PROVINCE, GIOVANI E VOTO DISGIUNTO M5S LE VARIABILI DECISIVE
Salvo sorprese, che nel caso di previsioni elettorali sono sempre possibili, l’esito della competizione in EmiliaRomagna dipenderà da poche migliaia di voti. Questo dicevano I sondaggi prima del black out. E probabilmente le cose non sono cambiate in queste ultime settimane. Il quadro è noto. Da una parte c’è un presidente uscente, Stefano Bonaccini ,il cui operato alla guida della regione è valutato positivamente da una larga maggioranza degli elettori , compresi quelli di centro-destra. Dall’altra parte c’è Lucia Borgonzoni, leghista, candidata del centro-destra, senza esperienza amministrativa, ma in sintonia con la voglia di cambiamento che in Emilia-Romagna come in quasi tutta Italia alimenta i consensi del centro-destra e in particolare della Lega. In mezzo c’è il candidato del M5s, Simone Benini, che non ha nessuna speranza di vincere, ma che può decidere chi vincerà a seconda di come voteranno gli elettori del Movimento.
Sulla base delle tendenze elettorali degli ultimi due anni la Borgonzoni ha concrete possibilità di vittoria. Tra il 2018 e il 2019 il centro-destra è cresciuto molto, come si vede nella mappe in pagina, diventando già il primo schieramento in regione. E anche la Lega è già il primo partito. Il sorpasso su Pd e centro-sinistra c'è già stato alle europee dello scorso anno. In quella tornata elettorale, in cui ha votato il 67,3 % degli elettori, i partiti di centro-destra hanno raccolto il 44,7 % dei voti contro il 38,7 % di quelli di centro-sinistra. Alle politiche del 2018 le cose erano andate molto diversamente con il centro-sinistra al 35,3% e il centro-destra al 33,7 %. La differenza l'ha fatta il M5s. Il suo tracollo tra il 2018 e il 2019 ha beneficiato più la destra che la sinistra. In un certo senso il Movimento è stato il veicolo che ha traghettato molti elettori da sinistra a destra.
Questo dato complessivo nasconde una profonda differenza tra i comuni capoluogo e il resto della regione. Anche in Emilia Romagna, come in altre zone del Paese e soprattutto al Nord, esistono due arene elettorali. Il centro-sinistra va relativamente bene in molte città, ma ha perso nettamente competitività nei centri minori. Nella prima arena, alle ultime europee ha preso più voti del centro-destra, 43,8 % contro il 40,3 %. Nella seconda il rapporto si ribalta con la Lega e alleati al 47 % e il centro-sinistra al 36 %.
A Bologna, Modena, Parma, Ravenna, Reggio, Pd e alleati sono ancora primi, ma sono sotto assedio perchè nel resto della provincia vanno male. In alcuni casi malissimo. A
Modena-città, per esempio, il centro-sinistra aveva un vantaggio di 13 punti sul centro-destra, ma tenendo conto del voto nel resto della provincia, il risultato complessivo vede il centro-destra davanti di tre punti. Non è un caso che Matteo Salvini abbia fatto una campagna elettorale battendo a tappeto i centri minori della regione. È qui che sta la forza della Lega con la sua promessa di identità e di protezione. Ma è comunque vero che il suo successo non è limitato solo a questi. L'assedio ha già prodotto dei risultati importanti. Ci sono città già espugnate dalla destra: Ferrara, Forlì, Piacenza, Rimini. Insomma il quadro è quello di una regione che è diventata contendibile dopo essere stata per decenni una roccaforte della sinistra. Anzi di una regione dove la destra è oggi la forza politica da battere.
Per Bonaccini la strada è dunque in salita. Nonostante il giudizio positivo su di lui e sulla sua amministrazione deve fare i conti con la stanchezza diffusa, generata da un potere che di questi tempi logora chi ce l’ha. Soprattutto chi ce l’ha da tanto tempo ininterrottamente. Ma i giochi non sono ancora fatti. L’affluenza alle urne e il sistema elettorale avranno un ruolo rilevante sull'esito della competizione. Il movimento delle sardine ha dato una scossa alla politica locale. Se sulla sua scia aumenterà significativamente la percentuale dei giovani che andranno a votare Bonaccini ne trarrà un vantaggio. La sua lista personale potrebbe diventare il collettore del voto di chi non vuole ancora votare Pd, ma vuole impedire la vittoria del centro-destra a trazione leghista.
E poi c’è il voto disgiunto, una possibilità in più consentita dal sistema elettorale. Questa opzione chiama in causa gli elettori del M5s. A differenza dell’Umbria , il Movimento ha deciso di presentarsi da solo. Come abbiamo già scritto, il suo candidato non è competitivo. Visto che il voto che conta è quello alla lista del Movimento, perché questo è il voto utile a eleggere i consiglieri regionali, quanti saranno gli elettori pentastellati che divideranno il loro voto ? In altre parole quanti voteranno la lista Cinque Stelle da una parte e Bonaccini o Borgonzoni dall'altra ? È questa l’indicazione che il Movimento darà ai suoi elettori ? Sono domande cui non è possibile rispondere ora. Si può dire però che per Bonaccini, più che per la Borgonzoni, il voto disgiunto potrebbe essere l’elemento decisivo se la competizione, come ci hanno fatto intravedere gli ultimi sondaggi diffusi, sarà un testa a testa.