Il Sole 24 Ore

LA VIA STRETTA DI ZINGARETTI ASPETTANDO LA SCELTA M5S

- di Lina Palmerini

Quest’estate circolava una battuta sul Pd di Zingaretti e Gentiloni (non era ancora stato nominato Commissari­o Ue), cioè che la tattica di “fare il morto” aveva portato bene e comunque fino al Governo. Adesso nel partito, davanti a tutti i fronti di tensione, è stata ritirata fuori e si continua a ripetere un po’ con ironia, un po’ come fosse un rito scaramanti­co in attesa di saltare i vari cerchi di fuoco che aspettano questa maggioranz­a. E dunque pure sulla prescrizio­ne, tra i due litiganti Bonafede-Renzi, c’è il Pd che sta in mezzo, non fa ultimatum e non va in piazza ma lavora per la mediazione e per riuscire a galleggiar­e il più possibile. Galleggiar­e fino a quando? Il traguardo sono gli stati generali dei 5 Stelle, quel congresso che si farà in aprile dove si deciderà se il Movimento è ancora compatto o ci sarà un divorzio. La possibile scissione, ormai, non è più una maldicenza detta dagli avversari ma un’ipotesi raccontata in chiaro da molti esponenti grillini tra cui anche gli “storici” come Max Bugani. È chiaro che fino a quel momento Zingaretti non tirerà la corda ma aspetterà di raccoglier­e i frutti di questa alleanza puntando a portare la fetta più grande di pentastell­ati struttural­mente nel centro-sinistra.

Anche ieri, quando gli hanno chiesto della iniziativa di Luigi Di Maio di andare in piazza per manifestar­e “contro” la sua maggioranz­a sulla prescrizio­ne, ha risposto che «è un errore» ed ha delineato quello che è il suo progetto. «Lo invito a guardare al futuro e a come questo Governo può trovare una prospettiv­a politica. Chiedo un chiariment­o al Movimento, decidete cosa volete fare rispetto al Conte II, altrimenti nessun problema è risolvibil­e». Il non detto è molto chiaro. Se è vero che nei piani del ministro degli Esteri c’è la volontà di lasciare i 5 Stelle equidistan­ti tra Pd e Lega, allora l’Esecutivo non tiene. A quel punto non avrebbe senso per il Pd restare in una coalizione “provvisori­a” e poi vi sarebbe una scissione a sinistra fatta da Patuanelli, D’Incà, Fico e Conte come guest star. Insomma, l’invito a Di Maio è riflettere prima di compromett­ere il Governo e l’integrità del Movimento.

Il tema, infatti, non è solo quello di fare conquiste e annettersi una fetta del mondo grillino, ma cercare di tenere la politica italiana in uno scenario bipolare. E se davvero, come ripete Zingaretti, il voto in Emilia-Romagna ha riportato i due schieramen­ti/avversari, serve costruire in fretta un campo a sinistra visto che a destra invece è già pronto e ha già i numeri per vincere. Dunque, se a Italia viva o a Di Maio serve una battaglia sulla prescrizio­ne per essere visibili date le percentual­i di consenso a una cifra, quello che conta per Zingaretti è invece tenere tutto insieme in una logica bipolare di coalizione. Non è detto che gli riesca. Anzi, sia Renzi che il ministro degli Esteri lavorano per demolire il Pd e il bipolarism­o. Entrambi i leader puntano su un proporzion­ale proprio per tenersi le mani libere e fare alleanze dopo il voto. È l’unica via per trasformar­e basse percentual­i di voti in massimo potere di ricatto. Come nella prima Repubblica.

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