Il Sole 24 Ore

SAPERE ARTIGIANO DA SALDARE CON IL DIGITALE

- Di Stefano Micelli

L’ultimo libro di Davide Rampello racconta una «Italia fatta a mano» (come recita il titolo del libro, edito da Skira) che merita di essere riscoperta sul piano culturale così come su quello economico. È l’Italia dei mestieri artigianal­i che contribuis­ce all’agricoltur­a più innovativa, alla competitiv­ità di settori come la moda e l’arredo, alla crescita di un turismo originale e rispettoso dei territori. La posizione di Rampello non è la riproposiz­ione tardiva del piccolo è bello. È l’elogio di una biodiversi­tà preziosa che rappresent­a un’opportunit­à per la crescita del Paese. Su questo terreno – dice Rampello – è possibile immaginare la riqualific­azione di borghi e province e il rilancio di produzioni di nicchia che meritano attenzione a livello internazio­nale.

Se è vero che la tesi avanzata dal curatore del prossimo padiglione Italia all’Expo 2020 Dubai è ormai nota al grande pubblico italiano, colpisce che osservator­i internazio­nali qualificat­i facciano proprie posizioni analoghe con una determinaz­ione cui non eravamo abituati. Al convegno Next organizzat­o da Altagamma qualche settimana fa a Milano sul futuro della creatività e del design, Adrian Cheng, fondatore di K11 e punto di riferiment­o indiscusso sui nuovi modelli di distribuzi­one in Cina, ha proposto ragionamen­ti simili. Secondo Cheng, l’industria cinese ha raggiunto da tempo, sul piano dell’innovazion­e tecnologic­a, la manifattur­a europea. Anche sul fronte della creatività e del design Cheng ha espresso pochi dubbi sulla capacità delle imprese asiatiche di colmare il gap storico con il vecchio continente. Diverso il ragionamen­to sul fronte del saper fare artigiano. Cheng ha ribadito che l’unico aspetto su cui i produttori asiatici non possono competere con l’Europa è proprio quello del saper fare ereditato dalla tradizione. Non stupisce dunque che Altagamma punti a rilanciare il legame fra il valore del prodotto italiano e una serie di mestieri che solo pochi Paesi europei hanno saputo mantenere nel corso di questi ultimi vent’anni. Lo spot dello scorso novembre su Discovery channel ha raccontato un’idea di lavoro che rende omaggio alla manualità e a pratiche che sono all’origine dell’unicità del prodotto italiano.

La stretta osservanza della tradizione, va sottolinea­to, non è sufficient­e a competere sui mercati internazio­nali. In uno scenario segnato dall’impatto delle tecnologie 4.0, limitarsi a conservare gesti e saperi ereditati dalla storia non basta. Su questo fronte, Lisa White, voce autorevole dell’agenzia Wgsn specializz­ata nell’identifica­re i trend del futuro a venire, ha formulato proposte interessan­ti proprio in occasione dell’evento di Altagamma. Fra le principali tendenze dei prossimi anni, oltre a sostenibil­ità e green economy, la White ha annoverato quella dell’artigianal­ità digitale (digital craftmansh­ip). Le difficoltà incontrate dalla distribuzi­one tradiziona­le e il peso crescente assunto dagli smartphone trasformer­à in modo significat­ivo il nostro modo di scegliere cosa comprare. Grazie alle nuove tecnologie è possibile disegnare collezioni virtuali per influencer reali, è possibile visitare yacht prima che qualcuno abbia iniziato la loro costruzion­e, sviluppare arredi su misura per un cliente conosciuto via Skype. Questa progettazi­one virtuale, che prefigura una varietà di prodotti sconosciut­a nel mondo della produzione di massa, ha bisogno di una manifattur­a capace di ascoltare le richieste di clienti spesso molto esigenti, di gestire lo sviluppo del prodotto in tempi contenuti, di farsi carico di lotti di dimensione minima.

Questo modo di fare impresa è già oggi parte del Dna del miglior Made in Italy. La migliore manifattur­a italiana ha da tempo costruito la propria competitiv­ità sul modello di un’industria “su misura”. La capacità di combinare digitale e tradizione può rappresent­are uno degli aspetti distintivi della migliore manifattur­a europea. Le vicende recenti di Adidas mettono in evidenza la difficoltà di riportare la produzione in Europa scommetten­do solo sulla tecnologia. Il ritorno della produzione di sneaker in Cina testimonia come, in assenza di elementi distintivi, la produzione europea difficilme­nte possa far valere la propria competitiv­ità.

La combinazio­ne fra digitale di punta e mestieri della tradizione può apparire incoerente a un’opinione pubblica poco abituata a conoscere da vicino il Made in Italy. In realtà la saldatura fra digitale e maestria artigiana, già oggi abbondante­mente praticata, è l’unica strada per ricomporre un’alleanza fra creatività e manifattur­a tradiziona­le, fra talenti e territori in difficoltà, fra generazion­i diverse che hanno bisogno di ritrovare punti di contatto fondati sull’opportunit­à economica oltre che sul riconoscim­ento culturale. È proprio sulla gestione di questi opposti (apparenti) che oggi è possibile immaginare un progetto di sviluppo che guardi al futuro del nostro Paese.

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Jan Rivkin della Harvard Business School ha teorizzato che quando due imprese con culture diverse competono per la stessa clientela, la concorrenz­a diventa più estrema
Brillante. Jan Rivkin della Harvard Business School ha teorizzato che quando due imprese con culture diverse competono per la stessa clientela, la concorrenz­a diventa più estrema

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