Il pagamento chiude anche il giudizio ordinario
Con l’estinzione del debito nel processo esecutivo cessa la materia del contendere
Se il creditore intervenuto in un procedimento esecutivo riceve le somme di denaro che gli sono dovute, va poi dichiarata la cessazione della materia del contendere del giudizio di cognizione che il creditore aveva iniziato per ottenere la condanna al pagamento di quegli importi.
È la conclusione della Corte d’appello di Napoli nella sentenza n.4270 del 2 settembre scorso.
Nel 2007 due Spa chiamavano in giudizio una pubblica amministrazione, chiedendone la condanna al pagamento di oltre 700mila euro. Nel 2011 una delle due società comunicava di essere intervenuta, in base all'articolo 499 del Codice di procedura civile, in un procedimento esecutivo iniziato nei confronti della stessa debitrice, e di aver ricevuto in quella sede l’integrale pagamento del credito. Le attrici chiedevano quindi al tribunale di dichiarare cessata la materia del contendere, affermando che era venuto meno l’interesse alla decisione.
Il Tribunale di Napoli non accoglieva però né l’istanza di una pronuncia solo sul processo né quella principale di merito, riconoscendo piuttosto il diritto di credito a titolo di arricchimento senza causa, ma per una somma inferiore a quella richiesta. Le Spa hanno allora presentato appello, ribadendo l’istanza di una pronuncia che, preso atto della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione sul merito, dichiarasse cessata la materia del contendere a seguito dell’integrale pagamento delle somme azionate.
Nell’accogliere il ricorso, la Corte prendelemossedalladisposizionecontenuta dall’articolo 499, comma 6, del Codicediproceduracivile,perilqualeil riconoscimento del debito vantato dal creditoreintervenuto«rilevacomunque aisolieffettidell’esecuzione».Secondo il giudice d’appello, la lettera di questa disposizione«sembrerebbe“primafacie”escluderelacessazionedellamateria del contendere» del giudizio di cognizione,eciòperchéilpagamentoottenutonelprocessoesecutivo«potrebbe essere rimesso in discussione».
Si tratta, tuttavia, di norma che va «coordinata con il principio della tendenziale stabilità degli effetti dell’esecuzione forzata»; principio che può essere ricavato dall’articolo 487 del Codice di rito civile, in base al quale i provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere modificata o revocata dal medesimo giudice finché la stessa non abbia avuto attuazione.
Peraltro, la definitività dei risultati del processo esecutivo «è insita nella chiusura di un procedimento svoltosi con il rispetto di forme idonee a salvaguardaregliinteressicontrappostidelle parti»: dall’audizione di queste ultime (articolo485delCodicediproceduracivile) all’opposizione all’esecuzione nonché, ancora, alla previsione di modalitàperlarisoluzionedellecontroversie sorte in sede di distribuzione (strumenti processuali previsti, rispettivamente,dagliarticoli615e512dellostesso Codice di rito). Se dunque, dopo il riconoscimento,ilcreditoèinteramente soddisfatto, «l’assegnazione delle sommeavvenutainsedeesecutivanon può essere più messa in discussione».
Nel caso in esame, le appellanti avevano riscosso l’intera somma pretesa, sicché la debitrice non aveva più alcun rimedio per richiederne la restituzione. Così la Corte ha dichiarato cessata la materia del contendere.