Digitale, competenze e sostenibilità I tre diver delle Pmi
Fattore I. Investimenti su tecnologie 4.0, innovazione sostenibile, internazionalizzazione, integrazione e la vocale “U” di umano
Quattro aziende d'eccellenza che macinano margini record – Dallara, Fürlog, Caffeina e Cangini Benne – e un tessuto diffuso di Pmi che crescono e investono a ritmo più elevato del resto del Paese sono la cornice emiliano-romagnola all'interno della quale Banca Ifis ha annunciato ieri il raddoppio della propria presenza in regione e presentato assieme al Sole-24 Ore i risultati del progetto “Fattore I” alla fitta platea di industriali riuniti nella sede di Confindustria Emilia Centro.
Trasformazione digitale, sostenibilità e competenze (risorse umane) sono i tre driver su cui le imprese italiane si stanno giocando la competitività e anche gli asset su cui hanno scommesso le Pmi Top e le Pmi stellari - rendendole capaci di remunerare da 2 a 3 volte il capitale – individuate da Banca Ifis, attraverso lo studio lanciato la scorsa primavera scandagliando 62mila bilanci aziendali in nove settori manifatturieri. Uno studio seguito da un'indagine sul campo, in collaborazione con il dipartimento di Management della Ca' Foscari di Venezia e quello di Scienze economiche e aziendali dell'Università di Padova,
per raccogliere dalla testimonianza diretta delle imprese (oltre 330 quelle incontrate) gli elementi discriminanti della loro crescita: le oltre 4mila Pmi Top hanno un Mol del 15,8% annuo, lil migliaio di Pmi Stellari arrivano al 23,6%.
“Fattore I” si declina in investimenti su tecnologie 4.0, in innovazione sostenibile, in internazionalizzazione, in integrazione, ma sconfina nella vocale “U” di umano, perché tanto nel distretto dei motori quanto nella food o nella packaging valley sono le risorse umane il tallone d'Achille delle Pmi intervistate: il 44,8% del campione lamenta la carenza di competenze in robotica, IoT, big data, cloud computing, IA, cyber security come primo ostacolo all'adozione di soluzioni digitali. Ciononostante, il 60% delle Pmi Top ha già investito in almeno una tecnologia 4.0, contro il 40% della media delle Pmi e lo ha fatto a prescindere dall'aiuto pubblico. Solo il 35% delle aziende che ha investito in digitalizzazione ha sfruttato il Piano Industria 4.0, la metà non ha utilizzato alcun tipo di incentivo.
Nella consapevolezza che gli strumenti digitali diventeranno sempre più gli abilitatori del made in Italy per competere su mercati globali in termini di flessibilità, personalizzazione ed efficienza, è necessario che le istituzioni pubbliche scendano in campo: un piccolo imprenditore su tre non affronterà investimenti 4.0 senza un intervento a supporto, conferma lo studio presentato ieri in via San Domenico. <È proprio per rafforzare un rapporto di partnership e di relazione diretta basata su fiducia, trasparenza, velocità di risposta che sostenga la crescita delle Pmi verso il target delle imprese Top e Stellari, che nei prossimi mesi apriremo una seconda filiale in Emilia-Romagna, da affiancare a quella di Bologna>, sottolinea Raffaele Zingone responsabile Direzione Centrale Affari Banca Ifis.
In un contesto economico nazionale sempre più complicato per le imprese di qualsiasi dimensione, l'Emilia-Romagna continua a mostrare un dinamismo sopra la media, conferma lo studio di Banca Ifis: la crescita media annua del fatturato delle Pmi in regione tra il 2016 e il 2018 è stata del 5,1% contro il dato nazionale del 4,3%, così come sono stati più sostenuti gli investimenti (+4,3% l'anno, contro 3,4% in Italia). Merito, fa notare il presidente di Confindustria Emilia Area Centro, Valter Caiumi, della struttura industriale emiliano-romagnola, perché «l'organizzazione in filiere permette di superare e, anzi, valorizzare i limiti tipici della medio-piccola dimensione».
«Le Pmi sono il nostro target di riferimento da più di 30 anni – sottolinea Alberto Staccione, dg di Banca Ifis – perché sono le realtà che presentano le migliori opportunità e al tempo stesso le maggiori esigenze. L'ecosistema industriale emiliano-romagnolo, con le sue filiere, i distretti e circa 400mila imprese attive è un'area strategica per Banca Ifis e un modello da prendere ad esempio per la capacità di fare rete, perché oggi sui mercati globali si compete come sistema non più come singoli attori».
Gli strumenti digitali saranno sempre più abilitatori del made in Italy per competere su mercati globali