Sale la tensione sull’acciaio, produzione e margini in calo
Banzato: problema politico, i nuovi equilibri rischiano di marginalizzare l’Europa Patuanelli: nel contratto con ArcelorMittal non è prevista alcuna immunità
La siderurgia italiana nonpuò contare solo sulle sue forze. Per uscire da una fase congiunturale difficile (-4,5% la produzione nei primi otto mesi dell’anno e redditività frenata dai prezzi in calo), l’acciaio italiano ha bisogno di crescita, ma anche di salvaguardia dalle dinamiche distorsive del commercio internazionale (alle quali si aggiunge da ultimo anche l’effetto Brexit, in particolare sul sistema degli Ets) che rischiano di ostacolare ulteriormente la ripresa che, se ci sarà, è rimandata alla seconda parte dell’anno prossimo. Serve attenzione a temi cruciali come infrastrutture, industria 4.0, ambiente ed energia e, a livello europeo, c’è bisogno di una spinta agli investimenti, magari utilizzando come volano per la crescita uno strumento come gli Eurobond.
È questa l’opinione di Alessandro Banzato, presidente di Federacciai, l’associazione dei siderurgici italiani che si è riunita ieri per l’assemblea annuale. Una riunione durante la quale non è mancata una riflessione sui nodi di crisi a livello territoriale, come quelli relativi ai poli di Taranto e Servola: «Il gruppo Arvedi si è impegnato con investimenti al rispetto dell’Aia, ma nonostante ciò si chiede di pianificare la dismissione del ciclo integrale – ha sintetizzato Banzato -. Quello che sta succedendo a Trieste è paradossale e rischia di diventare un precedente molto preoccupante, soprattutto se viene rapportato alla situazione di Taranto». Proprio oggi era previsto un nuovo incontro al Mise per discutere la road map della chiusura dell’area a caldo di Trieste e il piano di investimenti del gruppo Arvedi sull’area a freddo, ma il tavolo è slittato nei prossimi giorni. Per quanto riguarda ArcelorMittal - che ha riportato l’ex Ilva in Federacciai dopo anni di assenza e in rappresentanza della quale ieri era seduto in platea l’ad Matthieu Jehl Banzato ha ricordato di essere già intervenuto pubblicamente a sostegno del gruppo «quando il Governo stava cambiando le regole del gioco rispetto a quelle che erano in vigore al momento della sottoscrizione del contratto di affitto. Non esiterò – ha aggiunto – a intervenire qualora dovesse ripetersi una situazione simile, ad esempio con ulteriori o continue richieste di revisione delle prescrizioni ambientali, industriali e operative già stabilite». Sul tema ambientale di Taranto, il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ha detto ieri che « né la tutela legale né tanto meno l’immunità sono parti del contratto sottoscritto tra Mise e Mittal. Non è un elemento contrattuale che di fatto determina una rescissione automatica del contratto».
Certo, le vicende di Taranto, Servola, e anche quella di Piombino si collocano in un contesto di mercato difficile per l’acciaio, con una sovracapacità mondiale di 550 milioni di tonnellate, più del triplo di quella che è stata la produzione europea nel 2018. «Ma il problema – ha spiegato Banzato – è politico, e attiene alla definizione di nuovi equilibri mondiali che alcuni vorrebbero costruire marginalizzando l’Europa. Serve una scossa. Per contrastare queste tentazioni serve un’Europa coesa, autorevole, dinamica e capace di stimolare investimenti». Banzato ha giudicato inadeguati gli strumenti di Salvaguardia adottati dall’Ue come reazione al rischio invasione di prodotti a causa dei dazi decisi dall’amministrazione Trump (almeno la prima versione). I rapporti Usa-Cina, oggetto ieri di un’analisi del chief economist di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, sono la chiave di lettura del commercio internazionale. «Dovremo aprire un dibattito con l’amministrazione americana per capire come correggere alcune iniziative – ha detto ieri il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, commentando l’ultima ondata di misure adottate dal Governo Usa –. Abbiamo bisogno di fare crescere la zona euro. Il Parlamento europeo non si stancherà di chiedere alla Commissione ogni strumento efficace per sostenere l’industria dell’acciaio».
Al Governo italiano, Banzato – che ieri ha dichiarato pubblicamente il suo sostegno e di quello dell’associazione alla candidatura di Giuseppe Pasini, past president di Federacciai, alla presidenza di Confindustria – ha chiesto invece «crescita e sviluppo. Sulle infrastrutture chiediamo di partire con quanto già è cantierabile, ma serve un grande piano» ha detto. Un altro volano, nel giudizio di Banzato, è Industria 4.0, che «va rilanciato». L’energia, poi, è una voce fondamentale per i siderurgici: «chiediamo semplicemente – ha sollecitato il presidente – che l’energia elettrica e il gas abbiano in Italia un costo allineato a quelli dei competitor europei».
Infine l’ambiente e la sostenibilità, «una priorità», come ha detto il presidente della Fondazione sviluppo sostenibile Edo Ronchi, intervenuto ieri al dibattito. In occasione dell’assemblea è stata presentata la terza edizione del rapporto di sostenibilità di Federacciai, che evidenzia, tra le altre cose, un calo dei consumi di acqua del 14% negli ultimi 8 anni a parità di produzione e 19 milioni di tonnellate di rottame ferroso rifuse, a conferma della circolarità del comparto. «Noi siderurgici facciamo la nostra parte» ha sintetizzato il presidente.