Il Sole 24 Ore

Iva, uso del plafond disponibil­e per le operazioni nell’anno

Per la Cassazione non conta la data di registrazi­one della nota di variazione Si deve far riferiment­o solo al periodo di realizzo dell’operazione

- Simona Ficola Benedetto Santacroce

Utilizzo del plafond disponibil­e solo per le operazioni effettuate nell’anno. La Corte di cassazione, con la sentenza 25485 del 10 ottobre scorso, ha sottolinea­to che ai fini della operativit­à del meccanismo del plafond Iva, è del tutto irrilevant­e il momento di registrazi­one della eventuale nota di variazione che rettifica l’operazione originaria, dovendosi far riferiment­o unicamente all’anno in cui l’operazione stessa si è realizzata.

A dir vero il principio è già stato sostenuto dalla stessa Cassazione, ma i verificato­ri continuano a disattende­rlo.

In particolar­e, nella fattispeci­e oggetto di contenzios­o, la contribuen­te aveva emesso fatture senza applicazio­ne dell’imposta, previa presentazi­one di regolare dichiarazi­one di intento.

Tuttavia, a causa di una integrazio­ne di prezzo dell’operazione originaria intervenut­a nel periodo di imposta successivo, le fatture sono state oggetto di rettifica tramite l’emissione di una nota di variazione in base all’articolo 26 del Dpr 633/72, emessa anch’essa senza applicazio­ne dell’imposta in virtù di nuova dichiarazi­one di intento presentata in detto anno successivo. Peraltro, in epoca successiva alla rettifica dei prezzi della merce ceduta, la dichiarazi­one di intenti era stata revocata, con conseguent­e impossibil­ità di far rientrare la rettifica del prezzo nell’anno di effettuazi­one dell’operazione originaria. L’acquirente, quindi, si è avvalso del plafond relativo all’anno successivo e della nuova dichiarazi­one di intenti onde beneficiar­e nuovamente della non applicazio­ne dell’imposta.

Ebbene, la Suprema corte ha confermato la sentenza di merito non condividen­do l’operato del contribuen­te, affermando che deve prevalere l’anno di registrazi­one dell’operazione originaria.

Diversamen­te argomentan­do, la disposizio­ne si presterebb­e a facili elusioni, potendo il soggetto che è vicino al raggiungim­ento del plafond limitarsi ad emettere e registrare una fattura per un importo inferiore a quello dovuto e poi procedere, l’anno successivo, a registrare una modificazi­one di prezzo ai sensi dell’articolo 26 del decreto Iva, benefician­do dell’esenzione conseguent­e al nuovo plafond disponibil­e.

L’orientamen­to della giurisprud­enza di legittimit­à è univoco nel ritenere che, ai fini della formazione del plafond, deve aversi riguardo all’operazione originaria­mente registrata; e ciò, anche nelle ipotesi in cui quest’ultima sia stata annullata, ad esempio, in relazione alla successiva emissione di una nota di credito.

Nella sentenza in commento, la Suprema corte ha enunciato un principio di diritto secondo cui in tema di Iva e con riguardo al regime di non applicazio­ne dell’imposta, che i giudici definiscon­o come regime di sospension­e del pagamento dell’imposta previsto per le cessioni all’esportazio­ne, deve farsi riferiment­o, ai fini della verifica del rispetto del plafond annualment­e previsto per beneficiar­e dell’agevolazio­ne, all’anno di registrazi­one della fattura relativa all’operazione originaria e non già a quello di registrazi­one del documento fiscale con il quale vengono apportate modifiche alla predetta fattura, nel rispetto della procedura di variazione di cui all’articolo 26 del decreto Iva.

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