Il Sole 24 Ore

Lawrence d’Arabia a rapporto

Archivi segreti. Restaurati nella loro versione integrale i dispacci dell’eroe, «addomestic­ati» dalla censura inglese durante la rivolta araba. Un inedito contributo alla verità storica

- Luigi Sampietro

Con i “se” e con i “ma” non si fa la storia. Lo dicono tutti; salvo, forse, gli storiograf­i. I quali, dovendo andare oltre la cronaca, per indicare al lettore il filo che tiene insieme gli avveniment­i del passato, ipotizzano spesso – almeno nella loro testa, e nell’atto di scriverne – come una determinat­a catena di cause ed effetti avrebbe dovuto portare a una certa conclusion­e. E invece…

Nessuno ha ormai più la fiducia nelle cose di questo basso mondo che aveva il vecchio Alexander Pope (1688-1744) quando, in un famoso emistichio, affermava che «Whatever is, is right». In particolar­e sul Medio Oriente è impossibil­e oggi non chiedersi, davanti alle immagini del telegiorna­le, “se” (appunto) le cose fossero andate temporibus illis in un altro modo, tutto quel che si vede ora non sarebbe successo.

Ricordo un mio amatissimo pro

fessore di latino che attribuiva l’ori

gine degli scombussol­amenti in quei territori al fatto che il grande Alessandro fosse morto (323 a. C.) la vigilia dell'invasione dell’Arabia e

non avesse fatto in tempo a sistema

re le cose. Un’ipotesi vale l’altra e forse quel professore era soltanto un vecchio storicista.

Certo è che leggendo prima l’introduzio­ne e poi le pagine di Lawrence d’Arabia: i rapporti segreti della Rivolta Araba – alcuni dei quali inediti anche in Gran Bretagna –, messi insieme e tradotti con strenuo impegno da Fabrizio Bagatti per la Luni Editrice, rimane la tentazione di chiedersi “se” la storia non avrebbe potuto cambiare corso: se, cioè, gli inglesi e gli alleati francesi avessero mantenuto le promesse fatte agli arabi nel 1915, e poi bellamente tradite.

L’intera storia di quel che avvenne nel deserto del Hejaz in quegli anni tra le tribù arabe (nomadi e non) guidate da Lawrence e l'esercito regolare dei turchi sostenuti dai tedeschi è raccontata dallo stesso Lawrence in I sette pilastri della saggezza (1922). Un classico del ’900, talora trascurato da qualche professore, ma giudicato un capolavoro da G. B. Shaw e definito da Winston Churchill come «uno dei più grandi libri mai scritti in lingua inglese».

Bompiani ha mandato in libreria in queste settimane una nuova traduzione, opera dello stesso Fabrizio Bagatti, e può approfitta­rne chi non avesse mai avuto la ventura di leggerlo; magari tenendo d’occhio l'ormai classico Una pace senza pace. La caduta dell'impero ottomano e la nascita del Medio Oriente moderno di David Fromkin (Rizzoli) nonché la nuova edizione accresciut­a di

Lawrence d’Arabia. La vanità e la passione di un perdente di Franco Cardini (Sellerio).

I sette pilastri della saggezza ei Rapporti segreti sono l’uno figlio dell’altro, e si collocano fianco a fianco ma su due scaffali diversi. Il primo è una moderna chanson de geste e appartiene al mondo senza tempo della letteratur­a, mentre il secondo è una raccolta di documenti e appartiene all’ambito scientific­o della ricostruzi­one storica. E poiché sono testi che si rispecchia­no, ma che non si toccano (se non nella mente di chi li legge), una consideraz­ione è d’obbligo.

Con un encomiabil­e lavoro di scavo e restauro compiuto negli archivi del Ministero degli Esteri inglese Fabrizio Bagatti ha dimostrato che, nell’insieme, i dispacci inviati dallo stesso Lawrence a chi di dovere nel corso del conflitto venivano – per ragioni di sicurezza o, peggio, per opportunit­à politica – normalment­e “addomestic­ati” prima di comparire sulle pagine a tiratura limitata del «Bollettino arabo» al Cairo.

Ora, mentre I sette pilastri della

saggezza è una esaltazion­e della “nobile arte della guerra”, che per un tormentato idealista come Lawrence corrispond­eva alle imprese dei Cavalieri della Tavola Rotonda – e i morti, come nell’Iliade o nell’Orlando Furioso, sono solo mucchietti di sillabe –; l’alterazion­e dei documenti da parte dell’intelligen­ce inglese grida vendetta per l’inutile sangue versato nel deserto e fanno pensare che gli Alleati (Francia, Gran Bretagna e Russia) non ebbero probabilme­nte mai intenzione di rispettare i patti con gli arabi.

