Turchia, anche l’Italia ferma l’export di armamenti
Dalla Ue niente embargo per l’opposizione di Ungheria e Bulgaria Trivellazioni a Cipro: un mandato per studiare sanzioni mirate
Il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha annuciato che anche l’Italia, dopo Francia e Germania, fermerà le forniture di armi alla Turchia, dopo l’attacco ai curdi in Siria. Sul campo intanto avanzano le truppe siriane a difesa della popolazione curda dopo il ritiro dei soldati Usa. Erdogan annucia l’attacco a Kobane.
I Ventotto hanno trovato ieri un’intesa per condannare le operazioni militari turche in Siria che «mettono seriamente a repentaglio la stabilità e la sicurezza dell’intera regione», provocando «drammatiche conseguenze». Riuniti in Lussemburgo, i ministri degli Esteri non si sono accordati su un embargo europeo contro le vendite di armi alla Turchia, privilegiando il coordinamento tra i Paesi membri. Dal canto suo, l’Italia ha promesso il congelamento dell’export in tempi brevissimi.
«I Paesi membri si impegnano ad avere posizioni nazionali forti a proposito delle loro politiche di esportazione di armi verso la Turchia», si legge in un comunicato. Quest’ultimo ricorda un atto adottato nel 2008 che prevede il coordinamento delle misure nazionali di embargo sulle armi. L’articolo 4 del documento ricorda che «la decisione di trasferire o rifiutare di trasferire una qualsiasi tecnologia o attrezzatura militare resta di competenza esclusiva di ciascuno Stato membro».
L’Alto Rappresentante per la Politica estera Federica Mogherini ha sottolineato l’accordo all’unanimità sul comunicato finale: «Tutti i Paesi si sono impegnati al blocco dell’export degli armamenti alla Turchia». La via nazionale rispetto a quella europea è stata scelta perché in questo modo il provvedimento ha «applicazione più veloce» e permette di superare «complicazioni legali» che riguardano la partecipazione di alcuni Paesi europei alla Nato, una alleanza di cui fa parte anche la Turchia. In questo senso, la discussione ha messo in luce la potenziale incompatibilità politica tra l’appartenenza all’Unione e l’appartenenza alla Nato.
Da qualche giorno, l’esercito turco è entrato sul territorio siriano con l’obiettivo dichiarato di colpire presunte installazioni terroristiche curde. L’operazione, che sta provocando ondate di profughi, è stata facilitata dalla scelta americana di ritirare i propri militari dalla regione.
Nel fine settimana, sia la Francia che la Germania avevano annunciato di voler congelare le loro esportazioni di armi verso la Turchia. Come detto, e per vari motivi – oltre all’aspetto Nato, è prevalsa una scelta diversa: nessun embargo europeo, ma un impegno a «posizioni nazionali forti».
D’altro canto, quando si parla di embargo sulle armi, la paura di alcuni Paesi membri – in primis l’Ungheria e la Bulgaria - è di scatenare la reazione della Turchia che ha già minacciato di lasciare scappare verso l’Europa migliaia di rifugiati attualmente sul proprio territorio. In questo difficile contesto, Ankara ha la capacità di tenere in ostaggio i Ventotto. Anche il Regno Unito ha rumoreggiato ieri contro un embargo comunitario e contro una condanna della Turchia, Paese alleato nella Nato. È probabile che Londra voglia evitare scossoni con Ankara mentre con Brexit sono rimesse in discussione le sue tradizionali alleanze.
Dal canto suo, il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio ha annunciato in Lussemburgo che Roma varerà un decreto ministeriale per bloccare l’export di armi . Si tratta di uno stop «ai prossimi contratti e ai prossimi impegni», ha precisato l’uomo politico a margine della riunione ministeriale. È da ricordare che le commesse in campo militare hanno spesso tempi lunghi, e che quindi l’impatto delle scelte europee potrebbe non farsi sentire rapidamente.
La più recente relazione sull’interscambio italiano di armi con il resto del mondo, pubblicata dalla Presidenza del Consiglio e inviata al Parlamento italiano in aprile, rivela che per l’industria italiana la Turchia è attualmente il terzo mercato di destinazione, dietro al Qatar e al Pakistan e davanti agli Emirati Arabi Uniti. Nel 2018, il Paese ha venduto ad Ankara fino a 362 milioni di euro di armi, rispetto ai 266 milioni del 2017 e ai 133 milioni del 2016.
Infine, un altro fronte aperto con Ankara riguarda le trivellazioni turche al largo di Cipro. Sempre ieri in un comunicato, i Ventotto hanno espresso «piena solidarietà» a Nicosia e chiesto alla signora Mogherini di presentare «rapidamente» proposte in vista di una quadro di «sanzioni mirate contro persone fisiche e morali». L’Unione ha scelto la gradualità. Già in giugno, i Ventotto avevano chiesto alla diplomazia comunitaria di lavorare su eventuali sanzioni mirate.