LE MISURE ALLO STUDIO
Il taglio del cuneo. In vista l’estensione a 35mila euro di reddito La dote cresce di 4-500 milioni, mini aumento di 40-50 euro annui per chi è sotto i 26.600. Boccia: «Primo passo ma non basta»
1 LAVORO
Con il taglio al cuneo mille euro l’anno per 4,5 milioni di lavoratori
2 PREVIDENZA
Micro rivalutazione per pensioni di importo fino a 2.029 euro
3 MANIFATTURA
Industria 4.0, credito d’imposta fino al 40% Formazione semplificata
Per 4,5 milioni di lavoratori le retribuzioni cresceranno di circa mille euro l’anno per effetto dell’estensione del taglio al cuneo fiscale alle fasce di reddito tra 26.600 euro e 35mila euro. Per i 9,4 milioni e rotti di redditi compresi tra gli 8mila e i 26.600 euro di imponibile l’anno che oggi percepiscono il cosiddetto bonus Renzi, gli 80 euro mensili potrebbero restare così com’è, oppure trasformarsi in detrazioni fiscali. Con i 4-500 milioni di euro aggiuntivi messi sul piatto dal governo, questi lavoratori avranno un mini impatto tra 40 e 50 euro l’anno, in aggiunta ai 960 euro che verranno mantenuti del bonus Renzi, come tali o, in subordine, nella nuova veste di detrazione fiscale. Nessun vantaggio dal taglio delle tasse sul costo del lavoro, invece, per i circa 4milioni di incapienti: per costoro, tuttavia, sono già operative una serie di agevolazioni, compreso il reddito di cittadinanza che intercetta una consistente fetta della no tax area.
Sono queste le primissime stime fatte dai tecnici dei ministeri dell’Economia e del Lavoro sul taglio del cuneo fiscale (differenza tra il lordo e il netto percepito in busta paga) che sarà introdotto dalla legge di Bilancio nella misura di 2,8-3 miliardi per il 2020 che diventeranno 5,5 miliardi nel 2021. Di taglio del cuneo fiscale si è discusso ieri pomeriggio con i leader di Cgil, Cisl e Uil, convocati al Mef dal ministro Roberto Gualtieri, accompagnato dalla ministra Nunzia Catalfo (Lavoro) e dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta (si veda l’articolo in pagina 6) che hanno annunciato l’intenzione di incrementare la dote di circa 500 milioni rispetto a quanto previsto dalla Nota di aggiornamento al Def (Nadef).
Sul taglio del cuneo fiscale è intervenuto anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, per sottolineare che «occorre guardare in un orizzonte di medio termine perché è un primo passo e non basta» e «bisogna affrontare il nodo infrastrutturale usando le risorse già disponibili questa è la sfida che abbiamo davanti a noi». Ieri, a margine del premio Anima, Boccia ha evidenziato la necessità di avere «una visione di medio termine della manovra e di attivare i cantieri quanto prima, per fare una politica anticiclica coerente con la politica monetaria europea».
Tornando al taglio del cuneo, l’ipotesi, quindi, che ancora oggi continua a essere prevalente è quella di rimodulare gli “80 euro” introdotti dal governo Renzi che diventerebbero detrazioni fiscali da estendere ai lavoratori con reddito annuo fino a 35mila euro. Questa ipotesi (che supera l’asticella, finora individuata, dei 26.600 euro) amplia la platea dei lavoratori coinvolti dall’operazione “taglio del cuneo” di circa 4,5 milioni di persone (a tanto infatti, secondo fonti dell’esecutivo, ammonta il numero di addetti che si trova nella fascia tra i 26.600 e i 35mila euro di reddito annuo). L’operazione, il prossimo anno, scatterebbe da luglio, con un meccanismo “a décalage”: chi ha redditi di 20mila euro prenderebbe una certa cifra, chi ha un imponibile di 35mila euro ne avrebbe una più bassa. In media, nel 2020, secondo i primi calcoli, il beneficio dovrebbe attestarsi intorno ai 500 euro annui, per poi raddoppiare, appunto, a mille euro l’anno successivo viste le maggiori risorse a disposizione. Sembra perdere definitivamente quota l’altra ipotesi, alternativa, di includere nella riduzione delle tasse sul lavoro anche gli incapienti. Sempre secondo i tecnici, in questo caso, la detrazione avrebbe potuto agire sotto forma di credito da incassare in sede di dichiarazione dei redditi o di conguaglio annuale da parte del sostituto d’imposta. Un’opzione, tuttavia, tecnicamente molto complessa; e pertanto in via di accantonamento.
Sembra destinata a tramontare anche l’ipotesi di detassare al 10% gli aumenti dei contratti rinnovati nel 2020, caldeggiata dai sindacati e appoggiata dalla Catalfo: lo stop è dovuto a ragioni di costi eccessivi.