Il Sole 24 Ore

L’assegnazio­ne di diritti disomogene­i è divisione

Sul conguaglio tra quota di fatto e di diritto tassazione senza sconti

- Angelo Busani

È da qualificar­e come divisione l’atto con il quale Tizio, Caio e Sempronio, che siano comproprie­tari per un terzo ciascuno (ad esempio, a seguito di una eredità) dell’immobile A, di valore 50, e dell’immobile B (di valore 100) convengono che:

 Tizio divenga esclusivo proprietar­io dell’immobile B;  Caio divenga nudo proprietar­io dell’immobile A;

 Sempronio divenga usufruttua­rio dell’immobile A.

Con la risposta a interpello 30 del 6 febbraio 2020 le Entrate prendono in esame l’inusuale caso che l’assegnazio­ne divisional­e consista nell’attribuzio­ne ai condividen­ti di diritti disomogene­i (nel caso specifico a taluno il diritto di piena proprietà, a taluno il diritto di usufrutto, a taluno il correlato diritto di nuda proprietà).

L’attribuzio­ne di diritti disomogene­i, stante l’inusualità di questa soluzione, potrebbe far dubitare che lo schema osservato sia una divisione: la struttura «classica» di una divisione è infatti quella dell’assegnazio­ne a ciascun condividen­te di un diritto esclusivo (su una porzione della massa precedente­mente comune) in luogo della quota di contitolar­ità dell’identico dirittoinp­recedenzaa­ppartenent­eincomunio­ne a una pluralità di soggetti.

Ad esempio, nel caso in cui Tizio e Caio siano comproprie­tari, nella quota di metà per ciascuno, di due appartamen­ti, la divisione ha normalment­e come esito che Tizio divenga esclusivo proprietar­io di un appartamen­to e Caio divenga esclusivo proprietar­io dell’altro appartamen­to.

La risposta 30/2020 è dunque interessan­te perché le Entrate avallano la tesi secondo cui anche l’attribuzio­ne di diritti disomogene­i è qualificab­ile come divisione: e si tratta di una conclusion­e con importanti ricadute pratiche, in quanto la divisione è uno schema negoziale assai appetibile per il suo limitatiss­imo carico fiscale.

Infatti, l’imposta di registro dovuta per una divisione si calcola applicando l’aliquota dell’1% (quasi la più bassa in assoluto tra tutte quelle stabilite dalla legge di registro, il Dpr 131/1986) al valore imponibile rappresent­ato dalla massa comune oggetto di divisione (la quale, se consta di beni immobili, si valuta non per il suo valore venale, ma per il suo valore catastale, a meno che si tratti di aree edificabil­i in relazione alle quali ci si deve riferire al corrente valore di mercato).

Se poi (tornando allo specifico caso osservato nella risposta 30/2020)

Sempronio sia un 65enne – caso nel quale l’usufrutto vale il 50% del valore del diritto di piena proprietà – la divisione come sopra convenuta è da qualificar­e come «divisione senza conguaglio» e la tassazione si limita al predetto 1% della base imponibile; se, invece, le varie assegnazio­ni comportass­ero l’emersione di una differenza tra il valore della «quota di diritto» (il valore spettante sulla massa) e il valore della «quota di fatto» (il valore della specifica assegnazio­ne) allora ci sarebbe da tassare un valore di conguaglio, per il quale si applica il trattament­o fiscale proprio degli atti traslativi e cioè come se il conguaglio fosse il prezzo di una compravend­ita.

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