Acquisti centralizzati, risparmi a 800 milioni
Con accordi e convenzioni taglio dei prezzi sulle apparecchiature fino al 45%, ma le imprese frenano: «Qualità non garantita, il ritardo tecnologico penalizza i cittadini»
Trentatrè miliardi di euro su 95 miliardi complessivi: un terzo della spesa per beni e servizi della Pubblica amministrazione è imputabile al Servizio sanitario nazionale, tra beni e servizi di uso comune (dai computer ai buoni pasto) e spesa di settore. Che significa apparecchiature diagnostiche, dispositivi medici e farmaci. Ed è qui che in tempi dove la parola d’ordine spending review è stata fin troppo abusata si è cercato di ricavare risparmi. Con una scommessa non da poco: spendere meno mantenendo alti livelli di qualità dei servizi e delle prestazioni. Che in un sistema universalistico come il nostro significa perseguire la sostenibilità del Ssn offrendo a tutti i cittadini garanzia di cure efficienti. Il tutto in un Paese che nell’ultimo decennio sconta un drenaggio costante di risorse dedicate alla sanità pubblica e un parco tecnologico vetusto. Tanto che l’Italia a luglio scorso è risultata di nuovo inadempiente rispetto alle “golden rule” fissate da Cocir, l’associazione europea di diagnostica per immagini secondo cui il parco tecnologico di un Paese è adeguato se almeno il 60% delle apparecchiature ha un’età non superiore a cinque anni e non oltre il 30% è tra i sei e i dieci anni.
Nel “work in progress” per conciliare in sanità innovazione tecnologica e conti è impegnata Consip insieme alle Centrali regionali di committenza. «Il nostro metodo di lavoro – spiega l'amministratore delegato di Consip Cristiano Cannarsa - si fonda sulla collaborazione con tutti gli attori del sistema: i pazienti e i medici, destinatari dei beni e servizi; le amministrazioni sanitarie, in equilibrio tra necessità di razionalizzare la spesa e di mantenere un elevato livello dei servizi; il mercato della fornitura, sfidato sulla frontiera dell’innovazione. Le ultime iniziative su dispositivi medici come suture chirurgiche e stent e su tomografi a risonanza magnetica testimoniano un sistema di collaborazione che produce risparmio e qualità. Ad esempio – avvisa Cannarsa - sulle grandi apparecchiature di ultima generazione si ottengono sconti fino al 45% rispetto ai prezzi di acquisto delle amministrazioni. Nel biennio 2017-2018 le convenzioni e gli accordi quadro nel settore sanitario hanno generato nel complesso risparmi per un miliardo di euro e – annuncia ancora l’Ad Consip - le stime 2019 prospettano un dato in ulteriore crescita che si attesta a oltre 800 milioni di euro».
Risparmi da acquolina in bocca, se si pensa alle tante voci in cui quei denari potrebbero essere utilmente reinvestiti sempre nell’ambito della sanità pubblica. C’è in ballo l'eliminazione totale del superticket, ad esempio, che proprio per la coperta troppo corta del Fondo sanitario nazionale il ministro della Salute Roberto Speranza deve contentarsi di annunciare in legge di Bilancio. Per poi aggredire il balzello a partire da metà 2020.
A puntare l’indice contro «la logica del risparmio a tutti i costi» sono però le imprese. «Di gare ben riuscite ce ne sono – afferma Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici – ma la strada da seguire non può essere quella della centralizzazione degli acquisti, che funziona davvero solo per una fascia molto ridotta di prodotti. Va adottato invece il modello per aree territoriali aggregate e omogenee, dove si riesce a scegliere la tecnologia più appropriata rispetto agli obiettivi di salute a 5-7 anni. E poi vanno pensate formule d'acquisto innovative come il noleggio, il pay per use e l'acquisto inclusivo di servizi». Un terreno su cui Consip si è incamminata ma che per Boggetti è di fatto «impraticabile nel caso di gare centralizzate, uguali per tutti». Non si tratta di meri tecnicismi: «A monte – avverte Boggetti – c’è una scelta politica. È ormai provato che il ritardo tecnologico e nell’accesso all’innovazione aggrava i costi del Servizio sanitario nazionale e lo rende quindi sempre meno sostenibile. A tutto vantaggio del privato, che invece sui macchinari innovativi negli anni ha continuato a investire. Attraendo i pazienti, ma solo quelli che possono permetterselo. Anche in vista della possibile revisione della compartecipazione per reddito, se permarrà il ritardo storico nelle tecnologie del Ssn, c’è il rischio concreto che le classi più fragili possano accedere soltanto a un Ssn con tecnologie di serie B».
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Accordo su cure innovative