LA VIA STRETTA DI ZINGARETTI ASPETTANDO LA SCELTA M5S
Quest’estate circolava una battuta sul Pd di Zingaretti e Gentiloni (non era ancora stato nominato Commissario Ue), cioè che la tattica di “fare il morto” aveva portato bene e comunque fino al Governo. Adesso nel partito, davanti a tutti i fronti di tensione, è stata ritirata fuori e si continua a ripetere un po’ con ironia, un po’ come fosse un rito scaramantico in attesa di saltare i vari cerchi di fuoco che aspettano questa maggioranza. E dunque pure sulla prescrizione, tra i due litiganti Bonafede-Renzi, c’è il Pd che sta in mezzo, non fa ultimatum e non va in piazza ma lavora per la mediazione e per riuscire a galleggiare il più possibile. Galleggiare fino a quando? Il traguardo sono gli stati generali dei 5 Stelle, quel congresso che si farà in aprile dove si deciderà se il Movimento è ancora compatto o ci sarà un divorzio. La possibile scissione, ormai, non è più una maldicenza detta dagli avversari ma un’ipotesi raccontata in chiaro da molti esponenti grillini tra cui anche gli “storici” come Max Bugani. È chiaro che fino a quel momento Zingaretti non tirerà la corda ma aspetterà di raccogliere i frutti di questa alleanza puntando a portare la fetta più grande di pentastellati strutturalmente nel centro-sinistra.
Anche ieri, quando gli hanno chiesto della iniziativa di Luigi Di Maio di andare in piazza per manifestare “contro” la sua maggioranza sulla prescrizione, ha risposto che «è un errore» ed ha delineato quello che è il suo progetto. «Lo invito a guardare al futuro e a come questo Governo può trovare una prospettiva politica. Chiedo un chiarimento al Movimento, decidete cosa volete fare rispetto al Conte II, altrimenti nessun problema è risolvibile». Il non detto è molto chiaro. Se è vero che nei piani del ministro degli Esteri c’è la volontà di lasciare i 5 Stelle equidistanti tra Pd e Lega, allora l’Esecutivo non tiene. A quel punto non avrebbe senso per il Pd restare in una coalizione “provvisoria” e poi vi sarebbe una scissione a sinistra fatta da Patuanelli, D’Incà, Fico e Conte come guest star. Insomma, l’invito a Di Maio è riflettere prima di compromettere il Governo e l’integrità del Movimento.
Il tema, infatti, non è solo quello di fare conquiste e annettersi una fetta del mondo grillino, ma cercare di tenere la politica italiana in uno scenario bipolare. E se davvero, come ripete Zingaretti, il voto in Emilia-Romagna ha riportato i due schieramenti/avversari, serve costruire in fretta un campo a sinistra visto che a destra invece è già pronto e ha già i numeri per vincere. Dunque, se a Italia viva o a Di Maio serve una battaglia sulla prescrizione per essere visibili date le percentuali di consenso a una cifra, quello che conta per Zingaretti è invece tenere tutto insieme in una logica bipolare di coalizione. Non è detto che gli riesca. Anzi, sia Renzi che il ministro degli Esteri lavorano per demolire il Pd e il bipolarismo. Entrambi i leader puntano su un proporzionale proprio per tenersi le mani libere e fare alleanze dopo il voto. È l’unica via per trasformare basse percentuali di voti in massimo potere di ricatto. Come nella prima Repubblica.