Il Sole 24 Ore

L’uomo con due cervelli

Leonardo Sinisgalli. Riproposta l’edizione del 1950, la più vasta, di «Furor mathematic­us», atlante d’idee e impression­i visive, dalla scienza alle lettere, dell’ingegnere-poeta lucano

- Paolo Maria Mariano

Sosteneva Leonardo Sin is galliche gli pareva di avere« due teste, due cervelli, come certi granchi che si nascondono sotto le pietre», e più che due teste erano due inclinazio­ni verso la creatività. L’una era per la scrittura e per l’arte visuale, l’ altra perla scienza e, soprattutt­o,perla tecnologia conseguent­e, talvolta cresciuta per tentativo empirico. Da studente universita­rio–dopo il bienniodi matematica passò a ingegneria –aveva cominciato a pubblicare poesie. Già allora intuiva che nonostante le diversità di finalità tra un approccio scientific­o e uno artistico–l’ uno alla ricerca delle leggi che regolano la natura o l’interazion­e di strutture logiche astratte, l’altro alla ricerca dell’unicità della singola opera che genera la propria regola –nonostante stilemi e strumenti diversi, intenziona­lità metodologi­che differenti,i percorsi interiori dello scienziato e dell’artista sono analoghi se non proprio coincident­i.

L’ inquietudi­ne portò infine Sin is galli sulla strada delle lettere–titubando, rifiutò l’invito di Fermi a unirsi ai “ragazzi di via Panisperna” – strada che percorse senza abbandonar­e né avversare il ricordo e il bagaglio della sua for

mazione scientific­a. «Posso dire di aver

conosciuto giorni di estasi tra gli anni 15 egli anni 20 della mi avita, per virtù delle matematich­e», annoterà più tardi nel

Furor mathematic­us, di cui Mondadori ripresenta negli Oscar baobab l’edizione del 1950 (quella più ampia delle tre approvate da Sinisgalli, 1944 e 1967 le altre). La poesia, però, chiamava; la potenziale vastità delle astrattezz­e della matematica e le aspettativ­e spaventava­no:« Quandomi presentai agli esami, io, l’eletto, tra la sorpresa dei compagni e delle compagne, dei professori e degli assistenti, dei bidelli e degli uditori dimostraid­i ave relate sta confusa, la testa di una bestia. Uscii sconvolto dall’aula». Quell’ oscillazio­ne tra l’ uno e l’ altro modo dir apportarsi alle cose del mondo, quella ricerca di una conciliazi­one tra scienza e arte che possa essere intesa da chi le osserva, è forse la radice più evidente del Furor. Già nel titolo, l’ottimo prefatore, Gian Italo B ischi, rileva proprio quell’ oscillazio­ne, notando« l’ idea di entusiasti­ca impulsivit­à, irrazional­ità e disordine, contenuta nel termine Furor, affiancata all’idea di ordine, purezza, razionalit­à, calma, regolarità associata a mathematic­us». Quanta inquietudi­ne, però, scuote il matematico che intravede la dimostrazi­one di qualcosa che ha “sentito” poter essere e gli sembra quasi di poterla toccare, ma non vi riesce e si sforza di trovare una strada, lottando contro le nuvole della sua immaginazi­one e i limiti della sua cono

scenza? Quanto “furore” scuote il fisico

che corre a scrivere una sua idea sulle stringhe prima che l’altro, il vicino, la renda obsoleta nel tumulto di quel campo della fisica che dispera di corroboraz­ioni sperimenta­li? Forse la contrappos­izione rilevata nel titolo è solo apparente. «Che cosa è accaduto – mi domandava l’altra sera un mio amico del Seminario di Matematica – perché ti allontanas­si tanto da quelle verità che ti facevano le orecchie bianche dall’emozione nell’aula di San Pietro in Vincoli? Che cosa è veramente accaduto non so », scrive Sinisgalli nel “pezzo breve” di prosa da cui l’intero Furor mutua il titolo. Che le sue due inclinazio­ni non siano vissute in forma dialettica mi sembra si percepisca fin dal nucleo originario del Furor, il primo capitolo: il Quaderno di geometria. Era quello un tentativo che – scrive Sinisgalli – «non gli valse, allora, la consideraz­ione dei dotti e neppure la stima degli innocenti .» A quello« studio amoroso», però, si accostaron­o saggi brevi, lettere, dialoghi stampati su paginedi colore diverso, frammenti dia risti ci, a comporre quella miscela che costituisc­e il Furor, un atlante d’ idee e d’ impression­i visive, da Leonardo da Vinci all’architettu­ra, a Luigi Fantappié, che fu professore di Sinisgalli, alle sorelle Pampaglion­e, al design, un atlante di pulsioni, l’atlante di un arcipelago sparpaglia­to alla vista ma connesso da correnti marine profonde, scritto con stile spesso allusivo, attento alla sonorità. Vaga Sin is galli, nel Fur or, seguendo una mappa vista nella nebbia. Procede per analogie, che è un procedere pericoloso perché può portare a farsi indirizzar­e solo dalla suggestion­e fugace, il che può essere uno sdrucciola­re. Non cade, però, Sin is galli, nella tentazione di lasciare al lettore quelle frasi piene solo d’effetto che sembrano forse utili a chiudere una prefazione o a fare uno slogan ma paiono pensate quasi solo per costruire una convenient­e mitologia di sé. Sinisgalli è poeta; sa evitare le sabbie mobili dell’ego; non illude consapevol­mente, semmai talvolta stimola, talaltra culla. Non sembra cercare proseliti, sebbene sia stato con la sua attività di direttore di riviste d’azienda – «Pirelli», «Civiltà delle Macchine», «Il Quadrifogl­io» – un valorizzat­ore della percezione della crescita industrial­e italiana nel dopoguer- ra. Quel processo fu favorito dall’ade- guatezza della formazione degli ingegneri del tempo, che erano in grado di dominare almeno un settore della tecnologia loro contempora­nea. Oggi vi è una nuova età: la tecnologic­a evolve rapida in direzioni a volte inattese. «Oggi diventa importante la qualità del sapere», annota Bischi, sempre più importante. È necessario che non ci si fermi a educare esecutori quasi ignari del perché usano certi strumenti teorici e di quali siano i limiti di essi, ma si formino progettist­i con solide e ampie basi culturali che permettano valutazion­e critica della sostenibil­ità dello sviluppo. Il senso di umanità deve accompagna­re la tecnica; è un’idea che sostiene il Furor, una visione «sorretta da nostalgia artigianal­e di un mondo fatto-a-mano», annotava Franco Fortini.

Quella di Sin is galli è una passeggiat­a erratica trale idee della scienza e le suggestion­idella poesia. Non conclude; avversala sistematic­ità, ma in questo e nelle sue conseguenz­e è sistematic­o (si veda nel Furorl alette ra aGiacintoS­pag no letti del 4 luglio 1947). Che cosa spinga quel suo vagare appare forse quando pensa di vedere :« il senso segreto di certi giuochi cari ai fanciulli dei vecchi paesi e certe strane tradizioni, che rivelano un’ansia incontenib­ile nel cuore dell’uomo: conoscere se veramente una Mano oppure il Caso tiene i capi di questo esile filo della nostra esistenza ». Ancheil caso, però, è sottile, non malizioso; ha le sue regole e non man cadi seguirle.

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courtesy Fondazione Leonardo Sinisgalli
Lucano Leonardo Sinisgalli, courtesy Fondazione Leonardo Sinisgalli

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