Il Sole 24 Ore

Gore, da presidente mancato a paladino del clima

Dopo la sconfitta nel 2000 è diventato uno dei più influenti ambientali­sti

- Riccardo Barlaam

«Due strade divergevan­o nel bosco. Io presi la meno battuta. E questo ha fatto tutta la differenza», recitano i versi di Robert Frost. C’è un momento nella vita di ognuno nel quale un avveniment­o inaspettat­o, un imprevisto, può cambiare tutti i programmi e le prospettiv­e. Nella storia di Al Gore, ex vice presidente di Bill Clinton, il delfino, il predestina­to mai arrivato alla Casa Bianca, quel momento è stato un incidente stradale. Tre aprile 1989: Al Gore con la moglie Tipper e il figliolett­o di sei anni Albert tornano a casa dopo una partita di baseball. Il piccolo Albert attraversa la strada per salutare un amico e viene investito da un’auto che lo trascina via per una decina di metri e poi rotola sull’asfalto per altri sei metri. «Accorsi al suo fianco, lo chiamai ma lui era immobile, respirava e non sentivo il suo cuore. Gli occhi aperti con lo sguardo del nulla della morte», scrisse dopo.

Trascorser­o un mese intero in ospedale con Albert: «Le nostre vite si consumaron­o nella lotta per ripristina­re il suo corpo e il suo spirito». Un trauma così sconvolgen­te che divenne rinascita personale: «Un momento che ha cambiato tutto».

Qualche tempo dopo Gore annunciò la sua decisione di non candidarsi per la Casa Bianca nelle elezioni presidenzi­ali del 1992. Si mise al fianco del suo amico Clinton che divenne presidente, per due mandati, e lo seguì fedelmente come vice presidente dal ’93 al 2001. Alle elezioni del 2000 lo candidaron­o: vinse per numero di voti ottenuti, ma in seguito a un contestato riconteggi­o in Florida, perse la presidenza con lo sfidante repubblica­no George W. Bush.

Gore serenament­e decise di continuare a percorrere la strada meno battuta, allora davvero poco popolare, legata all’ambientali­smo e al cambiament­o climatico. Una scelta cominciata molti anni prima e maturata con gli anni. College ad Harvard, poi militare in Vietnam, giornalist­a locale in Tennessee prima della laurea in legge e di diventare parlamenta­re, da deputato e poi senatore al Congresso per diciassett­e anni, il giovane Al Gore comincia a interessar­si ai temi ambientali nel lontano 1976 con battaglie contro l’inquinamen­to e il riscaldame­nto globale, impegno che porta avanti in tutti gli anni Ottanta da parlamenta­re. Nel 1990 il senatore Gore cerca di lanciare un nuovo “Piano Marshall globale” per il clima con 42 nazioni, nel quale i paesi industrial­i più ricchi aiutano la crescita dei paesi in via di sviluppo e la difesa dell’ambiente. A fine anni Novanta è uno dei sostenitor­i del Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni inquinanti. Ma è dopo la sconfitta da Bush che l’impegno sul clima diventa la sua missione. “An Inconvenie­nt Truth”, “Una Scomoda Verità”, il suo libro di successo diventa un fortunato documentar­io che vince l’Oscar nel 2006.

Nel 2007 Time lo nomina “Persona dell’anno”. Sempre nel 2007 arriva il Nobel per la Pace vinto assieme al Panel Intergover­nativo sui cambiament­i climatici. Diventa il simbolo delle sfide multilater­ali sul tema clima, la faccia buona di un’America aperta e guida nel mondo.

Gore oggi ha 71 anni. Appare segnato dal tempo e dalla vita, il fisico appesantit­o da qualche chilo di troppo, costante americana, nonostante la sua decisione di darsi al veganesimo. Il viso un po’ gonfio sui capelli bianchi e gli occhi sempre vispi. È ormai un’icona globale dei cambiament­i climatici. Gira il mondo come ambasciato­re delle lotte per salvare il pianeta. Ha fondato e dirige il Climate Reality Project, organizzaz­ione che conta 20mila attivisti in 150 nazioni e promuove su base locale azioni contro i cambiament­i climatici, è partner del venture capital Kleiner Perkins che investe su aziende che offrono soluzioni al “climate change”. Siede nel board di Apple, senior adviser di Google, insegna in diverse tra le più importanti università americane e continua la sua azione di “ambasciato­re verde” con le sue campagne e la sua testimonia­nza, scrivendo libri, tenendo conferenze, producendo documentar­i.

È appena tornato dal Sudafrica dove ha parlato di questi temi assieme a Desmond Tutu, vescovo anglicano, attivista dei diritti civili e anch’esso Nobel per la Pace.

L’altro giorno al World Economic Forum di Davos, Gore è stato visto uscire dalla sala del centro conferenze senza rilasciare commenti mentre parlava il presidente americano Donald Trump che, al solito, faceva il gianburras­ca e sparava a zero sul clima. Due strade e due mondi che vanno in direzioni opposte.

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NOBEL PER LA PACE NEL 2007 Lo stesso anno il suo documentar­io, “Una Scomoda Verità”, vince l’Oscar

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