Nuove attenuanti anche retroattive
Spazio alle regole modificate ma il giudice deve spiegare la scelta
L’applicazione delle nuove regole sulle circostanze attenuanti a fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge non è una violazione del principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole. È vero – scrive la Corte europea nella sentenza depositata ieri, nel ricorso n. 44221/14 – che le modifiche legislative introdotte in Italia nel 2008 restringono il perimetro di applicazione delle circostanze attenuanti, ma questo senza renderle inapplicabili, lasciando in ogni caso la valutazione al giudice.
Strasburgo ha così ritenuto che l’Italia non ha violato l'articolo 7 della Convenzione europea che fissa il principio «nessuna pena senza la legge», ritenendo però violato l’articolo 6 sull’equo processo a causa di una non adeguata motivazione della sentenza da parte della Cassazione.
A rivolgersi alla Corte europea è stato un cittadino italiano condannato per guida in stato di ebrezza. L’uomo aveva contestato la condanna ritenendo che la mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuanti generiche per l’assenza di precedenti era dovuta proprio all’applicazione della legge 125 del 2008 (che ha modificato l’articolo 62bis del codice penale). I giudici interni, inclusa la Cassazione, avevano respinto tutti i ricorsi e così l’uomo si è rivolto a Strasburgo.
La Corte europea riconosce che il legislatore italiano ha modificato le norme penali, ma anche prima dell’introduzione della legge n. 125/2008 i giudici nazionali non erano tenuti ad applicare automaticamente le circostanze attenuanti. La modifica legislativa, quindi, ha solo delimitato l’ambito delle attenuanti, ma ha lasciato l’impianto di base con la valutazione da parte del giudice competente, che ha effettuato un bilanciamento tra l’insieme degli elementi pertinenti. Pertanto, la condanna non è stata dovuta all’applicazione di una legge più severa non esistente all'epoca dei fatti, quanto piuttosto a una valutazione da parte del giudice. Di conseguenza, il ricorrente non è stato penalizzato dalla legge adottata successivamente al fatto illecito a lui imputato.
Respinto il ricorso per violazione dell’articolo 7, la Corte europea, però, ha dato ragione al ricorrente sotto il profilo della violazione dell’articolo 6 (equo processo), condannando l’Italia. Questo perché, secondo i giudici internazionali, la Corte di Cassazione ha dichiarato irricevibile la domanda ritenendo che i motivi di ricorso riguardassero questioni di fatto e non di diritto. Una posizione non condivisa da Strasburgo: la questione dell’applicazione della nuova legge che limitava l’applicazione delle circostanze attenuanti e che secondo il ricorrente violava il principio della irretroattività della legge penale più sfavorevole e dell’operatività delle circostanze attenuanti esigeva «una risposta specifica ed esplicita» che, invece, per la Corte europea è mancata, impedendo al ricorrente di comprendere le ragioni che hanno condotto all’irricevibilità del ricorso. Di qui la condanna all’Italia per violazione dell’articolo 6, con il Governo tenuto a versare al ricorrente 2.500 euro per i danni non patrimoniali.