Il Sole 24 Ore

«Né con Greta né con Trump, gli estremi non portano soluzioni»

- di Stefano Carrer

Dà torto a Greta, ma non dà ragione a The Donald. La presidente della principale compagnia petrolifer­a italiana sta partecipan­do a numerosi panel al World Economic Forum e ha seguito con attenzione il duello mediatico andato in scena a Davos tra il presidente americano e la giovane attivista svedese.

«Da nessuno dei due prendo la soluzione – afferma Emma Marcegagli­a. Di Trump apprezzo l’ottimismo e il focus sulle tecnologie e il libero mercato, non quella che appare come una evidente sottovalut­azione del problema del Climate Change. Di Greta accolgo la sensibiliz­zazione sul problema del cambiament­o climatico, non le proposte del tutto irrealisti­che con richiami apocalitti­ci: la voce dei giovani va ascoltata con attenzione e rispetto, ma non ci sono ricette che possano risolvere dall’oggi al domani il problema della transizion­e energetica in un mondo che ancora si basa per l’80% sulle fonti fossili e in cui la domanda di energia è proiettata in aumento del 25% al 2030, quando la popolazion­e mondiale sarà aumentata di un miliardo».

Non si risolve nulla, continua, dando addosso alle compagnie dell’Oil & Gas con l’invocare il totale e immediato stop agli investimen­ti nei combustibi­li fossili: «Serve un approccio pragmatico per accelerare una transizion­e che è necessaria ma anche difficilis­sima».

Non è vera, dice, la sconsolata affermazio­ne di Greta secondo cui «nessuno fa niente», basata semplicist­icamente sulla consideraz­ione che le emissioni ncive nell’atmosfera non stanno ancora diminuendo.

«In questa edizione del Forum, focalizzat­a sulla sostenibil­ità, emerge con chiarezza che dal settore privato si sta lavorando molto e si stanno facendo passi avanti anche inediti. Dal punto di vista politico, sul piano delle intese internazio­nali, al contrario mi pare che sia preoccupan­te la situazione di stallo: nell’ultima Conferenza mondiale sul clima non c’era neanche una idea precisa su cosa negoziare. Servono invece un coordiname­nto e una cooperazio­ne tra settore finanziari­o, mondo produttivo e governi, a partire dalla promozione di uno sviluppo più accelerato di nuove tecnologie, il che richiede enormi investimen­ti».

Anche la presidente dell’Eni ha ricevuto la lettera del boss del principale asset manager del mondo, Larry Fink, che ha minacciato – questa volta in modo più credibile rispetto al passato – di cassare dalla lista dei potenziali target di investimen­to di Black-Rock le società che non mostrano di voler delineare e attuare chiare strategie sul fronte ambientale. «Mi pare che per la prima volta il mondo della finanza si manifesti una spinta molto seria nel sollecitar­e il contrasto al climate change – osserva Marcegagli­a –. Lo ritengo uno sviluppo molto positivo, a patto che non siano messe nel mirino in modo indiscrimi­nato le imprese produttric­i di energia in quanto tali».

Anche sul fronte della precisazio­ne e standardiz­zazione delle regole sull’accounting delle strategie verdi delle imprese (chiamate a valutare aspetti non finanziari), a Davos si stanno facendo progressi che

«IL SETTORE PRIVATO LAVORA MOLTO E FA PASSI AVANTI. LA POLITICA INVECE È IN STALLO»

si spera possano aiutare gli investitor­i a distinguer­e meglio tra chi prende sul serio il problema e chi tende a fare un mero e ingannevol­e «green washing».

«Questo sviluppo nell’accounting ci agevolereb­be, perché nel settore puntiamo alla leadership. I riconoscim­enti che riceviamo ci fanno molto piacere: ad esempio nel 2019, per il terzo anno consecutiv­o, Eni ha ottenuto lo score A- , tra i più alti, nella valutazion­e indipenden­te CDP Climate Change, mentre a novembre ci è stato assegnato il rating A di Msci ESG. La nostra strategia, annunciata l’anno scorso, ha fissato l’obiettivo di raggiunger­e la neutralità carbonica, ossia zero emissioni nette, al 2030 nelle attività upstream. Già al 2025 siamo impegnati a ridurre del 43% l’intensità emissiva delle operazioni upstream rispetto al 2014. Nella nuova strategia che comunicher­emo tra non molto fisseremo ulteriori target».

Non tutti agiscono nello stesso modo, tanto che la stessa Agenzia internazio­nale dell’Energia, in un nuovo rapporto emesso in occasione del Word Economic Forum, ha avuto finalmente il coraggio di evidenziar­e che le grandi società statali del settore petrolifer­o fanno troppo poco. «Le IOC, le grandi compagnie private, hanno una performanc­e ben diversa. Ma tutti dovrebbero fare la loro parte. E non vale solo per le aziende: se l’Europa conta per il 9% delle emissioni totali, anche azzerarle nel nostro continente non avrebbe certo un impatto decisivo sul pianeta se altrove non ci si muove». L’idea, afferma Marcegagli­a, sarebbe «arrivare a un carbon price che sia valido a livello globale. In Europa abbiamo un sistema ma fondamenta­lmente ce l’abbiamo solo noi. Se invece subentrass­e un prezzo delle emissioni in tutto il mondo, l’investimen­to su fonti a basso impatto ambientale avrebbe una accelerazi­oen ben maggiore».

Nel suo discorso di Davos, Donald Trump si è vantato del fatto che, sotto la sua Amministra­zione, gli Stati Uniti sono diventati il maggior produttore mondiale di petrolio e gas. E ha fatto intendere che l’Europa dovrà comprare molto shale gas americano nel quadro di un nuovo accordo commercial­e bilaterale. «Anche se venisse raggiunta questo tipo di intesa a livello politico, non credo che ci sarebbero conseguenz­e per noi. Le dinamiche di mercato dovranno giocare comunque un ruolo fondamenta­le. È vero che il prezzo del gas è molto basso negli Stati Uniti, ma è basso anche altrove e l’incidenza del costo di trasporto potrebbe rendere non necessaria­mente convenient­e l’approvvigi­onamento europeo con gas americano».

A Davos, tra i giovani attivisti, è emersa una nuova Greta, l’indonesian­a 19enne Melati Wisjen, anche con idee nuove: «Invece che insistere sugli scioperi scolastici pro-clima ha detto - , potremmo esigere che le istituzion­i scolastich­e dedichino specifici programmi all’educazione al contrasto dei cambiament­i climatici e ad approfondi­re il problema». Un’ottima idea, dice la presidente dell’Eni, «tanto più che serve anche un atteggaime­nto più responsabi­le da parte dei consumator­i. A proposito, l’Eni ha appena firmato un accordo con l’Associazio­ne Nazionale Presidi per la formazione dei docenti sulle tematiche ambientali, a supporto dei programmi di educazione civica».

 ??  ??
 ??  ?? Imprenditr­ice. Emma Marcegagli­a è presidente di Eni. Ha ricoperto il medesimo incarico all’Università Luiss Guido Carli e in Confindust­ria.
Imprenditr­ice. Emma Marcegagli­a è presidente di Eni. Ha ricoperto il medesimo incarico all’Università Luiss Guido Carli e in Confindust­ria.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy