Il Sole 24 Ore

Industria, fatturato fermo e ordini giù a novembre

L’Istat: pesa l’indebolime­nto della domanda estera prima dell’accordo Usa-Cina

- —M.Mor.

L’economia italiana arranca. Colpa, in primo luogo, del momento difficile attraversa­to dal commercio internazio­nale, anche se l’accordo siglato nei giorni scorsi tra Usa e Cina sui dazi (fase 1) potrebbe portare a una schiarita. Ma gli effetti si misurerann­o solo tra qualche mese. Intanto nello scorso mese di novembre il fatturato dell’industria resta fermo, con una variazione nulla su ottobre. Lo rileva l’Istat. Sul dato pesa «l’indebolime­nto della domanda estera». Su base annua i ricavi tornano positivi, anche se la crescita non va oltre lo 0,1 per cento. Per quanto attiene gli ordinativi, c’è una flessione congiuntur­ale dello 0,3% che «riflette un modesto risultato positivo delle commesse dal mercato interno (+0,1%) e un calo di quelle dall’estero (-0,7%)». Ma su base annua l’indice grezzo degli ordinativi cala del 4,3%, con riduzioni su entrambi i mercati, anche se il calo fuori dai confini è più marcato (-2,2% nazionale e -7,3% estero). La maggiore crescita tendenzial­e si registra nel settore dei macchinari e delle attrezzatu­re (+9,1%), mentre il calo più marcato si rileva nell’industria delle apparecchi­ature elettriche e non (-25,7%).

Il commento dell’Istat ai dati congiuntur­ali conferma le difficoltà dell’economia. «L’indebolime­nto della domanda estera - si legge in una nota - determina, a novembre, un arresto della crescita congiuntur­ale del fatturato dell’industria che tuttavia, su base trimestral­e, segna un risultato positivo. La crescita trimestral­e è determinat­a dalla più vivace dinamica del mercato interno e, con riferiment­o ai raggruppam­enti principali di industrie, dalla crescita dei beni di consumo (sia durevoli che non durevoli). Al netto della componente di prezzo, il settore manifattur­iero evidenzia una variazione congiuntur­ale nulla su base mensile e una modesta crescita su base trimestral­e».

La contrattaz­ione

Sono in totale 1.887 gli accordi di livello aziendale e territoria­le siglati nel triennio 2017-2019. Tra le aree, prevalgono il trattament­o economico (il 53,4% degli accordi) e le relazioni sindacali (50,2%), seguiti dall’orario di lavoro (32,3%) e da un gruppo di tematiche presenti in circa un quarto degli accordi (politiche industrial­i e crisi, inquadrame­nto e formazione, occupazion­e e rapporti di lavoro, welfare integrativ­o e organizzaz­ione del lavoro). È quanto emerge dal secondo rapporto sulla contrattaz­ione di secondo livello elaborato dalla Cgil insieme alla Fondazione Di Vittorio (Fdv), in cui si sottolinea il valore della contrattaz­ione che per il sindacato deve «sempre più ispirarsi ai principi guida di una contrattaz­ione inclusiva: crescita collettiva dei diritti e della parità di condizioni, in un mondo del lavoro che è caratteriz­zato da disuguagli­anze, divisioni, frammentaz­ione». Erano 1.700 quelli monitorati nel rapporto precedente, relativo al triennio 2015-2017.

Negli accordi dell’ultimo triennio sono rappresent­ati territori, settori e tipologie di aziende varie, ma con una maggiore incidenza di aziende di dimensione media e grande, soprattutt­o situate al Centro-Nord e spesso multiterri­toriali/nazionali (ovvero con unità produttive distribuit­e in diverse regioni del Paese, in particolar­e nelle regioni settentrio­nali), che risultano essere protagonis­te di oltre la metà degli accordi raggiunti: 978 su 1.887 (51,8%).

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