Il Sole 24 Ore

Il condominio diligente non risponde degli incidenti

Il principio è quello di dare un’informazio­ne corretta e avere un’impresa in regola Occorre un appalto doc per evitare di incorrere in un omicidio colposo

- Giulio Benedetti

L’amministra­tore diligente, in veste di appaltante, non è responsabi­le della morte dell’appaltator­e. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 23121/2019 (sezione IV).

Il contratto di appalto è deciso dall’assemblea condominia­le e l’amministra­tore deve curare la sua esecuzione, in base all’articolo 1130 del Codice civile e non deve trascurare gli articoli 90 e 93 del Dlgs 81/2008 che obbligano il committent­e a verificare l’idoneità tecnica profession­ale dell’appaltator­e, e ad acquisirne la relativa visura camerale e il Durc.

L’orientamen­to della Cassazione va letto attraverso di recenti sentenze: la 29068/2019 della III sezione, che ha affermato che l’affidament­o di un contratto di appalto a un'impresa priva dei requisiti è fonte di responsabi­lità penale per l’appaltante. La sentenza ha quindi respinto il ricorso di un amministra­tore condominia­le avverso la sua condanna per omicidio colposo di un appaltator­e il quale moriva, per la caduta da un ponteggio montato per il rifaciment­o della facciata, dal secondo o terzo piano dell’edificio condominia­le. All’amministra­tore era stata contestata la violazione della normativa di sicurezza per non avere verificato l’idoneità tecnico profession­ale dell’impresa appaltatri­ce.

A opposta conclusion­e è pervenuta la IV sezione (sentenza 23121/ 2019) che ha annullato la sentenza che aveva condannato i committent­i, per omicidio colposo di un installato­re di un impianto elettrico all’interno di un condominio. In particolar­e, l’elettricis­ta era stato fulminato da una scarica elettrica originata da un impianto condominia­le privo dell’interrutto­re differenzi­ale “salvavita”.

I presuppost­i del caso, però, erano ben diversi da quelli della sentenza 29068, anche se il principio è identico: la Cassazione constatava infatti che i condòmini conferivan­o all’elettricis­ta l’appalto di rifaciment­o dell’impianto elettrico condominia­le, in quanto privo della “messa a terra”, e avevano verificato la sua qualifica profession­ale in quanto la sua impresa era iscritta , per l’effettuazi­one dei predetti lavori, alla Camera di commercio. L’elettricis­ta si era impegnato a rilasciare la certificaz­ione di conformità , prevista dal Dm 37/2008, dei lavori effettuati.

L’articolo 8 del Dm 37/2008 prevede l’obbligo per il proprietar­io di affidare i lavori di installazi­one elettrica a un’impresa abilitata che al termine dei lavori, previa l’effettuazi­one delle verifiche stabilite , rilascia al committent­e la dichiarazi­one di conformità degli impianti alla regola dell’arte. La sentenza richiama la propria giurisprud­enza per cui l’appaltator­e privato, privo di particolar­i competenze tecniche, ha l’onere generale di mettere il prestatore di opera nelle condizioni di operare in sicurezza, segnalando gli eventuali pericoli.

La Corte escludeva la responsabi­lità dei committent­i poiché l’appalto prevedeva la sostituzio­ne dei campanelli ai piani dei singoli condomini e quindi la prova sul funzioname­nto dei medesimi, e perché, sotto il profilo causale, a fronte delle gravi imprudenze in cui era incorso l’elettricis­ta, la presenza nell’appartamen­to degli imputati dell’interrutto­re differenzi­ale non avrebbe comunque garantito la sopravvive­nza della vittima.

La Corte di cassazione, pertanto, annullava la sentenza di condanna poiché l’affermazio­ne di responsabi­lità degli imputati si basava su argomenti privi di idonea prova ed era inesatta la ricostruzi­one del nesso causale. Inoltre la responsabi­lità del committent­e è stata ravvisata quando questi travalichi il suo ruolo e si ingerisca nella organizzaz­ione per l’esecuzione dell’appalto e assuma , così, una posizione direttiva perchè si ingerisce nella direzione dei lavori.

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