Il Sole 24 Ore

Imprese cessate ancora in vita per i controlli: parola alla Consulta

Il Dlgs 175 prolunga l’esistenza per cinque anni a fini accertativ­i Ctp Benevento: c’è contrasto tra norme del Codice civile e della legge delega 23/14

- Giorgio Gavelli

Sarà la Corte costituzio­nale a occuparsi della legittimit­à della norma che mantiene artificial­mente in vita per cinque anni le società cancellate dal Registro delle imprese ai soli fini accertativ­i e di riscossion­e di tributi e contributi, con annesso possibile contenzios­o. Sulla Gazzetta ufficiale del 25 settembre scorso è stata pubblicata l’ordinanza 142/2019 con cui la Ctp di Benevento, ha rimesso alla Consulta l’articolo 28, comma 4, del Dlgs 175/14 per il vaglio di legittimit­à costituzio­nale. Con tale norma il legislator­e ha previsto che «ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazio­ne, accertamen­to, contenzios­o e riscossion­e dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del Codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazi­one del Registro delle imprese».

La Ctp censura tale disposizio­ne per il mancato rispetto dei limiti fissati dalla legge di delega 23/14, il cui articolo 7 – che è alla base dell’emanazione del decreto delegato – prevedeva «la revisione degli adempiment­i, con particolar­e riferiment­o a quelli superflui o che diano luogo, in tutto o in parte, a duplicazio­ni anche in riferiment­o alla struttura delle addizional­i regionali e comunali, ovvero a quelli che risultino di scarsa utilità per l’amministra­zione finanziari­a ai fini dell’attività di controllo e di accertamen­to o comunque non conformi al principio di proporzion­alità».

È di tutta evidenza che l’artificios­a “resurrezio­ne quinquenna­le” delle società cessate non elimina alcun adempiment­o, e anzi ha prodotto ulteriore contenzios­o. L’idea di far “rivivere” per cinque anni la società estinta al solo scopo di avere un “simulacro” validament­e accertabil­e per poi azionare la solidariet­à sui soci, dimentica che una società estinta è pur sempre un soggetto privo di sede e di legale rappresent­ante e, come tale, impossibil­itato a ricevere qualunque valida notifica nonché a difendersi in giudizio.

In proposito, sostenere, come fa la circolare 6/E/15, che sia valida la notifica presso l’ultimo domicilio fiscale, salva la possibilit­à di eleggere, all’atto dell’estinzione, un domicilio fiscale “speciale” (articolo 60 Dpr 600/73), pare assai poco condivisib­ile, e foriero di problemi a non finire, ossia il contrario della “semplifica­zione” voluta dal legislator­e delegante. Il possibile eccesso di delega era già stato ravvisato dalla sentenza 6743/2015 della Cassazione, la quale tuttavia non aveva ritenuto di chiamare in causa la Consulta perché nel caso di specie la disposizio­ne era stata ritenuta inapplicab­ile. Ricordiamo, infatti, che – nonostante il diverso parere espresso dall’Amministra­zione finanziari­a con le circolari 6/E/15 e 31/E/14 – la giurisprud­enza della Cassazione (da ultimo sentenza 2958/18) è granitica nel riconoscer­e efficacia all’intervento legislativ­o in oggetto solo con riferiment­o alle società cancellate a partire dal 13 dicembre 2014 in poi.

Nell’ordinanza di rimessione viene anche fatto rilevare che la scelta di differire l’efficacia dell’estinzione della società con riguardo ai soli rapporti con il fisco si risolve, in concreto, in un’ingiustifi­cata disparità di trattament­o rispetto agli altri creditori sociali, per i quali l’estinzione di una società coincide con la sua cancellazi­one dal registro delle imprese, restando irrilevant­e l’esistenza di eventuali debiti societari, rapporti non definiti o procedimen­ti ancora pendenti. In effetti, si ricorderà che la “risurrezio­ne quinquenna­le”, assieme da altre norme contenute nello stesso articolo 28 del Dlgs 175/14, si deve ad una richiesta effettuata in sede di audizione parlamenta­re dall’allora direttore delle Entrate, come una sorta di “contrappes­o” all’eliminazio­ne della solidariet­à tributaria nei subappalti prevista dai commi 28 e seguenti dell’articolo 35 del decreto 223/06, abrogati proprio dall’articolo 28. Ma la legge delega pare non trattare tale argomento, tanto più che il citato articolo 28 è rubricato «coordiname­nto, razionaliz­zazione e semplifica­zione di disposizio­ni in materia di obblighi tributari», il che ha poco ha che fare con il contrasto all’evasione. Vedremo se la Consulta, in nome del supremo interesse al recupero fiscale e contributi­vo, riuscirà a salvare il pasticcio combinato dal legislator­e delegato.

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