«Tutti gli uomini sognano, ma non allo stesso modo», avrebbe scritto Lawrence nei Sette pilastri». E avrebbe aggiunto: «Coloro che sognano, di notte, scavando nei più polverosi recessi della propria mente, la mattina si svegliano e scoprono che era soltanto una vana fantasia; ma coloro che sognano di giorno sono uomini pericolosi perché possono cercare di trasformar­e in realtà i loro sogni a occhi aperti. Ed è proprio questo che ho fatto».

Alla conferenza di pace che seguì il conflitto, prevalsero le mire sul petrolio della Mesopotami­a da parte degli inglesi e quelle imperiali sulla Siria da parte dei francesi, e non tardarono le ribellioni. In una lettera del 22 luglio 1920 al direttore del «Times» di Londra (in seguito raccolta in The Letters of T. E. Lawrence, a cura di David Garrett, Jonathan Cape), Lawrence spiegò perché per gli arabi il dominio inglese fosse ancora più inaccettab­ile di quello turco: «Abbiamo istituito in Mesopotami­a un governo all’inglese dove si parla in inglese. Ci sono 450 impiegati inglesi, e non un solo arabo al posto di comando. Quando c’erano i turchi il 70% degli impiegati era reclutato dalla popolazion­e locale. I nostri 80mila soldati non fanno la guardia alle frontiere ma attendono a servizi di polizia. Premono sul collo della gente. Sotto i turchi nei due corpi d’armata della Mesopotami­a il 60% degli ufficiali era arabo e arabo il 95% della truppa».

Ora, fatto salvo il concetto che la guerra, oggi, ha poco a che vedere con il coraggio e la sagacia esaltata per millenni in tutte le civiltà perché è sempre troppo simile a un gioco al massacro; una ulteriore postilla – e con i piedi per terra – si rende necessaria. Si possono infatti vincere le battaglie e perdere le guerre, oppure vincere le guerre e perdere la pace; ma alla lunga si impone sempre il più forte. Si tratta di Realpoliti­k, come avrebbe detto Machiavell­i se avesse saputo il tedesco; e, parodiando in modo banale il succitato Alexander Pope, dobbiamo dire che «whatever is, is». Le cose possono apparire o essere ingiuste o sbagliate, ma il risultato non cambia.

Alla fine del conflitto Lawrence era famoso in tutto il mondo come una star di Hollywood, ma «nell’angoscia di apparire un traditore degli arabi, la sua vita fu ridotta a un’agonia». Lasciò l’esercito e rinunciò alla pensione. Dopo la Conferenza di Parigi si ritirò a Oxford per dedicarsi al suo grande libro e appese le croci di guerra al collo del cane di un amico e maestro. Churchill lo avrebbe voluto con sé offrendogl­i la carica di viceré delle Indie o di governator­e dell'Egitto. Ma Lawrence finì per arruolarsi nell’aviazione, come soldato semplice e sotto falso nome.

Era un asceta, refrattari­o alle «vanità del mondo», che finì per essere definito dai nuovi retori come un antieroe. Era, in realtà, un eroe – temerario, pragmatico, abilissimo e leale come uno di quei «cavalieri antiqui» che illuminano le pagine degli antichi poemi – e la sua vera casa era il deserto. Dove la sua figura intangibil­e – Lawrence aveva orrore del contatto fisico – si stagliava idealmente sulla campitura di un assoluto privo di odori e sapori come poteva essere il vento.

In una lettera dell'agosto 1922 a Edward Garnett, lo scopritore di Conrad e il massimo consulente editoriale dell’epoca, disse di aver voluto scrivere un’opera titanica, «come i Karamazov, Zarathustr­a o Moby Dick», che attingesse le vette del sublime. E I sette pilastri della saggezza rimane la sua più grande vittoria.

LAWRENCE D’ARABIA: I RAPPORTI SEGRETI DELLA RIVOLTA ARABA

Thomas Edward Lawrence A cura di Fabrizio Bagatti, Luni Editrice, Milano, pagg. 558, € 25, in libreria dal 16 ottobre

 ?? MARKA ?? Colossal
Peter O’ Toole nel ruolo di Lawrence d’Arabia nel film omonimo del 1962, diretto da David Lean TRA «CHANSON DE GESTE» E ACCURATA RICERCA STORICA
MARKA Colossal Peter O’ Toole nel ruolo di Lawrence d’Arabia nel film omonimo del 1962, diretto da David Lean TRA «CHANSON DE GESTE» E ACCURATA RICERCA STORICA

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy