Credito ammesso, ma l’Agenzia dimentica le sanzioni
Caduta la pretesa la lite rimane su penalità e interessi
Il contribuente che può scomputare i crediti prima non riconosciuti cancella la pretesa del Fisco, sia in relazione ai crediti, sia per gli importi collegati. Per la Cassazione, ordinanza 25288/19, il riconoscimento del credito omesso cancella perciò le sanzioni e gli interessi. La dichiarazione annuale presentata dopo 90 giorni dalla scadenza del termine, e perciò considerata «omessa», non pregiudica il diritto al credito delle imposte, se spettante. Ma alcuni uffici rimangono fermi nella richiesta di sanzioni e interessi. Ne sa qualcosa un contribuente siciliano che da un anno fa continue richieste all’ufficio competente senza ottenere l’annullamento chiesto. Ecco i fatti.
Le Entrate, a seguito di un controllo automatizzato del modello Iva 2016 chiede il pagamento di somme per minor credito Iva di 4.398 euro, più sanzioni 1.319,40 euro, oneri di riscossione 185,30 euro, interessi e spese 465,21 euro, in totale 6.367,91 euro. Contro la richiesta di pagamento, il contribuente presenta un’istanza di annullamento in autotutela, segnalando che non esiste alcun minor credito Iva. La conferma che la richiesta è sbagliata viene dallo stesso ufficio che, con provvedimento convalidato il 1° aprile 2019, annulla l’importo del presunto minor credito Iva. Di conseguenza, dovevano essere annullati anche sanzioni, oneri di riscossione, interessi e spese. Un atto dovuto in quanto si tratta di somme direttamente collegate al presunto credito Iva già annullato. Per l’ufficio, però, restano dovute sanzioni e interessi, in contrasto con il principio sancito dai giudici di legittimità.
Gli uffici, purtroppo, si sono dimenticati dell’autotutela mentre l’ufficio emittente non ha il potere «di decidere se correggere o no i propri errori». Quello che non si capisce è perché alcuni uffici, di fronte ad accertamenti illegittimi e infondati, proseguono la lite fino alla Cassazione. Purtroppo, nel momento in cui parte un accertamento o una richiesta errata di pagamento, è inevitabile che il contenzioso dovrà superare i tre gradi di giudizio. Non è giusto, ma gli uffici sperano in una sentenza a “sorpresa” da parte dei giudici tributari, che possa giustificare il loro operato. Inoltre, chi paga è sempre e soltanto il contribuente, non certo il singolo funzionario che emette l’accertamento o chiede pagamenti non dovuti e prosegue il contenzioso.
In occasione della protesta di domani dei lavoratori delle Entrate e delle Dogane, per denunciare carenza di personale, organizzazione obsoleta e taglio dei fondi, i commercialisti Adc e Anc invitano le istituzioni a non essere indifferenti. Gli uffici del Fisco - scrivono Adc e Anc - hanno il diritto di lavorare in condizioni adeguate per non compromettere la qualità dei servizi ai cittadini. Adc e Anc ricordano anche che si attende ancora la remissione in termini per i professionisti che hanno partecipato allo sciopero di ottobre.