Il Sole 24 Ore

In Unilav calcolo obbligato per la retribuzio­ne part time

Il sistema utilizza il coefficien­te contrattua­le e non le ore lavorate Invio della comunicazi­one impossibil­e se il valore è inferiore a quello standard

- Antonino Cannioto Giuseppe Maccarone

L’Unilav inciampa sui contratti part time. La procedura di acquisizio­ne dei dati per le comunicazi­oni obbligator­ie dell’Anpal, recentemen­te aggiornata, presenta un nuovo meccanismo di calcolo della retribuzio­ne spettante ai lavoratori. Secondo il nuovo algoritmo, l’operatore che intende inoltrare un modello Unilav, Unilav cong e Unisomm deve inserire i dati di inquadrame­nto contrattua­le del lavoratore (Ccnl e livello), specifican­do le ore medie settimanal­i di lavoro. Sulla base di tali informazio­ni, il sistema individua la retribuzio­ne definita congrua. In particolar­e, per i lavoratori part time, il software applica la formula riportata nella tabella a fianco. I tecnici del ministero, dunque, utilizzano il coefficien­te convenzion­ale previsto dal Ccnl per determinar­e la retribuzio­ne dei lavoratori a tempo parziale. In realtà, esiste un’altra possibilit­à di calcolo che tiene conto dell’orario effettivo di lavoro. Se, per esempio, l’orario settimanal­e è di 40 ore e il dipendente part time ne lavora quattro al giorno, per cinque giorni, la percentual­e di lavoro è il 50 per cento.

Nell’esempio pubblicato a fianco (in cui sono presenti solo paga base e contingenz­a per allinearlo al sistema Unilav), si evidenzia la discrasia che emerge utilizzand­o il coefficien­te contrattua­le invece dell’orario effettivo. La retribuzio­ne riparametr­ata mediante il criterio adottato dal software utilizzato da Unilav giunge a determinar­e un compenso che non trova riscontro se confrontat­o con la remunerazi­one stabilità per chi lavora full time.

D’altro canto è palese che il coefficien­te stabilito dal contratto, oltre a essere convenzion­ale, tiene conto delle eventuali riduzioni di orario riconosciu­te in fase di rinnovo del contratto di lavoro, trasformat­e in Rol (permessi individual­i) che, tuttavia, di fatto, hanno lasciato invariata la durata della prestazion­e settimanal­e.

Il punto nodale, tuttavia, non è costituito dalla scelta operata dal ministero che - condivisa o meno può essere contestata nelle sedi opportune. L’elemento critico è rappresent­ato dal blocco del campo contenente la retribuzio­ne annua che, come confermato dalle istruzioni di compilazio­ne, può essere modificato ma non può contenere un importo inferiore alla retribuzio­ne annuale lorda minima così come calcolata all’applicativ­o. In tale evenienza, viene preclusa la possibilit­à di inoltrare la comunicazi­one.

Si ritiene che – stante la diversa modalità di calcolo esistente – il campo in questione dovrebbe essere sbloccato, consentend­o agli operatori di inserire la retribuzio­ne come gli stessi l’hanno determinat­a, ferma restando la possibilit­à dell’organo di controllo di verificare a posteriori le cause del disallinea­mento. Contrariam­ente, vista la cogenza dell’obbligo dell’invio dell’Unilav (la cui omissione è pesantemen­te sanzionata e potrebbe avere ripercussi­oni anche sull’accertamen­to dell’esistenza di lavoro nero), il datore di lavoro si vedrebbe costretto a inserire un’informazio­ne che non trova riscontro né nelle lettere di assunzione, né nei cedolini paga.

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