Il big business chiede criteri standard di misura delle credenziali verdi
Una volontà di leadership politica da un lato, dall’altro complesse tecnicalità di bilancio: è dall’Europa e dall’affinamento di oscure regole per la compilazione degli annual report che arriveranno spinte cruciali per accelerare una svolta verde in politica e nelle strategie aziendali. Il messaggio è arrivato da Davos, dove la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha insistito sul ruologuida dell’Unione Europea nella lotta ai cambiamenti climatici, nel quadro di una politica che si farà più «assertiva» anche sullo scacchiere geopolitico globale, mentre i Ceo di 140 multinazionali hanno appoggiato il progetto di standardizzare le regole sulla definizione delle credenziali di sostenibilità delle aziende (il che rappresenterà una guida più sicura per gli investitori).
«L’European Green Deal è la nostra nuova strategia di crescita» ha proclamato la von der Leyen, enfatizzando che nel prossimo decennio il budget europeo saprà mobilitare mille miliardi di euro di investimenti per trasformare l’economia del continente in senso sostenibile, con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050: «Abbiamo il vantaggio di essere i primi a muoverci».
Tuttavia la presidente ha anche parlato della necessità di creare formule per assicurare una corretta competizione globale e proteggere gli interessi europei anche nel quadro di questa leadership verde. Un’altra trasformazione, ha aggiunto, farà dell’Europa una «data economy» pur garantendo scrupolosamente la protezione dei dati. La Ue, infine, dovrà anche rafforzare la sua credibilità sul fronte militare, in termini di complementarietà con la Nato: in politica estera «eventi recenti mostrano che dobbiamo fare di più. La Libia mostra il costo di non fare abbastanza». È probabile che su questo tema torni oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al Wef nel pomeriggio.
Sul fronte delle tecnicalità in grado di incidere sul passo della lotta ai cambiamenti climatici, spicca che i Ceo di 140 delle principali imprese globali abbiano assicurato il loro supporto all’iniziativa di sviluppare una serie di criteri standardizzati e di «disclosures» per misurare in bilancio le loro credenziali verdi in termini non strettamente finanziari: l’intento è arrivare a riflettere questa metrica comune di valutazione nei report annuali su basi di coerenza, tra industrie e Paesi diversi. Calcoli affidabili sulle performance aziendali su emissioni, strategie di tutela dell’ambiente, diversità, salute dei lavoratori e così via creerebbero un significativo “benchmarking” sui risultati societari in termini di ESG, eliminando fattori di freno e contestazioni oltre a offrire un più sicuro orientamento agli investitori più sensibili.
Su richiesta dell’International Business Council del Wef, capitanato dal ceo di BankAmerica Brian Moynihan, sarà approntata una proposta finale in collaborazione con le Big Four dell’accounting - Deloitte, EY, KPMG e PwCche hanno lavorato separatamente sulla questione. «Affinché il capitalismo da stakeholder diventi realtà, dobbiamo essere in grado di misurare le performance delle aziende al di là dei meri criteri di profitto, ma in base a precise misurazioni in termini ambientali, sociali e di governance», afferma il fondatore del Wef Klaus Schwab, che parla di «passo cruciale» per migliorare il sistema economico.
I nuovi criteri generali si baseranno per quanto possibile su standard già esistenti, definendo quattro pilastri allineati anche con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) dell’Onu: Principi di governance, Pianeta, Persone, e Prosperità. Anche Moynihan ha parlato dell’estrema importanza di «allineare le aziende con i proprietari di asset e gli asset manager attraverso criteri comuni, limitati e significativi»: una vasta accettazione di regole universali per il verde in bilancio spianerebbe la strada a soluzioni sistemiche di reporting.
Von der Leyen: nel decennio il budget europeo saprà mobilitare mille miliardi