Il Sole 24 Ore

PREVIDENZA, PARITÀ PUBBLICO-PRIVATO

- Di Enrico De Mita

In materia di previdenza complement­are, ai dipendenti pubblici deve essere riconosciu­to il regime agevolato entrato in vigore nel 2007 per i dipendenti privati. È illegittim­o il diverso trattament­o tributario tra dipendenti pubblici e privati, previsto per il riscatto di una posizione individual­e maturata tra il 2007 e il 2017 nei fondi pensione negoziali, trattandos­i di un omogeneo meccanismo di finanziame­nto.

Con la sentenza 218 / 2019 (relatore Antonini), depositata lo scorso 3 ottobre, la Corte costituzio­nale ha, quindi, dichiarato l’illegittim­ità costituzio­nale dell’articolo 23, comma 6, del Dlgs 252/05, che imponeva la tassazione ordinaria ai fini Irpef (articolo 52, comma 1, lettera d-ter Tuir), per i dipendenti pubblici, anziché il più favorevole trattament­o fiscale dell’articolo 14, del Dlgs 252/05.

Dal 1° gennaio 2018, ma senza effetto retroattiv­o, il legislator­e ha equiparato il trattament­o fiscale.

La Ctp di Vicenza aveva sollevato la questione nell’ambito di un giudizio introdotto da un’insegnante che aveva chiesto il rimborso delle maggiori imposte pagate sull’importo riscattato dal Fondo pensione Espero (ordinanza dell’11 ottobre 2017, nella Gazzetta ufficiale 5/2019), ritenendo il contrasto con agli articoli 3 e 53 della Costituzio­ne.

La Corte ha condiviso le censure per violazione del principio di uguaglianz­a, non ritenendo giustifica­bile il diverso trattament­o tributario del riscatto della posizione maturata né per la diversa natura del rapporto di lavoro né per il fatto che l’accantonam­ento del Tfr di dipendenti pubblici sia virtuale in costanza di rapporto di lavoro.

Il regime sostitutiv­o tributario del riscatto, previsto dal Dlgs 252/05 per il settore privato, deve applicarsi, per le annualità 2007 –17, anche ai dipendenti pubblici.

Si tratta di un beneficio con una specifica giustifica­zione costituzio­nale in virtù della sua connession­e del sistema dell’articolo 38, comma 2 della Costituzio­ne (393/2000; 319/2001).

Tale ratio viene ravvisata dalla Corte sia per i dipendenti privati che per quelli pubblici, come dimostrato dalla evoluzione normativa ripercorsa in sentenza, dalla quale emerge che un trattament­o tributario penalizzan­te per questi ultimi si è avuto sono con il il Dlgs 252 del 2005.

Dal regime sostitutiv­o erano rimasti esclusi i dipendenti pubblici, senza alcuna ragionevol­ezza atteso che, come spiegato dalla Corte, l’individuaz­ione della specifica disciplina applicabil­e avveniva in ragione della natura del rapporto di lavoro (pubblico o privato) dell’aderente a una forma di previdenza complement­are, a fronte di situazioni omogenee.

Dal 1° gennaio 2007, per effetto della mancata attuazione dei principi e criteri direttivi della legge 243 /04 per il settore pubblico, si è originata una distinzion­e di disciplina con riferiment­o a vari istituti della previdenza complement­are, tra cui il riscatto di una posizione individual­e e il connesso regime tributario.

La Corte, con un intervento di razionaliz­zazione della disciplina, elimina una differenzi­azione del regime tributario che, creatasi in qualche modo, quasi accidental­mente, era caratteriz­zata da una irragionev­ole disomogene­ità del regime tributario del riscatto della - funzionalm­ente identica - posizione individual­e maturata in un fondo pensione da un dipendente pubblico rispetto a quella maturata da un dipendente privato.

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