Voto finale al Senato, sì al processo a Salvini
Nessun soccorso da Iv In caso di condanna sarà incandidabile
Via libera definitivo del Senato al processo per Matteo Salvini sul caso Gregoretti. Con 76 voti favorevoli, 152 contrari e nessun astenuto l’Aula ha respinto l’ordine del giorno di Fi e Fratelli d’Italia che chiedevano di negare l’autorizzazione. —
«La difesa della patria è un sacro dovere, ritengo di aver difeso la mia patria, non chiedo un premio per questo, ma se ci deve essere un processo che ci sia». E ancora: «Io ritengo di aver difeso la patria ma per altri sono un pericoloso criminale: andrò in quella Corte rivendicando la mia linea sui migranti».
Difensore della patria, dei confini nazionali, e anche dei suoi stessi figli. Matteo Salvini, elegantissimo, parla in un’assonnata Aula di Palazzo Madama attorno all’una e per ben due volte - tra il vociare di dissenso dei senatori della maggioranza - tira in ballo i suoi due figli («mi spiace solo per i miei figli...» «stamattina mio figlio mi ha mandato un messaggio con scritto “forza papà”»). La sua linea è quella conosciuta: ho agito in difesa degli interessi nazionali, sono orgoglioso e rifarei tutto, la mia politica di rigore sull’immigrazione ha in realtà salvato migliaia di vite umane mentre la strategia del buonismo e dei porti aperti ha portato a 15mila cadaveri negli ultimi anni. C’è poi la chiamata alla “correità” del premier Conte e del M5s, dal momento che i fatti contestati dal Tribunale dei ministri risalgono ai mesi del governo giallo-verde. E c’è il ribadito principio della separazione tra politica e giustizia: «Io credo che gli avversari si battono, in democrazia, alle urne e non nelle aule dei tribunali. Questo insegna la nostra storia e la storia della democrazia».
Alla fine va come deve andare: il Senato respinge con 152 voti (72 i voti favorevoli e nessun astenuto) l’ordine del giorno presentato da Forza Itala e Fratelli d’Italia che chiedeva di negare l’autorizzazione all’ex ministro dell’Interno richiesta dal tribunale dei ministri. Dopo ore di travaglio (l’avvocata e senatrice della Lega Giulia Bongiorno aveva chiesto in Aula a Salvini di votare assieme agli alleati), alla fine Salvini decide di uscire dall’Aula con i suoi senatori non partecipando al voto. Qualche speranza si era accesa riguardo all’atteggiamento di Italia Viva, ma è stato lo stesso Matteo Renzi a ribadire per tempo il sì al processo («Salvini ha fatto un clamoroso errore politico, non credo che abbia fatto reati, ma è lui stesso che chiede di essere processato e noi lo accontentiamo»). Un’eco di questa iniziale speranza in Italia Viva si è colta nell’intervento del capogruppo leghista Massimiliano Romeo: «Rilevo un atto di grave irresponsabilità che arriva anche da coloro che, ad esempio, a dicembre 2019 nel dibattito sul finanziamento ai partiti richiamavano i principi di separazione tra potere esecutivo e giudiziario. Leggo dal resoconto stenografico che Renzi in quell’occasione disse “Io non ci sto a chi vuole trasformare in un processo politico principi di diritto”». Ma è chiaro che l’ex premier e leader di Italia Viva in questa fase di forte contrapposizione con il premier e con il Pd sulla prescrizione non poteva permettersi un voto in dissenso dalla maggioranza anche sul caso Salvini: le accuse dei dem di “intelligenza con il nemico” sarebbero state giustificate.
Dunque Salvini andrà a processo, nonostante la richiesta di archiviazione già presentata dalla Procura di Catania, per il caso della nave Gregoretti: secondo l’ipoteso accusatoria del Tribunale dei ministri, «abusando dei poteri» da ministro dell’Interno avrebbe «privato della libertà personale i 131 migranti bloccati a bordo di nave Gregoretti Guardia Costiera italiana dalle 00:35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio» successivo, quando infine è giunta l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Augusta, nel siracusano. Che non sarà una passeggiata lo sa anche il leader della Lega, e lo ha ribadito ieri in Aula. In caso di condanna definitiva, come previsto dalla legge Severino, Salvini diventerebbe incandidabile. Certo, di contro c’è il possibile ritorno mediatico della difesa della linea contro gli sbarchi impersonata nei mesi al Viminale. Ma quei giorni sono ormai lontani e sul Paese incombono altre urgenze.