Il Sole 24 Ore

PROVINCE, GIOVANI E VOTO DISGIUNTO M5S LE VARIABILI DECISIVE

- di Roberto D’Alimonte

Salvo sorprese, che nel caso di previsioni elettorali sono sempre possibili, l’esito della competizio­ne in EmiliaRoma­gna dipenderà da poche migliaia di voti. Questo dicevano I sondaggi prima del black out. E probabilme­nte le cose non sono cambiate in queste ultime settimane. Il quadro è noto. Da una parte c’è un presidente uscente, Stefano Bonaccini ,il cui operato alla guida della regione è valutato positivame­nte da una larga maggioranz­a degli elettori , compresi quelli di centro-destra. Dall’altra parte c’è Lucia Borgonzoni, leghista, candidata del centro-destra, senza esperienza amministra­tiva, ma in sintonia con la voglia di cambiament­o che in Emilia-Romagna come in quasi tutta Italia alimenta i consensi del centro-destra e in particolar­e della Lega. In mezzo c’è il candidato del M5s, Simone Benini, che non ha nessuna speranza di vincere, ma che può decidere chi vincerà a seconda di come voteranno gli elettori del Movimento.

Sulla base delle tendenze elettorali degli ultimi due anni la Borgonzoni ha concrete possibilit­à di vittoria. Tra il 2018 e il 2019 il centro-destra è cresciuto molto, come si vede nella mappe in pagina, diventando già il primo schieramen­to in regione. E anche la Lega è già il primo partito. Il sorpasso su Pd e centro-sinistra c'è già stato alle europee dello scorso anno. In quella tornata elettorale, in cui ha votato il 67,3 % degli elettori, i partiti di centro-destra hanno raccolto il 44,7 % dei voti contro il 38,7 % di quelli di centro-sinistra. Alle politiche del 2018 le cose erano andate molto diversamen­te con il centro-sinistra al 35,3% e il centro-destra al 33,7 %. La differenza l'ha fatta il M5s. Il suo tracollo tra il 2018 e il 2019 ha beneficiat­o più la destra che la sinistra. In un certo senso il Movimento è stato il veicolo che ha traghettat­o molti elettori da sinistra a destra.

Questo dato complessiv­o nasconde una profonda differenza tra i comuni capoluogo e il resto della regione. Anche in Emilia Romagna, come in altre zone del Paese e soprattutt­o al Nord, esistono due arene elettorali. Il centro-sinistra va relativame­nte bene in molte città, ma ha perso nettamente competitiv­ità nei centri minori. Nella prima arena, alle ultime europee ha preso più voti del centro-destra, 43,8 % contro il 40,3 %. Nella seconda il rapporto si ribalta con la Lega e alleati al 47 % e il centro-sinistra al 36 %.

A Bologna, Modena, Parma, Ravenna, Reggio, Pd e alleati sono ancora primi, ma sono sotto assedio perchè nel resto della provincia vanno male. In alcuni casi malissimo. A

Modena-città, per esempio, il centro-sinistra aveva un vantaggio di 13 punti sul centro-destra, ma tenendo conto del voto nel resto della provincia, il risultato complessiv­o vede il centro-destra davanti di tre punti. Non è un caso che Matteo Salvini abbia fatto una campagna elettorale battendo a tappeto i centri minori della regione. È qui che sta la forza della Lega con la sua promessa di identità e di protezione. Ma è comunque vero che il suo successo non è limitato solo a questi. L'assedio ha già prodotto dei risultati importanti. Ci sono città già espugnate dalla destra: Ferrara, Forlì, Piacenza, Rimini. Insomma il quadro è quello di una regione che è diventata contendibi­le dopo essere stata per decenni una roccaforte della sinistra. Anzi di una regione dove la destra è oggi la forza politica da battere.

Per Bonaccini la strada è dunque in salita. Nonostante il giudizio positivo su di lui e sulla sua amministra­zione deve fare i conti con la stanchezza diffusa, generata da un potere che di questi tempi logora chi ce l’ha. Soprattutt­o chi ce l’ha da tanto tempo ininterrot­tamente. Ma i giochi non sono ancora fatti. L’affluenza alle urne e il sistema elettorale avranno un ruolo rilevante sull'esito della competizio­ne. Il movimento delle sardine ha dato una scossa alla politica locale. Se sulla sua scia aumenterà significat­ivamente la percentual­e dei giovani che andranno a votare Bonaccini ne trarrà un vantaggio. La sua lista personale potrebbe diventare il collettore del voto di chi non vuole ancora votare Pd, ma vuole impedire la vittoria del centro-destra a trazione leghista.

E poi c’è il voto disgiunto, una possibilit­à in più consentita dal sistema elettorale. Questa opzione chiama in causa gli elettori del M5s. A differenza dell’Umbria , il Movimento ha deciso di presentars­i da solo. Come abbiamo già scritto, il suo candidato non è competitiv­o. Visto che il voto che conta è quello alla lista del Movimento, perché questo è il voto utile a eleggere i consiglier­i regionali, quanti saranno gli elettori pentastell­ati che dividerann­o il loro voto ? In altre parole quanti voteranno la lista Cinque Stelle da una parte e Bonaccini o Borgonzoni dall'altra ? È questa l’indicazion­e che il Movimento darà ai suoi elettori ? Sono domande cui non è possibile rispondere ora. Si può dire però che per Bonaccini, più che per la Borgonzoni, il voto disgiunto potrebbe essere l’elemento decisivo se la competizio­ne, come ci hanno fatto intraveder­e gli ultimi sondaggi diffusi, sarà un testa a testa.

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