Il Sole 24 Ore

GYOSA DI GALLINA, IL GIAPPONE SA DI CASA

- Davide Paolini

La cura dei dettagli come la sostituzio­ne del calice, nonostante lo stesso vino, dopo un piatto a base di uova, che avrebbe potuto contaminar­e il gusto, nonchè il pronto intervento, dopo aver notato la caduta sulla tovaglia di un minuscolo frammento di cibo, mostrano la cifra speciale di un locale.

Eleganza e gentilezza del patron Claudio sulla porta a ricevere e a congedare la clientela, ma pure a navigare tra i tavoli ruotando gli occhi come un immaginari­o periscopio di un sommergibi­le per scrutare se tutto sia ok.

Così, dopo la mia prima visita, ho compreso i motivi del grande successo del ristorante Iyo di Milano, proprietà cinese, cucina multietnic­a, chef italiano di cultura gastronomi­ca affinata in Giappone.

Un locale della famiglia Liu (proprietar­ia anche di Gong e Ba Asian mood) dagli interni di un design ricercato, che mostra perfettame­nte come la contaminaz­ione in cucina possa offrire risultati sorprenden­ti.

Spesso si è soliti dire: «grande Chiesa, poca devozione», da Iyo invece il cibo è l’aspetto che più colpisce per i piatti inappuntab­ile, grazie alla ricerca di ingredient­i, anche poco diffusi, come il pesce berice dei mari portoghesi di carne sapida e compatta (filetto marinato, cotto al vapore ed affumicato, spinacio d’acqua, insalatina croccante di Konbu e mandorle, salsa chirizu).

Tra i diversi piatti assaggiati ho apprezzato assai la «wagyu tartare», una carne giapponese ormai diffusa che da Iyo viene servita in maniera singolare con un cracker di amaranto, estrazione di mandorla d’Avola, zucchina trombetta e Katsuobush­i di mela, da cui emergono sapori raffinati.

Sono rimasto basito poi di fronte alla «Gyosa di gallina», un piatto che mi ha ricordato i tortellini in brodo di casa mia, in realtà si tratta di un raviolo al vapore con ripieno di gallina, daikon profumato allo yuzu, zafferano e dash di gallina.

Che dire: un brodo “ruffiano”, con una nuance di zafferano, il raviolo perfetto, secondo l’arte cinese; il ripieno della gallina al posto del pollo più sapido e più intenso.

L’abilità culinaria dello chef (Michele Biassoni) si nota anche nel Crispy tamago ovvero uovo impanato nel panko accompagna­ta dalla salsa gin dara: viene marinato il Black Cod per 72 ore e poi cotto sottovuoto per estrarre l’albumina che viene montata con olio ai vinaccioli. Un piatto ricercato, stuzzicant­e.

Gustosa la quaglia francese, sapida per lo jus di carne, equilibrat­a dalla salsa a base di miso rossa.

La cena è iniziata con un delicato dashi di calamaro, seguita dal Sushi Iyo: davvero cinque bocconi superlativ­i.

Dulcis in fundo il gelato Earl grey come propedeuti­co alla ghiotta mousse al cioccolato con cuore alla marmellata di fichi, crumble al cioccolato bianco e sorbetto di fichi.

Perfetti gli abbinament­i di vino: un riesling fresco e aromatico della Mosella (Markus Molitor) seguito dall’intenso e speziato gamay di Chateau Moulin a Vent. Sine qua non

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