Imprese cessate ancora in vita per i controlli: parola alla Consulta
Il Dlgs 175 prolunga l’esistenza per cinque anni a fini accertativi Ctp Benevento: c’è contrasto tra norme del Codice civile e della legge delega 23/14
Sarà la Corte costituzionale a occuparsi della legittimità della norma che mantiene artificialmente in vita per cinque anni le società cancellate dal Registro delle imprese ai soli fini accertativi e di riscossione di tributi e contributi, con annesso possibile contenzioso. Sulla Gazzetta ufficiale del 25 settembre scorso è stata pubblicata l’ordinanza 142/2019 con cui la Ctp di Benevento, ha rimesso alla Consulta l’articolo 28, comma 4, del Dlgs 175/14 per il vaglio di legittimità costituzionale. Con tale norma il legislatore ha previsto che «ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del Codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese».
La Ctp censura tale disposizione per il mancato rispetto dei limiti fissati dalla legge di delega 23/14, il cui articolo 7 – che è alla base dell’emanazione del decreto delegato – prevedeva «la revisione degli adempimenti, con particolare riferimento a quelli superflui o che diano luogo, in tutto o in parte, a duplicazioni anche in riferimento alla struttura delle addizionali regionali e comunali, ovvero a quelli che risultino di scarsa utilità per l’amministrazione finanziaria ai fini dell’attività di controllo e di accertamento o comunque non conformi al principio di proporzionalità».
È di tutta evidenza che l’artificiosa “resurrezione quinquennale” delle società cessate non elimina alcun adempimento, e anzi ha prodotto ulteriore contenzioso. L’idea di far “rivivere” per cinque anni la società estinta al solo scopo di avere un “simulacro” validamente accertabile per poi azionare la solidarietà sui soci, dimentica che una società estinta è pur sempre un soggetto privo di sede e di legale rappresentante e, come tale, impossibilitato a ricevere qualunque valida notifica nonché a difendersi in giudizio.
In proposito, sostenere, come fa la circolare 6/E/15, che sia valida la notifica presso l’ultimo domicilio fiscale, salva la possibilità di eleggere, all’atto dell’estinzione, un domicilio fiscale “speciale” (articolo 60 Dpr 600/73), pare assai poco condivisibile, e foriero di problemi a non finire, ossia il contrario della “semplificazione” voluta dal legislatore delegante. Il possibile eccesso di delega era già stato ravvisato dalla sentenza 6743/2015 della Cassazione, la quale tuttavia non aveva ritenuto di chiamare in causa la Consulta perché nel caso di specie la disposizione era stata ritenuta inapplicabile. Ricordiamo, infatti, che – nonostante il diverso parere espresso dall’Amministrazione finanziaria con le circolari 6/E/15 e 31/E/14 – la giurisprudenza della Cassazione (da ultimo sentenza 2958/18) è granitica nel riconoscere efficacia all’intervento legislativo in oggetto solo con riferimento alle società cancellate a partire dal 13 dicembre 2014 in poi.
Nell’ordinanza di rimessione viene anche fatto rilevare che la scelta di differire l’efficacia dell’estinzione della società con riguardo ai soli rapporti con il fisco si risolve, in concreto, in un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri creditori sociali, per i quali l’estinzione di una società coincide con la sua cancellazione dal registro delle imprese, restando irrilevante l’esistenza di eventuali debiti societari, rapporti non definiti o procedimenti ancora pendenti. In effetti, si ricorderà che la “risurrezione quinquennale”, assieme da altre norme contenute nello stesso articolo 28 del Dlgs 175/14, si deve ad una richiesta effettuata in sede di audizione parlamentare dall’allora direttore delle Entrate, come una sorta di “contrappeso” all’eliminazione della solidarietà tributaria nei subappalti prevista dai commi 28 e seguenti dell’articolo 35 del decreto 223/06, abrogati proprio dall’articolo 28. Ma la legge delega pare non trattare tale argomento, tanto più che il citato articolo 28 è rubricato «coordinamento, razionalizzazione e semplificazione di disposizioni in materia di obblighi tributari», il che ha poco ha che fare con il contrasto all’evasione. Vedremo se la Consulta, in nome del supremo interesse al recupero fiscale e contributivo, riuscirà a salvare il pasticcio combinato dal legislatore delegato.