Ebit dimezzato per Daimler, in attesa del conto del Dieselgate
Daimler chiude l’esercizio finanziario 2019 con un ebit preliminare di gruppo di 5,6 miliardi di euro, dimezzato rispetto agli 11,1 miliardi del 2018. Il gruppo tedesco lancia inoltre un warning sui risultati della sua unità principale, Mercedes, precisando che le previsioni non tengono conto delle spese aggiuntive (rispetto agli 1,6 miliardi già accantonati) previste per procedimenti e misure giudiziari in corso relativi a veicoli diesel MercedesBenz in varie regioni e mercati a seguito del Dieselgate (in base a una valutazione preliminare, ammontano a 1,1-1,5 miliardi); queste ultime avranno un impatto negativo in particolare su Mercedes-Benz Cars e Mercedes-Benz Vans, che vedranno la loro redditività delle vendite (il Ros, dato dal rapporto tra il risultato operativo e i ricavi) peggiorare del 15-17 per cento rispetto alle previsioni.
Il costruttore automobilistico di Stoccarda ha dichiarato di aspettarsi che la redditività delle vendite di Mercedes-Benz Cars crollerà al 4% nel 2019, rispetto al 7,8% nel 2018, mentre scenderà a -15,9% dal 2,3% nei veicoli commerciali. Nel dettaglio, gli utili di Mercedes-Benz si sono praticamente dimezzati a 3,7 miliardi (erano 7,2 nel 2018), mentre il risultato della divisione veicoli commerciali dello stesso marchio vira in rosso per 2,4 miliardi contro l’utile di 300 milioni dell’anno prima. Tutto questo, come detto, senza contare gli effetti attesi del Dieselgate.
Per quanto riguarda gli altri segmenti meno esposte all’aggravio di costi, i camion della Daimler chiudono con un ebit di 2,5 miliardi (2,8 nel 2018), i bus con risultati invariati (0,3 miliardi l’Ebit), mentre la divisione Mobility (soluzione di mobilità) archivia 2,1 miliardi Ebit.
I risultati ufficiali saranno resi noti soltanto l’11 febbraio. Il titolo, sulla Borsa di Francoforte, ha chiuso ieri le contrattazioni con un calo del 2,12% a 45,42 euro. Secondo gli analisti il gruppo potrebbe quest’anno dimezzare il dividendo a 1,60 euro (l’anno scorso erano stati pagati 3,25 euro per azione, con un taglio dell’11 per cento, il primo in nove anni).