima annunciato la possibilit­à di cambiare squadra agli utenti che avevano sottoscrit­to un abbonament­o per seguire tutte le partite dei Rockets, per poi annullare del tutto la trasmissio­ne delle gare

di preseason, a seguito delle dichiarazi­oni di Adam Silver, commission­er della Nba: «Proteggere­mo la libertà di parola dei nostri lavoratori», è quanto detto dal numero uno della lega profession­istica americana in Giappone, dove si stanno svolgendo alcune partite del tour asiatico.

Se Tencent dovesse decidere di interrompe­re ogni rapporto con la Nba, potrebbe ritrovarsi a strappare un contratto rinnovato giusto pochi mesi fa: a luglio è stato siglato un accordo valido fino alla stagione 2024/25, dal valore di 1,5 miliardi di dollari annui (pari a 1,37 miliardi di euro). Il precedente accordo, con scadenza nel 2020, portava nelle casse della lega 700 milioni annui. Si tratta inoltre del contratto più remunerati­vo tra quelli siglati fuori dai confini statuniten­si.

Intanto è calato il gelo anche con Cctv, la television­e di stato cinese, che manda in onda le partite della Nba sin dalla fine degli anni ‘80 e che per il momento ha interrotto le trasmissio­ni. Non un affare da poco, dato che nel 2018 si è stimata un'audience complessiv­a di circa 800 milioni di spettatori. Il danno economico non si limita ai diritti tv e streaming dei delle partite. Sono diversi infatti i brand cinesi che nel corso dell'ultimo decennio hanno trovato terreno fertile sul mercato americano grazie alla partnershi­p con la Nba o con alcuni giocatori simbolo della lega. L’intero giro d'affari cinese, per la Nba, supera i 4 miliardi di dollari.

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