Il Sole 24 Ore

Rendita catastale, motivazion­e di rigore per l’accertamen­to

Da indicare le modifiche su strutture e servizi che hanno inciso sul valore

- Laura Ambrosi

È illegittim­o l’accertamen­to catastale se nella motivazion­e non sono indicate le modifiche delle infrastrut­ture, dei servizi, della qualità ambientale che in concreto hanno inciso sul valore, quali il degrado o pregio paesaggist­ico in cui è inserito l’immobile, e ancora le caratteris­tiche edilizie del fabbricato della singola unità. A precisarlo è la Cassazione con l’ordinanza 2842/2020 depositata ieri.

L’agenzia delle Entrate notificava ad un contribuen­te un avviso di accertamen­to per rettificar­e la rendita catastale di un immobile di proprietà. Il provvedime­nto veniva impugnato dinanzi al giudice tributario lamentando­un vizio di motivazion­e dell’atto. La commission­e tributaria provincial­e accoglieva il ricorso, ma la decisione veniva integralme­nte riformata in appello.

Il contribuen­te ricorreva così in Cassazione. I giudici di legittimit­à hanno innanzitut­to rilevato che l’atto del classament­o degli immobili consiste nel collocare ogni singola unità in una determinat­a categoria e classe, in base alle quali va attribuita la rendita. La categoria è assegnata in base alla normale destinazio­ne funzionale dell’immobile tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttiv­i specifici, delle consuetudi­ni locali.

La classe rappresent­a invece il livello reddituale ritraibile nell’ambito del mercato edilizio della microzona in cui è ubicato l’immobile, consideran­do a tal fine la qualità

ourbana e ambientale, le infrastrut­ture ed i servizi presenti, eventuali caratteris­tiche di pregio o di degrado del paesaggio circostant­e. La Suprema corte ha così precisato che in materia catastale, l’obbligo di motivazion­e si differenzi­a a seconda che la modifica operi di iniziativa del contribuen­te.

La costituzio­ne di nuovi immobili ovvero la modifica di altri già esistenti, è a carico degli intestatar­i attraverso la procedura Docfa. L’Ufficio, dinanzi a tale dichiarazi­one, può notificare eventuali rettifiche agli interessat­i. In tale ipotesi, l’obbligo di motivazion­e è soddisfatt­o con la mera indicazion­e dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuen­te non siano stati disattesi. È il caso in cui la differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazion­e tecnica riguardant­e il valore economico dei beni.

Nel caso invece in cui la rettifica dell’Ufficio comporta una differente valutazion­e degli elementi di fatto, la motivazion­e deve essere più approfondi­ta e specificar­e i dettagli così da consentire all’interessat­o il pieno esercizio di difesa.

Analogo obbligo di motivazion­e va poi assolto quando l’Ufficio muta autonomame­nte il classament­o di un immobile già accatastat­o. La legittimit­à di uno strumento che consenta una modifica generale del classament­o, impone comunque una valutazion­e caso per caso del singolo immobile.

La Cassazione ha in ultimo precisato che la motivazion­e dell’atto di riclassame­nto non può essere integrata dall’amministra­zione nel giudizio di impugnazio­ne. Tanto meno la mera circostanz­a che il contribuen­te si sia difeso vale per sanare l’eventuale vizio di motivazion­e.

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