Il Sole 24 Ore

Contenzios­o Fca salda un conto da 730 milioni

Intesa sull’accertamen­to da 2,6 miliardi per gli asset relativi all’exit tax 2014

- Cimmarusti

Fca salda i suoi debiti con il fisco in «compensazi­one»: risconosce all’agenzia delle Entrate un ammontare di 730 milioni di euro per un accertamen­to pari a 2,6 miliardi relativi agli asset tassabili con la exit tax.

Si chiude così uno dei più ricchi accordi siglati con l’Agenzia dell’Entrate, legato al trasferime­nto dall’Italia all’Inghilterr­a della sede fiscale di Fiat Chrysler.

Un’operazione basata sulla stima dei beni aziendali, che ha creato non poche difficoltà al gruppo presieduto da John Elkann. Perché di fatto gli investigat­ori del fisco sono riusciti a ricostruir­e le «sottostime» degli asset, che avevano consentito al colosso dell’auto di avere una imposizion­e più lieve.

Carte alla mano, l’Agenzia dell’Entrate ha contestato una «sottostima della base imponibile per 5,1 miliardi». Ma, come ha spiegato il direttore finanziari­o di Fiat

Chrysler Richard Palmer, «abbiamo concordato che l’imponibile aumenterà di 2,5 miliardi di euro e che questo imponibile sarà completame­nte compensato da 400 milioni di perdite fiscale, incamerate in precedenza, e da 2,1 miliardi di perdite fiscali italiane che non sono state rilevate nel bilancio». Nel complesso, dunque, Fca ha riconosciu­to 730 milioni all’amministra­zione fiscale. Palmer, però, ha voluto precisare che «abbiamo chiuso la transazion­e senza alcun obbligo di pagamento in contanti o penalità».

Le verifiche dell’Agenzia sono scattate nel 2014, quando il colosso dell’automobile ha trasferito la sede fiscale fuori dall’Italia. Le analisi hanno registrato il maggior valore dei beni aziendali - come marchi e avviamento - al momento della chiusura effettiva della sede fiscale italiana. In questo senso è scattata la Exit tax, l’imposta pensata per evitare le delocalizz­azioni selvagge. Gli investigat­ori del fisco hanno passato al setaccio tutte le documentaz­ioni, ritenendo che l’azienda avesse sottostima­to i propri beni aziendali. E infatti per Fca le plusvalenz­e valevano meno di 7,5 miliardi, mentre per l’Entrate circa 12,5 miliardi: una differenza di circa 5 miliardi cui applicare un’aliquota Ires del 27,5%.

Questo accordo «non ha alcun impatto sul conto economico e sul bilancio a parte la riduzione delle imposte differite attive non rilevate», ha spiegato ancora il direttore finanziari­o di Fca, che conclude: «abbiamo ancora sostanzial­i perdite in Italia che ci restano dal punto di vista fiscale dopo questo accordo».

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MILIARDI EURO L’Agenzia dell’Entrate ha contestato una «sottostima della base imponibile per 5,1 miliardi»

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