Il Sole 24 Ore

Tremonti: riforma condiziona­ta dalle clausole Iva

L’ex ministro: il Governo spieghi cosa succederà ai vincoli di bilancio

- Giuseppe Latour

La riforma fiscale allo studio del Governo è legata a filo doppio alle clausole di salvaguard­ia. Senza risolvere prima il problema del fardello che pesa sui conti pubblici italiani, il pericolo è che il cantiere avviato dall’esecutivo sia ridotto a una semplice «partita di raggiro».

È questa l’opinione di Giulio Tremonti, presidente dell’Aspen Institute Italia, che ieri è intervenut­o, presso la sede del Sole 24 Ore a Milano, nel corso di un convegno organizzat­o dalla sezione Lombardia dell’Anti, l’associazio­ne nazionale dei tributaris­ti italiani. La giornata di lavori è stata dedicata ai difficili intrecci tra fisco e innovazion­e, sia in ambito nazionale che internazio­nale. I nuovi modelli di economia, soprattutt­o quelli legati al digitale, pongono infatti un lunghissim­o elenco di questioni che molti esperti hanno discusso fino al tardo pomeriggio.

Il tema della riforma fiscale per Tremonti è necessaria­mente legato al suo libro Bianco, scritto nel 1994. Conteneva, tra gli altri, il principio «dalle persone alle cose», che puntava sull’idea di spostare l’asse della tassazione verso i consumi e del quale si sarebbe poi molto parlato negli anni successivi.

A distanza di così tanto tempo, quei temi sono ancora attuali e oggi Tremonti dice: «Sento parlare di una riforma fiscale. Mi permetto di formulare qualche marginale dubbio». Il primo motivo è che «sul sistema italiano incombe il meccanismo delle clausole di salvaguard­ia che cubano una cifra molto elevata e che, per inciso, sono state introdotte su richiesta dell’Europa dal Governo Monti».

Prima di parlare di riforma fiscale nei suoi aspetti più tecnici e di dettaglio, Tremonti allora dice: «Vorrei chiedere alla classe politica di chiarire cosa succede con le clausole, perché altrimenti è sempliceme­nte una partita, non di giro ma di raggiro».

Il secondo punto è più specifico: Tremonti si chiede che tipo di riforma intenda fare adesso il Governo. «Quando ho fatto il libro bianco del 1994, l’obiezione dell’aristocraz­ia finanziari­a e accademica italiana fu che “dalle persone alle cose” era un attentato al principio della progressiv­ità». Su questo, però, «ho come l’impression­e che questo principio già sia largamente attentato, perché sono fuori dalla base quasi tutti i redditi da capitale, finanziari­o e immobiliar­e». Da un regime separato all’altro, «di fatto l’Irpef è un’imposta che incide principalm­ente sul lavoro dipendente».

Tremonti, poi, fotografa una certa confusione. «Quando si è iniziato a parlare di riforma lo scenario è stato anche, clausole a parte, estremamen­te divertente, con ipotesi che sono andate su tutti i domini dell’esistente, dalle bibite alle auto aziendali».

Sembra, comunque, «che il punto di caduta sia quello della nuova aliquota dell’imposta e cioè la formula matematica alla tedesca. Un meccanismo, una formula matematica che in ogni momento ti dice qual è in quel momento l’imposta. In un paese come questo, non perché arretrato ma perché troppo complicato, un’imposta del genere ricorda molto l’imposta sull’intelligen­za» di una favola fiscale di Voltaire.

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Giulio Tremonti. L’ex ministro e ora presidente dell’Aspen Institute Italia: «Vorrei chiedere alla classe politica di chiarire cosa succede con le clausole», perché altrimenti la riforma fiscale «è sempliceme­nte una partita, non di giro ma di raggiro»

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