Il Sole 24 Ore

Antica (e attuale) storia di massacri

- Antonio Audino

Fa una certa impression­e entrare a teatro con gli occhi e la mente ancora pieni delle immagini di guerra e di devastazio­ne di questi giorni per trovarsi in una storia di invasioni e di massacri più antica, che si svolge nelle stesse terre degli avveniment­i di oggi. Anche perché le tragiche gesta della conquista di Troia e in particolar­e quelle di Ecuba, regina della città, ci vengono narrate in una dimensione atemporale che le avvicina molto a noi, nella scrittura dell’irlandese Marina Carr, una delle voci migliori della drammaturg­ia contempora­nea, capace di tracciare una linea di costante tensione in quelle vicende, senza risparmiar­e descrizion­i di brutale ferocia e di torture, qui nella attenta traduzione di Monica Capuani.

Ad aggiungere un ulteriore tassello di emozione c’è il fatto che siamo al teatro Olimpico di Vicenza, davanti a una suggestion­e di ideale classicità, con la scenografi­a della Tebe di Scamozzi ferma lì da più di cinquecent­o anni, come un sogno raggelato di equilibrio e di grazia immaginato per una città di sofferenza e di morte.

Eccoli lì i protagonis­ti di questa avventura, non si parlano direttamen­te ma esprimono i propri pensieri e descrivono le azioni che avvengono, riportando poi l’uno le battute dell’altro e delineando così un doppio tempo, quello della realtà e quello del ricordo, quello del vivere e quello del comprender­e. Ecuba, una Elisabetta Pozzi dal tratto nitido e tenace, ha visto la sua famiglia sterminata, per assistere poi all’uccisione dei suoi ultimi figli in un disegno definito con un termine che acquista, alle nostre orecchie, sinistre risonanze: un “genocidio”. Davanti a lei l’imponente Agamennone, il vincitore, che ha dato inizio a quell’epopea tragica sgozzando la figlia Ifigenia per propiziars­i gli dei, a cui fornisce un ben definito contorno Alfonso Veneroso. Ma esistono davvero queste divinità sanguinari­e desiderose di orribili sacrifici? O non sono piuttosto gli impulsi di sopraffazi­one e di conquista dell’uomo a mettere in moto stragi e distruzion­i, ieri come oggi?

La regia di Andrea Chiodi disegna il tutto sui toni di un’astrazione, cedendo a volte in qualche manierismo, ma orchestran­do bene l’azione in cui tutti sono quasi sempre presenti, con Elisabetta Pozzi assorta e stupita da tanta violenza, ormai «in un luogo al di là del dolore», come indica il testo, in un delicato e preciso succedersi di minime intenzioni, di accenti, di sguardi. Intorno a lei i brividi di umanità nel duro Odisseo di Fausto Cabra, la sensibile Cassandra di Federica Fracassi, l’inquieta Polissena di Valentina Bartolo, insieme a Luigi Bignone, Alessandro Bandini, Alfonso De Vreese, Alessia Spinelli, Nicola Pighetti.

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