«Né con Greta né con Trump, gli estremi non portano soluzioni»
Dà torto a Greta, ma non dà ragione a The Donald. La presidente della principale compagnia petrolifera italiana sta partecipando a numerosi panel al World Economic Forum e ha seguito con attenzione il duello mediatico andato in scena a Davos tra il presidente americano e la giovane attivista svedese.
«Da nessuno dei due prendo la soluzione – afferma Emma Marcegaglia. Di Trump apprezzo l’ottimismo e il focus sulle tecnologie e il libero mercato, non quella che appare come una evidente sottovalutazione del problema del Climate Change. Di Greta accolgo la sensibilizzazione sul problema del cambiamento climatico, non le proposte del tutto irrealistiche con richiami apocalittici: la voce dei giovani va ascoltata con attenzione e rispetto, ma non ci sono ricette che possano risolvere dall’oggi al domani il problema della transizione energetica in un mondo che ancora si basa per l’80% sulle fonti fossili e in cui la domanda di energia è proiettata in aumento del 25% al 2030, quando la popolazione mondiale sarà aumentata di un miliardo».
Non si risolve nulla, continua, dando addosso alle compagnie dell’Oil & Gas con l’invocare il totale e immediato stop agli investimenti nei combustibili fossili: «Serve un approccio pragmatico per accelerare una transizione che è necessaria ma anche difficilissima».
Non è vera, dice, la sconsolata affermazione di Greta secondo cui «nessuno fa niente», basata semplicisticamente sulla considerazione che le emissioni ncive nell’atmosfera non stanno ancora diminuendo.
«In questa edizione del Forum, focalizzata sulla sostenibilità, emerge con chiarezza che dal settore privato si sta lavorando molto e si stanno facendo passi avanti anche inediti. Dal punto di vista politico, sul piano delle intese internazionali, al contrario mi pare che sia preoccupante la situazione di stallo: nell’ultima Conferenza mondiale sul clima non c’era neanche una idea precisa su cosa negoziare. Servono invece un coordinamento e una cooperazione tra settore finanziario, mondo produttivo e governi, a partire dalla promozione di uno sviluppo più accelerato di nuove tecnologie, il che richiede enormi investimenti».
Anche la presidente dell’Eni ha ricevuto la lettera del boss del principale asset manager del mondo, Larry Fink, che ha minacciato – questa volta in modo più credibile rispetto al passato – di cassare dalla lista dei potenziali target di investimento di Black-Rock le società che non mostrano di voler delineare e attuare chiare strategie sul fronte ambientale. «Mi pare che per la prima volta il mondo della finanza si manifesti una spinta molto seria nel sollecitare il contrasto al climate change – osserva Marcegaglia –. Lo ritengo uno sviluppo molto positivo, a patto che non siano messe nel mirino in modo indiscriminato le imprese produttrici di energia in quanto tali».
Anche sul fronte della precisazione e standardizzazione delle regole sull’accounting delle strategie verdi delle imprese (chiamate a valutare aspetti non finanziari), a Davos si stanno facendo progressi che
«IL SETTORE PRIVATO LAVORA MOLTO E FA PASSI AVANTI. LA POLITICA INVECE È IN STALLO»
si spera possano aiutare gli investitori a distinguere meglio tra chi prende sul serio il problema e chi tende a fare un mero e ingannevole «green washing».
«Questo sviluppo nell’accounting ci agevolerebbe, perché nel settore puntiamo alla leadership. I riconoscimenti che riceviamo ci fanno molto piacere: ad esempio nel 2019, per il terzo anno consecutivo, Eni ha ottenuto lo score A- , tra i più alti, nella valutazione indipendente CDP Climate Change, mentre a novembre ci è stato assegnato il rating A di Msci ESG. La nostra strategia, annunciata l’anno scorso, ha fissato l’obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica, ossia zero emissioni nette, al 2030 nelle attività upstream. Già al 2025 siamo impegnati a ridurre del 43% l’intensità emissiva delle operazioni upstream rispetto al 2014. Nella nuova strategia che comunicheremo tra non molto fisseremo ulteriori target».
Non tutti agiscono nello stesso modo, tanto che la stessa Agenzia internazionale dell’Energia, in un nuovo rapporto emesso in occasione del Word Economic Forum, ha avuto finalmente il coraggio di evidenziare che le grandi società statali del settore petrolifero fanno troppo poco. «Le IOC, le grandi compagnie private, hanno una performance ben diversa. Ma tutti dovrebbero fare la loro parte. E non vale solo per le aziende: se l’Europa conta per il 9% delle emissioni totali, anche azzerarle nel nostro continente non avrebbe certo un impatto decisivo sul pianeta se altrove non ci si muove». L’idea, afferma Marcegaglia, sarebbe «arrivare a un carbon price che sia valido a livello globale. In Europa abbiamo un sistema ma fondamentalmente ce l’abbiamo solo noi. Se invece subentrasse un prezzo delle emissioni in tutto il mondo, l’investimento su fonti a basso impatto ambientale avrebbe una accelerazioen ben maggiore».
Nel suo discorso di Davos, Donald Trump si è vantato del fatto che, sotto la sua Amministrazione, gli Stati Uniti sono diventati il maggior produttore mondiale di petrolio e gas. E ha fatto intendere che l’Europa dovrà comprare molto shale gas americano nel quadro di un nuovo accordo commerciale bilaterale. «Anche se venisse raggiunta questo tipo di intesa a livello politico, non credo che ci sarebbero conseguenze per noi. Le dinamiche di mercato dovranno giocare comunque un ruolo fondamentale. È vero che il prezzo del gas è molto basso negli Stati Uniti, ma è basso anche altrove e l’incidenza del costo di trasporto potrebbe rendere non necessariamente conveniente l’approvvigionamento europeo con gas americano».
A Davos, tra i giovani attivisti, è emersa una nuova Greta, l’indonesiana 19enne Melati Wisjen, anche con idee nuove: «Invece che insistere sugli scioperi scolastici pro-clima ha detto - , potremmo esigere che le istituzioni scolastiche dedichino specifici programmi all’educazione al contrasto dei cambiamenti climatici e ad approfondire il problema». Un’ottima idea, dice la presidente dell’Eni, «tanto più che serve anche un atteggaimento più responsabile da parte dei consumatori. A proposito, l’Eni ha appena firmato un accordo con l’Associazione Nazionale Presidi per la formazione dei docenti sulle tematiche ambientali, a supporto dei programmi di educazione civica».