Unicredit, ai soci 1,4 miliardi «Nessuna fusione fino al 2023»
Il titolo mette a segno in Borsa un rialzo dell’8,15 per cento
Per UniCredit un bilancio migliore delle attese, una cedola da 1,4 miliardi e, soprattutto,la rassicurazione del ceo, Jean Pierre Mustier, che non ci sarà alcuna operazione di fusione e acquisizione fino al 2023. Il titolo ha messo a segno un aumento dell’8,15%.
Un bilancio leggermente migliore delle attese, una politica di remunerazione dei soci più generosa del previsto in futuro e soprattutto rassicurazioni sul fatto che non vi saranno operazioni di fusione o acquisizione importanti almeno per i prossimi 4 anni. UniCredit chiude il 2019, l’ultimo anno del piano strategico Transform, per aprire l’era di Team che la porterà fino al 2023 sorprendendo i mercati, che difatti finiscono per premiarla con un rialzo in Borsa dell’8,15 per cento.
A convincere la platea degli investitori sono anzitutto i dati 2019, che il gruppo di Piazza Gae Aulenti ha chiuso con un utile consolidato pari a 3,4 miliardi di euro (4,7 miliardi il risultato netto sottostante), un patrimonio rafforzato con un Cet 1 ratio al 13,09% ed esposizioni deteriorate lorde diminuite del 33,7% annuo a 25,3 miliardi. Scontate le cifre dei primi 9 mesi, ci si è concentrati sull’ultimo trimestre, che ha visto una performance operativa pari a 2,3 miliardi di poco superiore alle attese e un impatto delle voci straordinarie legate ad accantonamenti e svalutazioni minore del temuto (2,3 miliardi) per giungere a una perdita di 835 milioni contro gli 1,1 miliardi medi attesi dagli analisti.
Con altrettanto favore è stato verosimilmente accolto, oltre alla distribuzione di una cedola di 0,63 euro per azione (900 milioni complessivi), il varo di un piano di riacquisto di azioni per ulteriori 500 milioni, ma soprattutto l’annuncio di considerare a partire dall’esercizio 2020 un aumento della distribuzione dell’utile al 50% dal 40% attuale e un’eventuale ulteriore componente straordinaria per i due esercizi successivi 2021 e 2022 in base alle proiezioni del capitale in eccesso rispetto all’obiettivo per il Cet 1
Mda buffer di medio-lungo periodo, confermato a 200-250 punti base.
Quest’ultimo elemento legato alla remunerazione dei soci si è in particolare intrecciato con le vicende che riguardano le strategie esterne del gruppo UniCredit, da sempre circondate da voci su eventuali operazioni straordinarie in ambito europeo. Nel sostenere di preferire il buy-back a operazioni di fusione e acquisizione in quanto «più conveniente per gli azionisti», l’amministratore delegato, Jean Pierre Mustier, è stato categorico con i giornalisti: «Non vi saranno assolutamente fusioni, perché sono diluitive e presentano enormi rischi di esecuzione, il nostro focus sarà sulla trasformazione della banca», ha ribadito più volte, estendendo l’arco temporale a tutto il piano 2023.
La regola vale anche per le cessioni, perché dopo il collocamento del 12% di Yapi Kredi chiuso il giorno precedente, Unicredit non prevede «altre operazioni di maggiore rilevanza sul perimetro del gruppo» sempre durante il piano 2023, neppure del rimanente 20% della banca turca che è al momento soggetta a un lock-up di 180 giorni, ma che – ha assicurato Mustier - non sarà ceduta per tutto il 2020.
Se il presidente dell’istituto, Cesare Bisoni, alla prima apparizione pubblica ha ricordato ai giornalisti che il piano Transform 2019 «è stato un successo, perché per la prima volta nella storia UniCredit ha centrato tutti gli obiettivi che si era posta in un contesto molto complesso», Mustier si è piuttosto concentrato sul futuro che, messo alle spalle il periodo di ristrutturazione e riassetto del gruppo, si focalizzerà appunto «sul rafforzamento e sulla crescita della base clienti».
L’amministratore delegato ha poi riservato parole di apprezzamento per l’operato di Andrea Enria, che alla guida del consiglio di sorveglianza Bce «pur mantenendo un atteggiamento di fermezza, ha saputo portare chiarezza e trasparenza sulle regole da applicare alle banche», ma anche toni in generale incoraggianti verso il nostro Paese. «Dobbiamo imparare a essere più positivi quando parliamo di dell’Italia - ha sottolineato Mustier perché ha un tessuto di piccole e medie imprese di incredibile forza e spesso leader in settori di nicchia, una manifattura seconda per grandezza in Europa e al tempo stesso non sono presenti quelle fratture che si vedono a livello sociale e culturale in altri paesi come la Francia». Toni cautamente ottimistici anche sullo stato di salute del sistema bancario europeo, grazie a un quadro di base finalmente favorevole caratterizzato dalla già citata maggiore chiarezza regolamentare sul settore e da una politica sui tassi che probabilmente ha raggiunto il limite più basso. «Ciò che serve adesso per procedere nella giusta direzione si è augurato - è una ripresa e una stabilizzazione del quadro economico».
Mustier ha infine annunciato l’inizio a breve dei negoziati con i sindacati sugli esuberi in Italia, con l’invio lunedì della lettera di avvio della procedura formale e il primo tavolo azienda-sindacati previsto per la fine della prossima settimana. Immediata la presa di posizione del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, che ha promesso «un confronto serio, durissimo e approfondito nel quale nulla sarà concesso».