«Priorità a capitale umano e innovazione»
Ferrari (Confindustria): «Dobbiamo diventare la prima regione in Europa»
«L’Emilia-Romagna deve avere l’ambizione di diventare la prima regione in Europa. E questo dovrà essere l'obiettivo di chi guiderà il territorio per i prossimi cinque anni». Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Emilia-Romagna, non nasconde il malcontento per una campagna elettorale vissuta come banco di prova del Governo nazionale e non per focalizzare le priorità dello sviluppo regionale e alza il ragionamento e il confronto a livello superiore, «perché per performance economiche e sociali la via Emilia gioca già oggi la sua partita tra le migliori regioni europee e può competere per il primo posto. A prescindere dal colore della prossima amministrazione».
L’associazione degli imprenditori ha presentato ai quattro candidati il progetto “Traiettoria 2030” che definisce le priorità di sviluppo della via
Emilia nei prossimi dieci anni: qual è il primo tema che metterebbe sul tavolo della nuova Giunta?
Non metterei un tema ma il modo di lavorare condensato in questo studio, basato su numeri di sostanza, su obiettivi di medio-lungo termine e sulla misurazione dei traguardi raggiunti. Chiunque sarà eletto presidente per il prossimo quinquennio ha un’agenda di lavoro pronta che dovrà valutare con attenzione, perché non sono temi di Confindustria ma di tutti i cittadini. Ricordo che è nella coesione tra società ed economia, nella capacità di fare sistema coniugata all’apertura internazionale la forza di questo territorio. Oggi anche noi imprenditori siamo però più preoccupati per fattori come il calo di nascite e l’invecchiamento demografico che per l’andamento del Pil.
Il lavoro si chiude con un elenco preciso di azioni di policy in vista delle elezioni, quali?
Sono quattro i pilastri su cui, secondo noi, si gioca la competitività emiliano-romagnola: il benessere e la qualità della vita; il capitale umano; le imprese e l'innovazione; le reti internazionali. Le proposte che ne scaturiscono sono il frutto di un approccio molto realistico a costo zero o con un impatto minimo sulle finanze regionali ma un grande effetto moltiplicatore, come gli investimenti sulla formazione tecnica, da co-progettare con le aziende e gli enti competenti, o gli incentivi per aggregare le imprese su progetti di innovazione o conversione green.
Temi “alti”, quindi, e non le classiche priorità come semplificazione, tasse, infrastrutture…
Sulla semplificazione burocratica torno a ribadire l’appello ai politici di tutti i gradi e livelli di non fare nulla, perché analisi indipendenti dimostrano che dopo ogni semplificazione il sistema per noi imprenditori è peggiorato invece di migliorare. Gli investimenti in infrastrutture, anche quelle immateriali, sono una priorità ma ormai è chiaro che il problema non sono i soldi (ci sono oltre 30 miliardi pronti) o il colore al governo ma l’impossibilità di assumere decisioni in questo Paese. E con un sistema sempre più proporzionale le cose sono destinate a peggiorare. Sulle tasse più che di azzeramenti Irap e tagli parlerei di rimodulazioni, in un Paese con un debito di oltre 2.400 miliardi e una situazione economica complicata.
Come valuta il quinquennio Bonaccini?
Sarebbe illogico sparare sulla gestione di questa regione negli ultimi cinque anni, il Patto per il lavoro condiviso con tutte le forze sociali ha dato ottimi risultati, l'Emilia-Romagna è tornata ai livelli pre crisi ed è una delle regioni più equilibrate e performanti del Paese. Tutto è migliorabile, ma il problema è che la regione non è un'isola e patisce le difficoltà del sistema Paese. Non vogliamo accontentarci dello 0,6% di crescita previsto per quest'anno in questo territorio, un sistema competitivo deve ambire ad avere almeno l’unità, se non due, davanti al trend del Pil.
BOLOGNA