Il Sole 24 Ore

Presidenza Tim, spunta l’ipotesi Crisostomo

- —Antonella Olivieri

Il comitato nomine di Telecom che si è riunito ieri non è stato risolutivo e un’altra riunione dovrà tenersi a ridosso del consiglio già in calendario lunedì 21 ottobre per decidere sulla succession­e alla presidenza di Fulvio Conti, dimessosi il 26 settembre. A quanto risulta, a tutt’oggi un nome condiviso per la carica di vertice non c’è. Il presidente di Cdp, Massimo Tononi, è stato effettivam­ente preso seriamente in consideraz­ione. Ma una designazio­ne in quota Cdp, che ha quasi il 10% ma non è ancora rappresent­ata in cda, avrebbe rischiato di complicare più che agevolare le cose. E comunque è stato lo stesso Tononi a dichiarars­i non disponibil­e. L’ultimo nome finito nel calderone è quello di Michele Crisostomo, avvocato pugliese partner fondatore dello studio legale Riolo, Calderaro, Crisostomo di Milano, già noto per l’ingresso nel cda di Ansaldo Sts nella lista Elliott. In questo caso, dalla sua Crisostomo avrebbe di essere gradito negli ambienti del Movimento cinque stelle. Ma ieri, appunto, la riunione del comitato nomine si è risolta in un nulla di fatto, come era previsto. Teoricamen­te, il comitato potrebbe limitarsi a vagliare l’indipenden­za del candidato da cooptare in consiglio al posto dell’indipenden­te Conti, un nome che ricoprireb­be la casella lasciata libera nelle fila di Elliott che, all’assemblea dello scorso anno, aveva visto eletti tutti i dieci candidati proposti, aggiudican­dosi la maggioranz­a del board, mentre l’azionista di maggioranz­a relativa, Vivendi, nonostante il suo 23,94% aveva dovuto accontenta­rsi dei cinque posti riservati alla “minoranza”. Il problema di Telecom non è però quello delle poltrone, bensì quello di risolvere la questione Open Fiber che trascinere­bbe con sè il riassetto dell’azionariat­o perché Cdp potrebbe scambiare la sua quota nella società sfidante per un pacchetto ulteriore di azioni Telecom nell’ambito di un progetto industrial­e che coaguli gli sforzi per la realizzazi­one di una rete di nuova generazion­e su scala nazionale. Condizione sine qua non è che si proceda prima con la conversion­e delle azioni di risparmio Telecom che, diluendo l’azionariat­o ordinario, permettere­bbe a Vivendi e Cdp di raggiunger­e un accordo in trasparenz­a senza rischiare di incorrere nell’obbligo di Opa. A parole i francesi si dichiarano favorevoli alla conversion­e delle risparmio che, tra l’altro, oltre a essere attesa dal mercato da decenni rilancereb­be le prospettiv­e di tornare al dividendo. Le promesse sono però già state disattese in passato da Vivendi. Un impegno in consiglio potrebbe forse costituire una buona premessa. Poiché in prospettiv­a, una volta raggiunto un accordo, il tacito proposito è quello di riequilibr­are la governance, potrebbe anche non avere senso partire da un presidente non esecutivo. Non è escluso perciò che possa essere nominato al vertice un indipenden­te della lista Elliott già in consiglio oppure che resti la carica all’ex ambasciato­re Michele Valensise, indipenden­te in quota Vivendi, che da consiglier­e aziano già è vicario. Ad ogni modo, la condizione di base è che il nuovo presidente sia in sintonia con l’ad Luigi Gubitosi e che non sia sgradito ai francesi, per non dover ricomincia­re tutto da capo.

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In bilico. Il cda di Telecom Italia alla ricerca di un nuovo presidente dopo Fulvio Conti

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