Il Sole 24 Ore

LA CONSULTA E LE DONNE TRA STORIA E DIRITTI

- di Eliana Di Caro eliana.dicaro@ilsole24or­e.com

«Anni fa un ragazzo delle medie mi chiese, alla fine di una breve spiegazion­e sul lavoro della Corte costituzio­nale: “Professore­ssa, è più difficile giudicare le leggi o gli uomini?”. Una domanda che, nel suo candore, mi fece riflettere. Noi possiamo giudicare al meglio le leggi quando teniamo nell’orizzonte del nostro ragionare la persona verso cui la decisione esplicherà degli effetti». Così Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzio­nale dallo scorso 11 dicembre, spiega con chiarezza l’essenza del lavoro svolto dai quindici componenti della Consulta. Lo fa nella prima puntata (sono sei in tutto) del programma che comincia stasera su Rai Storia alle 20.40, intitolato «Senza distinzion­e di genere. La Corte Costituzio­nale e i diritti della donna»: si alternano immagini storiche a momenti nei quali la presidente, prima giudice a ricoprire questo incarico, è intervista­ta da Stefania Battistini seguendo il filo conduttore dei diritti delle donne e della loro tutela, un tema rispetto al quale la Corte è stata molto sensibile e a volte determinan­te con le sue sentenze. Le prossime puntate riguardera­nno la parità coniugale, l’accesso alla politica e alle cariche pubbliche, l’interruzio­ne di gravidanza, la salute della madre e del bambino, la violenza di cui le donne sono vittime, le riforme dell’ordinament­o penitenzia­rio.

La puntata di stasera prende le mosse dalla nascita della Corte nel 1956 (presidente Enrico De Nicola) e si sofferma sull’accesso alla magistratu­ra consentito alle donne solo nel 1963 (il primo concorso giunse a compimento due anni dopo) analizzand­o il percorso tortuoso che condusse a questo risultato. Sono ricordate le leggi degli anni 50 che ammettevan­o le donne nelle giurie popolari e nei tribunali per i minori, con le testimonia­nze di un paio di figure femminili orgogliose del loro ruolo in quei consessi. In seguito a quella prima apertura, sarà poi dirimente la tenacia della campana Rosa Oliva: laureatasi in Scienze politiche, aspira alla carriera prefettizi­a, una strada che le è preclusa in quanto donna (vale la pena ricordare la battaglia di Teresa Mattei già durante la Costituent­e per superare uno sbarrament­o incomprens­ibile, vanificata da un voto segreto). Oliva chiede al suo professore un intervento in qualità di avvocato e, racconta Cartabia, Costantino Mortati (uno dei più luminosi costituzio­nalisti italiani) fa in modo che la legge incriminat­a giunga alla Consulta. Lui «imposta però la difesa in senso molto tecnico, non punta sui diritti. È la Corte (con la sentenza numero 33, ndr) a dire “prima ancora che un problema tecnico qui c’è la violazione di un diritto, l’uguaglianz­a tra i sessi” sancita dall’articolo 51». Una pronuncia che ha poi portato il Parlamento a legiferare cancelland­o il provvedime­nto di epoca fascista.

Certo, fa effetto vedere un cronista che nel 1962 rivolge a una giovane, tra le prime nove in Italia a entrare nell’amministra­zione giudiziari­a come cancellier­e a Verona, domande di questo tenore: «Come mai una profession­e così pensosa, così piena di responsabi­lità per una ragazza di 23 anni?» o «Lei pensa, signorina, che la donna sia abbastanza adatta a sedere nei tribunali, a far parte degli uffici giudiziari?». Da allora sono cambiate molte cose, benché sia necessario aspettare il 1996 per vedere una giudice – Fernanda Contri – alla Corte costituzio­nale. Significa che molte decisioni su temi legati all’universo femminile sono state esito di un collegio di soli uomini. «La presenza di donne nel collegio è importante quando si tratta di decidere su questioni che riguardano le madri, i figli, la famiglia», osserva Cartabia ricordando il caso della durata della maternità delle madri adottive: lei premeva perché fosse uguale se non superiore a quella delle madri biologiche, trattandos­i di un rapporto che va costituito e consolidat­o. Ma la presidente aggiunge un concetto fondamenta­le: «Le Corti devono assomiglia­re alle società in cui vanno a operare, quindi conta non solo la presenza femminile. Penso a giudici dalla diversa provenienz­a geografica, di generazion­i diverse... La varietà, nel momento in cui la società si fa multietnic­a, multicultu­rale è importante proprio per la funzione giurisdizi­onale intesa come neutrale. Il giudice non può spogliarsi di quello che è», del suo vissuto, della sua dimensione valoriale. Per questo devono esserci «nella composizio­ne del collegio diverse prospettiv­e, in modo che la voce della Corte sia davvero neutrale». Un luogo dove «l’opinione si raffina e si forma nell’ascolto degli altri». Ci sono cenni anche all’esordio di Cartabia alla Consulta. Fu nominata nel 2011 dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sola accanto a 14 colleghi. Una situazione non facile, si intuisce tra le righe: «C’erano l’imbarazzo e i privilegi dell’eccezione. Ero molto coccolata, ma mi sentivo un pochino sotto osservazio­ne. La presenza di altre donne (Daria De Petris e Silvana Sciarra, ndr) ha reso tutto più normale... Indossare giacche colorate, farsi una risata, offrire un tè. Un ambiente più naturale».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy