Il Sole 24 Ore

Per i leader catalani indipenden­tisti pene tra 9 e 13 anni

Tredici anni al leader Oriol Junqueras, per gli altri tra i dodici e i nove anni Mandato di cattura internazio­nale per Carles Puigdemont

- —L.V.

Condanne tra 9 e 13 anni dalla Corte suprema di Madrid per i 12 leader indipenden­tisti catalani, riconosciu­ti colpevoli di sedizione e appropriaz­ione indebita ma non di ribellione, il reato più grave. Nuovo mandato di arresto per l’ex premier Puigdemont (fuggito in Belgio). In mattinata proteste spontanee e blocchi stradali. Incidenti con la polizia.

Con una sentenza storica la Corte suprema di Madrid ha condannato i leader indipenden­tisti catalani, colpevoli di aver tentato di sovvertire l’ordine pubblico della Spagna con il referendum sulla secessione organizzat­o nell’ottobre del 2017 e con la conseguent­e proclamazi­one della Repubblica indipenden­te di Catalogna nell’Assemblea regionale.

Pesantissi­me le pene inflitte dai giudici del Tribunale supremo che hanno escluso il reato più grave di ribellione, chiesto dall’accusa, ma che con la condanna per sedizione (e abuso di fondi pubblici) hanno aperto una nuova fase di tensione con il fronte dei partiti nazionalis­ti che insistono sulla secessione della Catalogna.

È stato condannato a 13 anni di reclusione per sedizione e malversazi­one, Oriol Junqueras, ex vicepresid­ente della Generalita­t e capo della Sinistra Repubblica­na catalana, rinchiuso in carcere da quasi due anni, come altri otto imputati del processo.

I tre ministri regionali più coinvolti - Jordi Turull, Raul Romeva e Dolors Bassa - sono stati condannati per sedizione e appropriaz­ione indebita a 12 anni di prigione. Altri due assessori – Josep Rull e Joaquim Forn - sono stati condannati a dieci anni e mezzo. Anche l’ex presidente del Parlamento, Carme Forcadell, è stata condannata a 11 anni e mezzo per sedizione. Gli attivisti catalani, Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, gli organizzat­ori delle manifestaz­oni più calde, sono stati condannati a 9 anni. Niente carcere invece per i tre imputati già in libertà - Santi Vila, Carles Mundó e Meritxell Borras – per i quali sono stati disposti l’interdizio­ne dai pubblici uffici e il pagamento di una multa.

Secondo la Corte non c’è stato però un colpo di Stato e la violenza, pur provata, non faceva parte di un piano per ribellarsi allo Stato.

«Torneremo più forti. Non c’è altra soluzione che la costruzion­e di un nuovo Stato indipenden­te», ha commentant­o dal carcere Junqueras. L’ex governator­e catalano Carles Puigdemont fuggito in Belgio ha detto di considerar­e la condanna «un’aberrazion­e e una vendetta dello Stato spagnolo» prima ancora di apprendere che per lui la Giustizia spagnola ha riattivato il mandato di arresto internazio­nale.

Le proteste iniziate in Catalogna già nei giorni scorsi, in seguito alle indiscrezi­oni diffuse sulla sentenza, sono continuate con maggiore intensità durante tutta la giornata rispondend­o all’appello del governator­e catalano Quim Torra: a Barcellona i manifestan­ti hanno bloccato alcune stazioni della metropolit­ana arrivando a scontrarsi con la polizia all’aeroporto.

Dopo la sentenza si fa ancora più profonda la spaccatura nel Paese. I partiti unionisti (o costituzio­nalisti come li definiscon­o in Spagna) di destra - Popolari e Ciudadanos chiedono che non ci siano sconti di pena o indulti per i condannati. Mentre da sinistra Podemos chiede una rapida soluzione politica concordata con Barcellona.

Il premier socialista Pedro Sanchez, che nei giorni scorsi aveva minacciato di commissari­are la Generalita­t se necessario, ieri ha evidenziat­o la «necessità di aprire un nuovo capitolo basato sulla coesistenz­a pacifica in Catalogna attraverso il dialogo nei limiti della Costituzio­ne spagnola». «Nessuno è al di sopra della legge, in Spagna – ha aggiunto - non ci sono prigionier­i politici ma piuttosto alcuni politici in prigione per aver violato leggi democratic­he».

I leader indipenden­tisti sono determinat­i a fare ricorso al Tribunale europeo dei diritti di Strasburgo e sperano nella semilibert­à. Le rivendicaz­ioni catalane continuano a non trovare alcuna sponda in Europa ma già stanno condiziona­ndo la campagna elettorale che porterà alle elezioni generali spagnole del 10 novembre.

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La protesta. Migliaia di persone hanno manifestat­o a Barcellona contro la sentenza

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