Il Sole 24 Ore

L’Italia cerca di evitare una doppia minaccia di dazi

Possibili tariffe del 100% sul nostro vino se non sarà risolta la vicenda web tax

- Dal nostro corrispond­ente Riccardo Barlaam NEW YORK

Lo champagne non si tocca. Troppo importante per i francesi. La minaccia americana che incombe da dicembre, lanciata dall’Ufficio del rappresent­ante speciale al commercio Robert Lighithize­r di tassare al 100% le bollicine francesi come ritorsione alla digital tax decisa da Parigi non poteva passare. La prima ondata di dazi del 25% decisi sul vino francese dopo la sentenza Wto per gli aiuti di stato ad Airbus, negli ultimi tre mesi dell’anno ha fatto diminuire del 30% l’export di Bordeaux & C. sul mercato Usa. Tanto da spingere Macron ad accordarsi con Trump: «Lavoriamo insieme a un buon accordo per evitare l’escalation delle tariffe», ha scritto su Twitter. «Eccellente», ha risposto Trump.

I dazi del 100% sullo champagne e vini francesi per il 2020 non partiranno, secondo fonti ufficiali francesi. Wine Spectator’s, la bibbia del settore, saluta la pace sui dazi ai vini francesi. Nelle ultime settimane gli importator­i e i distributo­ri americani di vini, anche quelli che vendono vini italiani e francesi, hanno lanciato una mozione di raccolta firme su Change.org (Organizing wine tariff respons) e una pagina forum su Facebook per avvisare la Casa Bianca dei pericoli di perdita di posti di lavoro nel settore wine Usa con una generalizz­ata e troppo elevata tassazione dei vini europei. La spada di Damocle dei dazi del 100% pende anche sui vini italiani. Gli operatori sono ottimisti e si aspettano una schiarita complessiv­a. Ma per l’Italia resta il tema della digital tax, presente nell’ultima Finanziari­a, che dovrebbe essere riscossa a partire dal 2021. Il primo ministro Giuseppe Conte, dopo il disgelo tra americani e i francesi, non ci sta a rimanere con il cerino in mano con il suo amico Trump. Auspica che si arrivi a una soluzione globale in sede Ocse la prossima settimana. E di dazi si parlerà anche domani a Roma nell’incontro tra il capo dello Stato Sergio Mattarella e il vicepresid­ente americano Mike Pence.

Un altro capitolo aperto che riguarda l’Italia è quello legato alla sentenza Wto/Airbus, con la quale, pur non partecipan­do l’Italia al consorzio Airbus, sono stati imposti dazi del 25% su formaggi italiani, come Parmigiano e Pecorino, il limoncello, gli altri liquori e altri beni fino a 460 milioni. Gli americani su 7,5 miliardi di dazi consentiti hanno tassato 2,5 miliardi di prodotti europei. Dopo tre mesi, il prossimo 15 febbraio, l’Ustr ha la facoltà di allargare la lista dei prodotti tassati: per l’Italia potrebbe colpire anche a vino, pasta e olio. Sarà decisivo l’esito della visita a Washington del vice ministro degli Esteri Ivan Scalfarott­o la prossima settimana che avrà incontri al Dipartimen­to al Commercio, all’Ustr e al Congresso sul tema delle tariffe per tentare di comporre un quadro favorevole all’Italia, come è riuscita a fare Parigi, per evitare i due aumenti di dazi sul vino e il made in Italy che pendono dagli Stati Uniti.

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