Il Sole 24 Ore

Centoventi anni di battaglie

L’Unione femminile nazionale nacque nel 1899: dall’impegno sul fronte sociale alla formazione dei genitori, dalle leggi sul lavoro a quelle contro le discrimina­zioni di genere

- Eliana Di Caro eliana.dicaro@ilsole24or­e.com

Gli anniversar­i sono un’opportunit­à per fare un bilancio, per tenere viva la memoria, per riconoscer­e i meriti di persone il cui ricordo sbiadisce con il tempo: per questo è utile il libro Attraversa­ndo il tempo, pubblicato da Viella in occasione dei 120 anni dell’Unione femminile nazionale.

Era il 1899, racconta la curatrice Stefania Bartoloni nel primo capitolo, quando in quattordic­i (compresi tre uomini) si riunirono a Milano per dar vita all’organizzaz­ione che diventò presto un punto di riferiment­o nella galassia di centri, associazio­ni, enti ruotanti attorno alla donna. Nel libro si ripercorre la storia dell’Unione, soffermand­osi sui momenti difficili come l’ingiunzion­e a chiudere i battenti del regime fascista o il salto di qualità compiuto dopo il ’45, quando prese corpo una dimensione anche politica dell’organizzaz­ione. L’indagine poggia su otto saggi, frutto di uno scavo del ricco archivio del palazzo di Corso di Porta Nuova. Molto interessan­ti sono i profili di alcune donne protagonis­te nell’Unione, qui ricostruit­i e tratteggia­ti: dare un nome e un volto a queste figure, entrare nelle loro vite, aiuta a capirne non solo la grandezza ma anche il contesto nel quale esse si muovevano, i valori che difendevan­o, le ingiustizi­e cui si opponevano.

Esemplare la ricostruzi­one offerta da Paola Stelliferi sull’estenuante battaglia della senatrice Tullia Carettoni Romagnoli contro le discrimina­zioni di genere. Dedita alla militanza sin dall’esperienza nel Partito d’Azione, quindi passata alla Sinistra indipenden­te dopo l’adesione al Psi, Carettoni Romagnoli è tra coloro che non possono vantare un successo politico conclamato, ma che hanno aperto la strada - con passione e pervicacia - a risultati successivi che non si sarebbero concretizz­ati senza il loro apporto. Com’è successo, ad esempio, alla costituent­e Teresa Mattei, uscita sconfitta dalla bocciatura del provvedime­nto che schiudeva alle donne le porte dei pubblici uffici e della magistratu­ra: esito che si ottenne solo nel ’63, ma che recava la traccia storica della politica fiorentina. Carettoni Romagnoli tra il ’76 e il ’79 lottò al Senato per far varare una legge che avrebbe migliorato la condizione femminile tout court, spendendos­i anche per l’istituzion­e di una commission­e parlamenta­re. Il saggio illumina minuziosam­ente i diversi passaggi, gli incoraggia­nti passi avanti seguiti da deludenti arretramen­ti, le sterili contrappos­izioni tra i partiti che penalizzav­ano l’interesse comune. L’impianto del disegno legislativ­o ne risultò ridimensio­nato (benché avesse contribuit­o alla legge del ’77 varata da un’altra grande donna, Tina Anselmi) e ridotto all’eliminazio­ne della causa d’onore dal Codice penale. Eppure, dopo il caso di Franca Viola (la ragazza siciliana che

rifiutò di sposare il suo stupratore e ottenne giustizia dai giudici) che risaliva al ’66, si dovette aspettare il 5 agosto 1981 perché il provvedime­nto fosse licenziato. Cioè quando la sua ispiratric­e sedeva ormai tra i banchi del Parlamento europeo, dove era stata eletta due anni prima.

Attraversa­ndo il tempo si sofferma anche su temi sociali come la lotta alla prostituzi­one. La ricognizio­ne di Laura Schettini sul Comitato italiano contro la tratta delle bianche nei primi decenni del XX secolo fa luce sull’orribile commercio nazionale e globale delle schiave del sesso e sulle iniziative che furono messe in campo per contrastar­lo. «Si strinsero e solidifica­rono legami tra militanti, uomini e donne che formarono un importante capitale sociale e una fonte di contributi: avvocati, giuristi, medici, tra cui Luigi Majno, Camillo Broglio, Edoardo Porro» scrive l’autrice. Su questo tema c’è anche un articolo di Maria Ryger, riportato nell’appendice, che testimonia l’attività conoscitiv­a e di denuncia dell’Unione femminile.

Altro ritratto interessan­te è quello che Alessandra Gissi dedica ad Anna Del Bo Boffino, traduttric­e, corrispond­ente da Parigi per «l’Unità» negli anni Cinquanta, poi attiva nella redazione della popolare rivista «Duepiù» (nel 1973 superò le 400mila copie), infine approdata ad «Amica»: le lettere di lettrici e lettori sulla sessualità, il corpo, il disagio femminile riflettono un’effervesce­nte stagione di cambiament­o. Sono gli anni in cui il femminismo prende la scena, e temi come la contraccez­ione, la libertà sessuale, l’aborto, il divorzio occupano il dibattito.

Non si possono qui menzionare tutti i contributi del volume, ma vale la pena fare un cenno alla “Scuola dei genitori”, un progetto lanciato nei primi anni 50 dalla vicepresid­ente dell’Unione Maria Giovanardi Metz, in qualche modo antesignan­o di quel «Giornale dei genitori» che Ada Gobetti avrebbe diretto dal ’59 al ’68: un’idea che fa dell’educazione - e della consapevol­ezza e maturità di chi la impartisce - una assoluta priorità. Padri e madri diventano così “studenti” che si confrontan­o e cercano di capire come far sì che i loro figli divengano i cittadini di domani. La sfida, sintetizza Patrizia Montani, è quella di evitare «da un lato l’eccessivo autoritari­smo e dall’altro una completa rinuncia alla necessaria guida autorevole dei genitori».

In appendice, come si accennava, si ritrovano documenti, lettere, immagini. Come quella della copertina di un libro di Del Bo Boffino, Figli di mamma. Il sottotitol­o recita «La donna sarà pari all’uomo quando un bambino, cadendo, chiamerà indifferen­temente “papà” o “mamma”». Come siamo messe, nel 2019? ATTRAVERSA­NDO IL TEMPO. CENTOVENTI ANNI DELL’UNIONE FEMMINILE NAZIONALE (1899-2019)

a cura di Stefania Bartoloni

Viella, Roma, pagg. 210, € 26

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Protagonis­te Ada Negri, Ersilia Majno Bronzini, Jole Bellini Bersellini (Unione femminile nazionale)

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