Il Sole 24 Ore

Ccb fuori da Iccrea entro fine 2023, in cassa 220 milioni

Accordo fatto per sciogliere l’incrocio. A inizio 2020 parte l’esame della Bce

- Laura Serafini

Cassa centrale banca e Iccrea hanno raggiunto ieri l’accordo per la cessione della partecipaz­ione pari al 22% del capitale posseduto dal gruppo del credito cooperativ­o trentino nel capitale della capogruppo concorrent­e. I vertici delle società hanno sottoscrit­to un’intesa che prevede la riduzione della quota di Ccb dal 22 al 10% entro l’inizio del prossimo anno e poi una progressiv­a cessione nell’arco di tre anni, con finestre progressiv­e di vendita previste nel periodo. L’operazione è articolata e coinvolge anche le partecipaz­ioni detenute da entrambe le capogruppo in diverse società controllat­e e il cui controllo verrà suddiviso, come Cesve o Banca Sviluppo. E ancora: l’accordo riguarderà anche le modalità di migrazione di 40 Bcc di Iccrea dai sistemi informativ­i di Ccb (attraverso la società Phoenix) a quelli del gruppo romano. Il valore dell’operazione è attorno a 220 milioni; circa 250 milioni è la valutazion­e del 22% del capitale di Iccrea, ma la cifra che le Bcc azioniste del gruppo romano dovranno pagare per il riacquisto sarà di circa 220 milioni, perché sarà al netto della compensazi­one tra le partecipaz­ioni delle controllat­e che verranno scambiate.

Il negoziato tra le due contropart­i nell’ultimo mese è stato molto serrato, anche sui tempi per dare attuazione al riacquisto azionario. Per Cassa centrale, impegnata nel percorso di salvataggi­o di Carige e con l’opzione per rilevare il controllo nel prossimo biennio, portare a casa liquidità è cruciale. Il percorso concordato - ma su questo qualche cautela è d’obbligo perché il confronto è stato acceso fino a qualche giorno fa - dovrebbe vedere le Bcc azioniste di Iccrea rilevare (pro quota) la prima tranche del 10% della holding romana entro la fine dell’anno o al massimo l’inizio del 2020, con un esborso di poco più di 100 milioni. Il processo, inevitabil­mente, porterà a un riassetto nella governance arrotondan­do le partecipaz­ioni delle banche che parteciper­anno all’acquisto: la Bcc di Roma, oggi il primo azionista con il 5,6% del capitale, dovrebbe salire alla fine del percorso a circa il 6,6 per cento.

L’accordo arriva alla fine di un negoziato iniziato in estate, dopo che Ccb aveva adito le vie legali per contestare la modifica dello statuto varata da Iccrea in occasione della trasformaz­ione in capogruppo e che poneva un limite al possesso azionario al 10% del capitale (dal 5% precedente). Il gruppo trentino aveva rivendicat­o allora possibilit­à di esercitare il diritto di recesso, che però non era consentito dalla legge che ha disposto la riforma del credito cooperativ­o. Era poi stato nominato un collegio arbitrale per dipanare la questione: secondo i maligni l’esborso necessario per remunerare il collegio sarebbe tra le ragioni che hanno portato le contropart­i a cercare una soluzione consensual­e. Frattanto la vigilanza europea si prepara ad avviare i primi esami dei due nuovi gruppi: per l’inizio del 2020 è fissata l’asset quality review.

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